philosophy and social criticism

Gli illusionisti del capitale e il nero pane del realismo

di Sconnessioni Precarie

Una delle più rilevanti testate giornalistiche nazionali ci ha offerto, oggi, illuminanti consigli per gli acquisti, proponendo modalità di selezione degli immigrati adeguate a un paese economicamente avanzato come l’Italia. Una «politica realista», ci viene detto, è quella della «convenienza» anziché dell’«accoglienza». Una volta che si sia dissipata la nebbia delle statistiche «fraudolente» che gonfiano i livelli di disoccupazione giovanile includendovi gli studenti, sarà possibile stabilire opportunamente la «domanda» di forza lavoro, una merce tanto preziosa quanto scomoda, «attraendo» immigrati con qualifiche specializzate, che trovino impiego in quei settori che i giovani indigeni lasciano vuoti. In questo modo si eviterebbe anche che la manodopera scarsamente qualificata finisca nel sotterraneo mondo dell’impiego illegale, notoriamente gestito dalla criminalità. Poche ma essenziali indicazioni per stabilire una politica che finalmente si lasci alle spalle l’universalismo che spetta alla Chiesa e a qualche obsoleta ideologia laica e per affermare con forza il particolarismo di uno Stato che deve rendere conto solo ai propri contribuenti.

Sono lontani i tempi in cui gli ideologi del capitale avevano un certo rigore e con periziapiegavano le statistiche alla loro verità. Qui la perizia non è di casa e l’invocazione dell’agire razionale assomiglia a un vero e proprio illusionismo. Con toni tanto più spettacolari quanto più risuonano dalla cattedra si invoca l’interesse dei contribuenti. Giustissimo!

Il calcolo razionale vorrebbe che i migranti fossero tra i principali beneficiari di ciò che spetta ai contribuenti, visto che proprio loro contribuiscono in percentuali assai importanti alle casse dello Stato. Qualche losco individuo accecato dalle logiche dell’accoglienza potrebbe sospettare che forse neppure ai contribuenti «nativi» spetti poi tanto, in un’Italia che è così avanzata economicamente da mettere i suoi laureati al lavoro in settori scarsamente qualificati, o che li costringe a emigrare per trovare un’occupazione che corrisponda al loro grado di formazione. Si tratterebbe però di una supposizione fraudolenta, priva di realismo. Dobbiamo crederci se a dircelo è uno scienziato politico. Stupisce che non sia mai passato per Prato e non ne abbia mai sentito parlare, visto che è convinto che il lavoro nero riguardi solo la criminalità organizzata e non abbia niente a che fare con la fiorente imprenditoria degli appalti e dei contoterzisti, nota in tutto il mondo per la sua irreprensibilità.

L’operazione di trasformare i migranti in «ladri di welfare», oltre che di lavoro, gode comunque di un certo prestigio europeo, al punto che ormai non è più necessario essere extracomunitari per essere espulsi da un paese dell’Unione.

Non c’è neppure bisogno di essere neri o di professare religioni lontane dal cattolicesimo che, dopo essere stato liquidato in nome della necessaria separazione tra i fini della Chiesa – l’accoglienza – e quelli dello Stato – la convenienza –, improvvisamente torna a essere la religione di questo Stato. La magia degli illusionisti del capitale non conosce confini! Nonostante l’accusa d’ipocrisia rivolta a tutti coloro che la pensano diversamente, nonostante la pretesa inquietante di avere una percezione unica di cosa è reale, d’illusionismo si tratta. Chiunque abbia una conoscenza anche generica delle politiche migratorie attuali potrebbe persino dubitare che tanta scienza politico-giornalistica si fondi su di un’effettiva competenza. L’approccio che pretende di imprimere a fuoco il marchio dell’utilità sulla pelle della forza lavoro immigrata, trasformandola in una merce importata con tutti i certificati e tutte le garanzie preventive, sta mostrando ovunque i propri limiti. 

Gli uomini e le donne sono una merce strana e non accettano volentieri di farsi marchiare, nemmeno se gli scienziati politici vogliono convincerli che lo impone il calcolo razionale. Per questo, gli Stati reali, non quelli di carta immaginati su un foglio di giornale, devono quotidianamente fare i conti con migranti che si muovono in tutto il mondo nella più totale indifferenza verso quanto sostenuto dagli illusionisti del capitale. Per questi ultimi questo fatto è amaro quanto un boccone di pane nero. Per noi si tratta solo di realismo.

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tysm literary review, Vol 6, No. 10,  December 2013

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