philosophy and social criticism

Per un disoccupato

di Juan Gelman

 

Padre,

dai cieli scendi, ho dimenticato

le preghiere che m’insegnò la nonna,

poverina, lei adesso riposa,

non deve più lavare, pulire, non deve

preoccuparsi d’andare di giorno per i vestiti,

non deve più fare le nottate, pena e pena

pregare, chiederti delle cose, brontolarti dolcemente.

Dai cieli scendi allora, se sei lì, scendi

che muoio di fame in quest’angolo,

che non so a che mi serve di esser nato,

che guardo le mie mani rifiutate,

che non c’è lavoro, non c’è,

scendi un po’, guarda

questo che sono, questa scarpa rotta,

questa angoscia, questo stomaco vuoto,

questa città senza pane per i miei denti, la febbre

che mi scava la carne,

questo dormire così,

sotto la pioggia, castigato dal freddo, perseguitato

ti dico che non capisco, Padre, scendi,

toccami l’anima, guardami

il cuore!

io non ho rubato, non ho assassinato, fui bambino

e invece mi colpiscono e mi colpiscono,

ti dico che non capisco, Padre, scendi

se sei lì, che cerco

rassegnazione in me e non trovo e vado

a farmi prendere dalla rabbia e ad affilarla

per colpire e vado

a urlare col sangue al collo.

 

Traduzione a cura di Gregorio Carbonero da El-Ghibli n. 12 (2006)

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tysm literary review, Vol 6, No. 10,  December 2013

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ISSN:2037-0857