philosophy and social criticism

Baby Driver

Eugenio Baldi

Con Baby Driver Edgar Wright si discosta dalla commedia demenziale che l’ha lanciato e reso celebre, creando un’opera più realistica ma pienamente nel suo stile, originale e adrenalinico.

Baby (Ansel Elgort) è un giovane pilota che si trova costretto a lavorare come autista al soldo di un boss, Doc (Kevin Spacey), al servizio di una banda di rapinatori. È orfano a causa di un incidente stradale che ha coinvolto la sua famiglia quando era piccolo, che gli ha causato un disturbo uditivo, l’acufene. Per ovviare al fischio alle orecchie Baby indossa sempre un paio di auricolari.

La musica che ascolta viene proposta allo spettatore come colonna sonora. Ad azione e commedia si aggiungono quindi anche i tratti del musical, in una formula che risulta però funzionale alla messinscena: Baby si muove al ritmo Delle sue canzoni preferite, ne è appassionato ed è la sua cura. Mentre cerca di liberarsi del debito con Doc, ragione per cui è costretto a lavorare per lui, conosce Debora, con la quale scatta un’intesa che inevitabilmente diventerà amore.

Il titolo contiene in sè molti riferimenti, il soprannome Baby è dato al protagonista (il cui vero nome è Miles) per ironizzare sulla sua giovane età, ma è anche un’espressione che in inglese indica il guidare sgommando come fanno i bambini con le auto giocattolo, non solo, Baby driver è anche il titolo di molte canzoni, tanto che il regista include nella colonna sonora il brano di Simon & Garfunkel con il brano omonimo.

Il montaggio, caratteristica fondamentale di questo genere di film veloce, scoppiettante e vivace è uno delle principali caratteristiche registiche scelte da Wright, capace di dare alla pellicola un ritmo avvincente, per un lavoro che tra le sue note più positive, ha il fatto di scorrere con una velocità impressionante, quasi a sembrare un’automobile guidata dal nostro protagonista. Non sempre però questo ritmo forsennato é efficace, specie in alcune delle scene finali, dove la troppa frenesia ostacola la fruibilità di uno scontro decisivo alla risoluzione del plot.

La colonna sonora, che spazia dal punk dei Damned al rap anni ’90 (seppur con un occhio di riguardo per il rock anni ’60 e ’70), è utilizzata sia nella sua concezione più classica di sottofondo, sia per ottenere dei riferimenti particolari tra il testo o il titolo di una canzone.
Baby ha infatti un’enorme passione per vari tipi di riproduttori musicali come iPod, giradischi, sintetizzatori e la condivide col padre adottivo, ormai invalido, di cui il ragazzo si prende cura amorevolmente, dando prova di un carattere non solo sfrontato ma anche generoso e compassionevole.
Baby si discosta dallo stereotipo del protagonista fisicamente svantaggiato, dimostrando talenti decisamente sopra la media. La sua solarità è chiara sin dal piano sequenza iniziale in cui il regista mostra subito le sue intenzioni stilistiche.
Nonostante Baby possa sembrare persino autistico, dato il continuo uso di cuffie, Baby non è depresso, non soffre di scatti d’ira (seppur Doc lo metta spesso alla prova) e non sembra nemmeno maturare particolari problemi relazionali; in questo si discosta molto dal ruolo che Refn ritaglia a Ryan Gosling in Drive.
Se la simpatia suscitata dal personaggio del padre adottivo di Baby è istantanea, non altrettanto definito é il carattere di Debora e questo fa pensare che l’attenzione di Wright si diriga con più profondità solobverso Baby.
É grazie al personaggio interpretato da Ansel Elgort infatti, che Baby Driver si attesta come una delle commedie d’azione più interessanti del 2017: accelerata, girata impeccabilmente e altrettanto interpretata, é anche carica di tenerezza e di umanità.

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