Chi condanna l’Europa all’autodistruzione
Ignazio Masulli
Anche al recente vertice di Salisburgo si è assistito all’eterno minuetto di paesi e istituzioni dell’Unione europea che con vari toni manifestano una sostanziale e comune indisponibilità a politiche di accoglienza e positiva regolazione dei flussi migratori. Un comportamento ingiustificato, irresponsabile e, alla fine, autodistruttivo.
È ingiustificato perché l’invecchiamento della popolazione dei paesi europei sta creando uno squilibrio demografico e sociale insostenibile.
Inoltre è ampiamente dimostrato che gli immigrati nati all’estero e regolarizzati pagano al fisco degli stati in cui vivono e lavorano contributi che eccedono di oltre la metà le spese di cui usufruiscono Né è vero che sottraggono lavoro a chi già risiede perché contribuiscono in misura significativa all’aumento del Pil e, quindi, alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Si lascia credere che gli immigrati rappresentano una minaccia per gli standard di vita e addirittura per la sicurezza dei cittadini, alimentando sentimenti di xenofobia e di razzismo con effetto-contagio su chi vede peggiorare le proprie condizioni sociali, come gran parte della popolazione lavoratrice e ceti medi. Una situazione in cui proprio le fasce più vulnerabili guardano con avversione ed ostilità chi si trova al gradino inferiore.
Oggi in Europa governi di destra, di centro o che si autodefiniscono progressisti non sono disposti ad accogliere nemmeno piccole quantità di migranti. Lo fanno stentatamente o si rifiutano, anche quando si tratta di rifugiati e richiedenti asilo garantiti dal diritto internazionale.
Pur con vari gradi di oltranzismo, ma con sostanziale parità di posizioni agli effetti pratici, i governi dei paesi membri e i rappresentati delle istituzioni centrali dell’Unione europea, concertano e perseguono politiche di puro e semplice respingimento dei migranti. Lo fanno senza alcuno scrupolo di stipulare accordi politici e finanziari con i paesi d’origine e di transito dei migranti, perché li trattengano o li intercettino. Lo fanno benché consapevoli di accrescere, in tal modo, ogni genere di sofferenze, violenze, fino alla morte di persone inermi. E con un’indifferenza che può spingersi oltre ogni limite, come purtroppo mostra anche il caso italiano.
L’obiettivo di fondo è di sostituire le risposte necessarie alla perdurante stagnazione economica e crescenti diseguaglianze sociali con false sicurezze e identità fasulle, come quelle di nazione, razza, “civiltà”. Non si può pensare che i governanti dei paesi dell’Unione e i suoi dirigenti siano inconsapevoli di tutto questo e non vedano ciò che è sotto gli occhi di tutti e cioè che stiamo andando verso un’Europa dei fascismi, quindi, verso la fine di ogni base politica e morale dell’Unione.
Ma vince l’obbedienza cieca al più potente blocco di potere nella storia del capitalismo, potere economico, finanziario, tecno-militare e politico tanto coeso quanto pervasivo. E che, nel quarantennio neoliberista, oltre a rafforzarsi oltre misura, si è irradiato stabilendo alleanze con i gruppi dominanti dei paesi emergenti e in via di sviluppo che ne hanno condiviso le strategie.
Un potere che non tollera alcuna trasformazione, ma anche privo di prospettive, proprio perché comprime la vitale e continua opera di costruzione e ri-costruzione della società, indispensabile alla sua evoluzione.
Evoluzione di cui l’emigrazione è sempre stata veicolo essenziale e costitutivo in tutta la nostra storia.
[cite]
Pubblicato sul manifesto del 25 settembre 2018
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philosophy and social criticism
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