philosophy and social criticism

La gabbia dei matti cattivi

di Beatrice Catini

Nota su: Riccardo Gatteschi, La gabbia dei matti cattivi. Appunti e personaggi in dieci anni di volontariato all’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiornetino, Centro Editoriale Toscano, Firenze, 2012 (→QUI)

Negli ultimi tempi gli Ospedali psichiatrici giudiziari, in gergo OPG, sono tornati alla ribalta della cronaca in occasione della discussione della loro chiusura prevista inizialmente per il 31 marzo 2013, rispetto a quanto stabilito dalla legge 9/2012, ma recentemente prorogata al 1 aprile 2014.

Istituiti nella seconda metà dell’Ottocento sotto il nome di manicomi criminali, gli istituti di detenzione per criminali affetti da patologia psichiatrica sono tutt’oggi esistenti e attivi sul territorio italiano. La riforma penitenziaria del 1975 è riuscita a cambiarne il nome, da manicomi giudiziari a ospedali psichiatrici giudiziari, ma non ad abolirne la struttura e la logica coartanti. In Italia ci sono ancora 6 Ospedali psichiatrici giudiziari nei quali sono internate circa 1400 persone la cui capacità di intendere e volere è stata messa in discussione: Montelupo Fiorentino che contiene più di 200 persone, mentre la sua capienza massima è di 188, Aversa, in provincia di Caserta, che ne contiene più di 200 sulle 150 previste, Napoli più di 150 su 150, Reggio Emilia più di 200 su una capienza di 190, Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, più di 200 su 194 posti, Castiglione delle Stiviere, Mantova, l’unico ad avere anche un reparto femminile che contiene circa 200 persone, delle quali meno di 100 sono donne.

Si tratta di coloro che nell’Ottocento venivano considerati i matti cattivi o rei-folli. Se osserviamo le suddivisioni in padiglioni dei primi frenocomi vediamo che le distinzioni tra internati erano fatte sulle base di caratteristiche più comportamentali che mediche: c’erano i tranquilli, gli agitati e i cattivi.

Riccardo Gatteschi, La gabbia dei matti cattiviLa “gabbia dei matti cattivi” è infatti il titolo del piccolo volume (128 pagine) scritto da Riccardo Gatteschi, giornalista e scrittore ma soprattutto volontario che da tredici anni frequenta l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo FiorentinoIl libro, pubblicato da CET (Centro Editoriale Toscano), è scritto sottoforma di diario, con tanto di data e titoletto introduttivo per ogni episodio descritto. Il volumetto inizia infatti il primo giorno in cui Gatteschi varca l’entrata dell’OPG, il 5 maggio 1998, accolto dalla volontaria Carla, l’organizzatrice del giornalino interno all’OPG, Spiragli, a cui danno il contributo gli internati. Gatteschi viene coinvolto in quanto giornalista, per coordinare il lavoro redazionale di Spiragli, ma si rende subito conto che l’esperienza che si accinge ad intraprendere ha una portata umana che va oltre ogni aspettativa e luogo comune:«Se mi aspettavo di vedere sui loro volti e nei loro sguardi chissà quali lampi di follia o anche di tragedia, di orrore, di morte, confesso di esserne rimasto deluso» (p. 16). Ciò che Gatteschi incontra è una un’umanità dolente che, al di là delle differenze individuali e dei crimini commessi (o anche non commessi!), condivide le stesse impotenza, debolezza e solitudine ma anche lo stesso annaspare in cerca di «un lumicino anche fioco e lontano che pur riesca a mantenere acceso quel filo di speranza indispensabile per portare avanti un’esistenza che non somigli troppo a quella di una bestia» (pp. 10-11).

Così, poco alla volta, Gatteschi fa emergere da questo nugolo umano brandelli biografici, racconti che hanno spesso dell’incredibile, a volte riesce a raccogliere solo sguardi, espressioni di cui cerca di trascrivere l’eloquenza. A volte sono gli oggetti custoditi gelosamente nelle celle a raccontare e testimoniare più di ogni parola.

Gran parte di questo lavoro è stato raccolto nella rubrica di Spiragli, “I miei amici”, da cui sono tratti anche alcuni capitoletti del libro: qui, in modo semplice e immediato, senza necessità di alcuna retorica o imbellettamento, scorrono davanti ai nostri occhi increduli le storie presenti e passate di quelli che, alla fine della lettura, stenteremo a chiamare i “matti cattivi” di Montelupo Fiorentino.

 

tysm literary review, Vol 2, No. 4 – april 2013

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ISSN:2037-0857