Quale futuro per l’audiovisivo? Intervista a Octavio Getino
di Juan Ciucci
dell’Agencia Paco Urondo (APU)
traduzione di Elisa Fiorucci
Regista, storico e teorico del cinema Octavio Getino[1] analizza il progetto del Polo di Sviluppo Audiovisivo[2] e ne mette in rilievo virtù e necessità: “Qui dobbiamo pensare ad un cinema che contribuisca a darci identità e questa è una sfida che devono assumersi anche le scuole di cinema”
Agencia Paco Urondo:Vorremo parlare del recente annuncio della Presidente (Cristina Fernández de Kirchner, n.d.r.) in Cadena Nacional relativo a questo Polo di Sviluppo Audiovisivo. Qual è la tua opinione al riguardo?
Octavio Getino: Oltre a quello della Presidente, c’è stato un altro annuncio che mi è sembrato molto importante e che ha a che fare con la creazione di un osservatorio sulle attività audiovisive attraverso accordi universitari. Credo si tratti di due provvedimenti altamente necessari. L’annuncio della Presidente mi sembra formidabile in quanto per la prima volta un presidente considera il cinema alla stregua di un’ industria, ovvero non solo come produzione di contenuto ma anche come attività industriale, tecnologica, che genera valore aggiunto, impiego e quant’altro. Questa tematica del cinema come industria culturale si prospettò già 17 anni fa nell’ambito dell’ Asociacion Argentina de Actores alla presenza di sindacati e rappresentanti dei mezzi di comunicazione; occasione in cui per la prima volta in America Latina presentammo un’analisi sull’industria culturale in Argentina, la sua dimensione economica e le relative politiche pubbliche.
Ovviamente il fatto che la Presidente della Nazione abbia raggiunto tale consapevolezza a questo livello mi sembra altamente significativo. Secondo la mia personale opinione ciò che più conta di questa industria culturale non è tanto la dimensione economica, l’impiego o la fatturazione. Gli Stati Uniti muovono dieci mila milioni di dollari all’anno, girano 600 film e la gran parte di tutta questa produzione a noi non serve e niente. Invece ciò che dobbiamo riconoscere è il fatto che il cinema, l’audiovisivo, è l’unico mezzo di espressione culturale e artistica che nasce con l’industria, ovvero che arriva dopo la rivoluzione industriale. La produzione letteraria è legata all’origine dell’umanità, indipendentemente dall’industria del libro, la produzione musicale è legata al primo cantante, indipendentemente dall’industria del disco. Invece per la nascita del cinema e dell’audiovisivo – immagine e movimento – si è rivelata necessaria, nel corso del secolo scorso, la coincidenza di scienza, tecnologia, investimenti e politica di stato. Soprattutto all’inizio sono questi gli elementi che distinguono tale industria dalle altre.
Mi sembra ovvio che se dipendiamo così tanto da tutto ciò che ha a che fare con la scienza e la tecnologia, ogni cambiamento prodotto in questi settori va ad incidere in un modo o nell’altro non solo nella produzione, nell’impiego e nella commercializzazione ma anche nei contenuti. Perché non si tratta più di vedere film al cinema, dato che la maggior parte degli argentini non va al cinema e che i ragazzi non guardano nemmeno più la televisione. Sono legati ad altri tipi di mezzi audiovisivi che i grandi e potenti gruppi tecnologici mondiali cercano di rinnovare, vendere e quant’altro. Credo che questo sia un elemento implicitamente o esplicitamente presente nel messaggio della Presidente. Credo anche che ora la sfida maggiore sia passare dalle parole ai fatti e costituire un polo di sviluppo audiovisivo in termini concreti, efficienti, competitivi, che, oltre dello sviluppo del lato economico, sicuramente importante, si preoccupi della produzione di contenuti utili per la formazione della nuove generazioni di argentini.
APU: Altrettanto importante è il ruolo che sta assumendo lo stato con iniziative come INCAA TV o Encuentro.[3] Nuovi spazi che uscirebbero da questa logica cinematografica per raggiungere nuovi canali di diffusione.
OG: Si. Non si tratta di una soluzione facile, quanto piuttosto di un processo. Tuttavia ciò che dici rispetto a Encuentro è vero. Encuentro è un esempio ed un modello di riferimento fondamentale per avvicinarci ad immagini che non potremmo vedere altrimenti. In Encuentro si possono vedere documentari realizzati nel paese da giovani che nemmeno conosciamo, su temi che ugualmente disconosciamo; si può così scoprire che gli ultimi anni sono stati testimoni di cambiamenti fondamentali, di gran lunga maggiori rispetto a quelli prodottisi nei decenni anteriori e ciò non impedisce ai registi di realizzare i proprio film per competere nelle sale cinematografiche di tutto il mondo.
