philosophy and social criticism

Posts from the ‘Marco Dotti’ category

Moribondi di successo

Da qualche anno in qua, si notano soprattutto schede delle lotterie istantanee, schede giocate e perdute ovviamente. Ecco, oggi il nostro bisogno di miracoli, di una protezione allo stesso tempo sacra e profana, cristiana e pagana, soprannaturale e concreta, passa soprattutto dai “gratta&vinci”, e non più da altre risorse, come dai santuari con gli ex-voto e anche dal soccorso di uomini santi, di eremiti, con le loro vite esemplari e col loro potere straordinario.

Deleuze/Guattari: una vita in due?

«La mia collaborazione con Deleuze», osservava Félix Guattari «non è il risultato di un semplice incontro fra individui». Si trattava, per loro, «mettere in comune non tanto un sapere quanto un cumulo di incertezze e un certo smarrimento di fronte alla piega che avevano assunto gli eventi, dopo il maggio Sessantotto».

Liturgia come gioco. Dialogo con Aldo Natale Terrin

Che cosa accomuna gioco e liturgia, gioco e rito se non quella proiezione al di là dell’utile, dei commerci, dei calcoli che Georges Bataille definiva nei termini di “dépense”? Il gioco come fatto sociale totale? Forse sì, ma un fatto sociale totale “useless”, oltre che “meaningless”. Del gioco, insomma, “non si dà perché”.

Dove si nasconde l’Occidente. Intervista con Alberto Abruzzese

Lo “spirito occidentale” possiamo rappresentarlo come una grande Idra: mostro che avanza nel mentre le sue tante teste s’azzannano tra loro per alimentare uno stesso, unico ventre. È obbligato a intrattenersi con civiltà che, spinte da una medesima necessità di dominio, lo contrastano volendo esse stesse farsi storia del mondo, mondo della storia.

Dialogo è conflitto

Se il dialogo assume in sé anche la dimensione del conflitto, non c’è dialogo senza conflitto e, forse, non c’è conflitto senza possibilità di dialogo

Caro Luciano Gallino

Come definire la cecità di chi oggi lamenta la perdita di pensiero critico e non si rende conto di averlo mutilato, non da ora, di una materia enorme di esperienza individuale e collettiva, riportandolo inconsapevolmente dentro quello stesso ordine che avrebbe voluto modificare?

San Francisco, 1906. Appunti per un’economia delle catastrofi

Mercoledì 18 aprile 1906, tra le cinque e quaranta e le sei del mattino, una scossa di recente rideterminata in 7,7 gradi della scala Richter, svegliò bruscamente la città californiana di San Francisco. Ventotto mila edifici devastati, molti dei quali a causa di eventi secondari, come gli incendi che si svilupparono in seguito al terremoto. Per contrastarli, non fu lesinata dinamite, aggiungendo distruzione a distruzione.

Civilizzati e barbari nel corpo esangue dell’Occidente. Dialogo con Alberto Abruzzese

“Questo è il nostro finale d’epoca, il momento critico di relitti e derelitti del tempo e dello spazio della civilizzazione che invadono, accerchiano e penetrano al proprio interno e al loro esterno: sono percepiti come barbari tanto da chi è disposto o crede di essere disposto a includerli, magari per farli fruttare nel corpo esangue della civiltà occidentale, quanto da chi li esclude credendosi ultima barriera di difesa dei vecchi regimi della modernità”. Un dialogo a tutto campo con Alberto Abruzzese

Paul Knitter: l’interconnessione tra buddhismo e cristianesimo

«L’ex prete cattolico Paul Knitter ha cercato di ovviare al vuoto di una teoria della religione ridotta a imperativo categorico, per mezzo di una nuova sintesi tra Asia e Europa ben più concreta e più ricca». Così si esprimeva l’allora cardinale Joseph Ratzinger (Guadalajara, Messico, del maggio 1996) su Paul Knitter, uno dei più controversi, ma fecondi e influenti teologi cattolici dei nostri anni

L’enfer des choses. Entretien avec Paul Dumouchel

Crise d’où vient aussi critique veut dire en grec le moment de la décision. On devrait regarder la crise actuelle de cette manière. Malheureusement c’est ce que semble-t-il personne ne veut faire. Il n’y a eu aucune tentative de remise en cause du système

Pavese e la Balena bianca

Scriveva Cesare Pavese: “Parlare. Le parole sono il nostro mestiere. Lo diciamo senza ombra di timidezza o di ironia. Le parole sono tenere cose, intrattabili e vive, ma fatte per l’uomo e non l’uomo per loro. Sentiamo tutti di vivere in un tempo in cui bisogna riportare le parole alla solida e nuda nettezza di quando l’uomo le creava per servirsene”

Versace, il killer e quel funerale kitsch

Gli americani adorano il sociopatico di successo, la loro non è tanto una società in cui nessuno conosce nessuno quanto una società in cui solo ai personaggi celebrati dai media si concede vera esistenza. Il resto, conta solo come eccezione. Che cosa dire e come non ridere davanti a Elton John, l’ex cantante oramai specializzato in coretti funebri, che piange al funerale dell’amico stilista, «fasciato da abiti di Versace, come fosse una Maria Antonietta»?

Il corpo abbacinante di Mircea Cărtărescu

Se il mondo fosse schiacciato su un piano infinito, che non concede fughe, «la terza dimensione sarebbe inimmaginabile per i nostri cervelli di carta». Ecco perché, scrive Mircea Cărtărescu, i personaggi in una fotografia sono immobili, rigidi, non tentano di sottrarsi, non conoscono le forme dell’esodo o dell’esilio.