philosophy and social criticism

Con Gesù nasce il tempo dell’eresia

Enzo Mazzi

La festa, nella sua essenza, dovrebbe essere un momento di rottura positiva con la quotidianità. Senza la festa il ritmo quotidiano diviene ossessivamente ripetitivo: non solo esaurisce le energie ma svuota di senso il vivere stesso. Non si sa più perché si corre e si lavora, si gioisce e si soffre, si ama e si odia.

Abbiamo bisogno della festa per liberarci dal dominio delle cose, degli orologi, delle maschere, dei ruoli, per ricostruire e assaporare la gratuità delle relazioni, ma soprattutto per riorientarci nei due sensi del vivere: nella dimensione del tempo, attraverso la memoria storica creativa, sia quella laica che quella religiosa come ad esempio la memoria del Natale, e nella dimensione della interiorità, dove vive la memoria generativa dell’individuo e della specie. Purtroppo però la festa ci consente sempre meno di raggiungere gli obiettivi per i quali essa esiste. Ci disorienta con i suoi messaggi invadenti e allettanti, ma fatui e ci sottrae più energie della stessa feria.

Il sette gennaio è probabile che saremo tutti più svuotati, annoiati e stanchi. La città nel suo insieme come un organismo vivente risente anch’essa di questo svuotamento e di questa fatica: perde ancor più il suo significato di comunità viva, radicata nella memoria, intessuta di relazioni e diviene caotico ammasso di individui che si sfiorano e magari si urtano, ma per lo più non si vedono. Riflettere criticamente sulla festa di Natale può forse servire a rendere meno soffocante il dominio della convenzione e più dignitosa e autentica la celebrazione sia in senso religioso che semplicemente laico.

La misura del tempo, in occidente, basata sulla nascita di Gesù ha sancito il trionfo del cristianesimo. Il passaggio dal secondo al terzo millennio rinnova tale trionfo coi fasti del Giubileo e sembra annullare le altre culture.

La nascita di Gesù non è affatto, come è ben noto, inizio del tempo cristiano. Il calendario che inizia il tempo dalla nascita di Gesù è stato codificato nel VI secolo.

Con Gesù nasce semmai il tempo dell’ eresia. Ogni aspetto, parola, simbolo, gesto, dei racconti evangelici della natività porta in sé il carattere della diversità liberatrice. C’è un’inversione di valori fin dal cantico di Maria: “ha spodestato i potenti e innalzato gli umili”. Ed eretica in senso positivo e creativo appare tutta l’ esistenza di Gesù. Il messaggio eretico del Vangelo s’incarna in diverse utopie ed esperienze, variamente represse e ampiamente insanguinate, attraverso tutto il primo millennio e poi diviene anima creativa del secondo millennio.

Quando dico “anima creativa” non intendo mitizzare l’eresia.

La verità assoluta non sta per me da nessuna parte, nemmeno nell’eresia evangelica. Molte eresie inoltre sono quanto meno contraddittorie. Intendo piuttosto rilevare e valorizzare il carattere dinamico, positivo e costruttivo di tante e tante esperienze e idee, represse come eretiche, che si sono intrecciate o succedute in questi duemila anni, tese ad annunciare il tempo della liberazione.

Ritrovare il senso profondo della festa cercandolo non solo nella storia fatta dai vincitori ma anche nella testimonianza degli eretici, crocifissi o bruciati sui roghi o in qualsiasi altro modo oscurati e annullati, penso che sia una prospettiva di speranza per il tempo che viene, per una società secolarizzata e multiculturale, minacciata con tanta violenza dall’antieresia cioè dal pensiero unico.

[da il manifesto, 23 dicembre 1999]