philosophy and social criticism

I vizi pubblici dello Stato comico

Marco Dotti

Passeggiando nel parco di Sans-Souci, a Postdam, Giacomo Casanova ebbe modo di esporre a Federico II di Prussia il proprio programma per risanare le finanze del Paese. Poche parole, ma con l’indubbio pregio della chiarezza. Ci sono, disse, tre specie di imposte, considerandole in rapporto ai loro effetti sugli equilibri tra governati e governanti. La prima specie è «rovinosa», l’altra «necessaria», mentre l’ultima imposta è «sempre eccellente» e comporta un grande vantaggio: si possono tartassare gli uni, senza in alcun modo smettere di far la morale agli altri.

È facile intuire, leggendo il terzo tomo dell’Histoire de ma vie, di quali singole imposte il buon Casanova predicasse gli altrettanto singoli attributi. Il «minuto popolo»,suggeriva, non ama affatto l’imposizione diretta, tollera appena quella indiretta, ma trova «toujours excellente», specie nei periodi di crisi, la tassazione “volontaria”. A patto che la si sappia camuffare tra le pieghe dei suoi vizi, imbellettandoli da pubbliche virtù. Cosa puntualmente avvenuta col tabacco o l’acquavite, cosa che puntualmente dal XIII secolo avviene con le forme storicamente assunte dal gioco d’azzardo – dalle “baratterie”, le prime bische pubbliche in Firenze e Siena, allelotterie nazionali, ieri; oggi, con videolottery, slot e newslot, lotto24, scommesse e via discorrendo – quando pubblicamente regolato.

Se si buttasse anche una rapidissima occhiata ai dati quantitativi dall’Unità d’Italia a oggi, si scoprirebbe con facilità che nei periodi di crisi, quanto meno nel nostro Paese, il “consumo” di gioco cresce, alimentato da una serie di fattori tra i quali un posto chiave spetta alla cosiddetta funzione compensativa inerente al gioco stesso. In altri termini: quanta più crisi c’è, quanto più si gioca; quanto più si gioca, quanto più si continua a giocare, contribuendo all’impresa-Stato e a tutto ciò che le gravita attorno. Pensiamo al caso classico del colera di Napoli che nel 1884 con l’epidemia vide crescere la febbre del lotto… Ma erano altri tempi, se persino Giustino Fortunato non esitò un attimo nel definire il lotto come «la più immorale fra le tante imposte dello Stato».

In sostanza, non credendo più nel lavoro, non avendone uno, di lavoro, o peggio, avendolo ma constatando che alla fatica corrispondono solo afflizioni, umiliazioni e un debito che cresce col crescere stesso della fatica, si spera nel “colpo di mano”, nel coup che azzeri i problemi di una vita. Alla funzione-speranza, nei periodi di crisi si sostituisce una sorta di finzione-speranza alla quale si aggrappano sia il “minuto popolo”, sia le élites finanziarie che gravitano attorno allo Stato, ma per ragioni contrapposte e con esiti diversi sul proprio portafoglio e sulla legittimazione delle proprie (s)fortune.

Un indubbio merito dobbiamo riconoscere al Governo Monti, la cui ultima fatica consiste nei 27 articoli del cosiddetto “decretone” che il ministro Balduzzi si appresta a presentare al Consiglio dei Ministri. È il merito di aver dimostrato che oramai gli alibi per la tassazione scarseggiano anche tra i tecnici e qualcuno potrebbe aver pensato di far ricorso al coup de dés della tassa «toujours excellente», per rimediare a una manifesta incapacità non solo di parole e opere, ma persino di omissioni.

Dietro la sua dizione – che suona quasi come una burla del Goldoni: “disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di tutela della salute” –la bozza del decreto-Balduzzi prevede, infatti, un prelievo “alla Casanova”.

Dopo averci provato con tabacchi e “junk food”, dopo aver aumentato tasse e oneri per l’iscrizione universitaria mascherando gli aumenti dietro la retorica dei “fuori corso”, è la volta della tassa “per il nostro bene” su superalcolici e bevande gassate, oltre a un risibile provvedimento sulle ludopatie e i videopoker. Provvedimento che prevede che le slot machine – autorizzate dai monopoli e gestite da concessionari altrettanto autorizzati… – non possano essere installate a meno di 500 metri da luoghi “sensibili”, quali scuole e ospedali, come se questo servisse a evitare compromessi con un business che, solo per i videopoker e nel solo mese di maggio, si è attestato una raccolta di 4 miliardi e 150 milioni di euro…

Non siamo ancora allo “Stato etico”, ma di certo siamo appieno in un regime di “Stato comico”. Tragedia o farsa che sia, con le maschere della morale non si va troppo lontano. Indossandole – ma questo Casanova non lo spiegò al suddetto Federico – si può anche sperare di salvarsi la faccia, ma inevitabilmente si scoprono le pudenda. Ridiamo, finché siamo in tempo. Tasseranno anche questo, statene certi.

[articolo apparso su il manifesto, 29 agosto 2012]

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ISSN:2037-0857