philosophy and social criticism

La caccia felice. Su Italo Calvino

di Jean Baudrillard

leggi la premessa al testo → qui

Nella misura in cui il romanzo, soprattutto moderno, può essere considerato come la forma letteraria dell’assenza, il Cavaliere inesistente di Italo Calvino ne riprende il tema fondamentale. Esso “incarna” questa assenza, ma secondo una modalità leggera e barocca.

La crisi dei valori è messa in scena, giocata, parodiata. Calvino non mira al radicalismo e siamo lontani dal romanzo oggettivo.

O, piuttosto, Calvino è la forma tendente all’azzurro, piena di brio e maestria, italiana, della stessa crisi dell’assenza che inquieta il romanzo del nord. Non gli verrà mai rimproverato di non “vuotare” la questione. Il limite è piuttosto nel compiacimento dello stile, che non capiamo dove possa condurre se non a altri libri piacevoli. Manca di aggressività.

Il racconto stesso assomiglia a una caccia felice: caccia al piacere di scrivere, che sentiamo bene attraverso il piacere di leggere, si mischia il piacere dell’ambientazione, dei fatti e dei gesti compiuti. Così Jules Laforgue, nelle sue Moralità leggendarie, legava da vicino l’humour alla desuetudine dei personaggi.

C’è un Calvino una specie si surrealismo, di coltivatissimo fantastico che ha perso tutta la sua aggressività. L’ambientazione dei suoi libri è sempre quella di una fine storica: cavalleria declinante, ultime decadi dell’Ancien Régime  – poiché è là che diventa ancor più sorprendente «l’arte di andare tutte le mattine a caccia della felicità» e, per lo scrittore, la caccia alle immagini.

Attraverso questa ambientazione la nostra epoca viene indicata ma, al tempo stesso, evitata.

Non c’è che un’urgenza, in Italo Calvino: quella della felicità. E là, ognuno gioca per sé. Ma nella misura in cui questa felicità è, per Calvino, prima di tutto nell’incantesimo di scrivere, sentiamo che qualcosa di questo incantesimo, oggi, si è rotto e Calvino stesso ne è consapevole.

Lo capiamo dal tono che ha una nostalgia velata, che è lo stesso che prova il Cavaliere nei riguardi dell’assenza del suo corpo. E Calvino lo fa chiaramente dire alla monaca che redige la cronaca – avendo questo un giudizio su di lui e per noi un ammonimento a non fidarci troppo del suo incantesimo: «Ne sono fuori, allora? No, scrivendo non mi sono cambiata in bene: ho solo consumato un po’ d’ansiosa incosciente giovinezza. Che mi varranno queste pagine scontente? Il libro, il voto, non varrà più di quanto tu vali. Che ci si salvi l’anima scrivendo non è detto. Scrivi, scrivi, e già la tua anima è persa».

tysm literary review

vol. 16, issue 21

january 2015

creative commons licensethis opera by t ysm is licensed under a creative commons attribuzione-non opere derivate 3.0 unported license. based on a work at www.tysm.org