Anche la televisione pubblica ha incorporato nella sua programmazione materiali che altrimenti non potremmo vedere; mi riferisco ai materiali sull’America Latina, realizzati più o meno bene, ma che in qualche modo illustrano gli immaginari culturali dei vari paesi della regione.
APU: Tutto ciò ha permesso di ripensare il ruolo dello stato in questo spazio culturale, tanto adulterato in queste ultime decadi neoliberali; proprio i progetti di successo da lei citati permettono di riflettere sul ruolo dello stato, no?
OG: Credo che il ruolo dello stato sia stato centrale ai fini dell’esistenza di un’attività cinematografica in Argentina. Nessun governo in Argentina, né liberale, né democratico, né dittatoriale remò contro la produzione cinematografica. Durante le dittature ci furono produzioni cinematografiche come, se non più che nei periodi democratici.
Ciò che resta fuori è il tema dei contenuti. In questo momento credo che quest’ultimi rappresentino la sfida maggiore per lo stato e lì deve intervenire la cultura, l’educazione, l’istituzione cinema, insieme agli artisti e agli imprenditori. Per vedere in che modo ciò che si sta producendo ci aiuta a capire ed ad affrontare meglio la realtà. Relativamente a questo punto mi sembra grandiosa l’idea di un polo di sviluppo audiovisivo, che esiste già in altri paesi latinoamericani ma senza la stessa dimensione del progetto formulato nei giorni passati dalla Presidente.
APU: Nel canale Encuentro e negli spazi destinati ai documentari c’è tanta produzione e creatività. Tuttavia ultimamente non si può riscontrare lo stesso nel mondo della fiction di produzione nazionale. Cosa ne pensa al riguardo?
OG: Questo è un problema tipicamente latinoamericano. Credo che le nuove generazioni tentino di mostrare, informare, osservare la realtà nella quale si stanno muovendo e che in gran misura disconoscevano. Quando vedo documentari realizzati a Córdoba, Catamarca, La Rioja, San Juan da persone che non ho idea di chi siano e mi accorgo che sono informati da criteri eccellenti, e da una certa innovazione nell’estetica, mi sembra di trovarmi di fronte ad un avanzamento formidabile. Forse la fiction dei nuovi cineasti, soprattutto nel nostro paese, salvo rare eccezioni, non è all’altezza di tutto questo perché c’è una carenza insita nella formazione. Sussiste inoltre un’insufficienza di produzione: quando si vuole produrre una fiction, come in qualsiasi altra attività, se ne devono realizzare diverse affinché la “ginnastica” produttiva permetta al cineasta di competere con gli altri. La considero un’insufficienza perché la fiction dovrebbe invece essere sviluppata prendendo in considerazione il flusso dell’immaginario. A partire da questo si potranno percepire situazioni poetiche che la maggior parte dei documentari non tengono in conto.
APU: All’interno di questo progetto di un Polo di Sviluppo Audiovisivo si sta pensando ad uno spazio privato. Vedi attori nella realtà produttiva attuale in grado di accompagnare questo processo? Ti sembra che esista davvero uno spazio privato che accompagna la produzione?
OG: Credo di si. Il punto è che si pensa al settore privato in generale piuttosto che preoccuparsi per i contenuti, come invece fa qualcuno. Campanella, per esempio, realizza lungometraggi bellissimi, sta sperimentando cose molto buone, con un criterio imprenditoriale orientato a migliorare la qualità della nostra produzione. La storia del cinema argentino è anche fatta, non dico di pirati, ma di gente per cui l’unica cosa che contava era il denaro; non è sbagliato che l’imprenditore si occupi di tale questione però credo che lo stato debba intervenire. Manca un dialogo serio con gli agenti principali di questo settore, abbiamo bisogno di costruire la consapevolezza che vogliamo una cinematografia, o un audiovisivo, che in qualche modo ci dia espressione, ci identifichi, come è successo ovunque nel mondo.
Nessuna cinematografia in nessuna parte del mondo è uscita dalle sue frontiere prima di essersi interessata delle proprie. Per le telenovelas vale lo stesso discorso, così come per il cinema russo, spagnolo, nordamericano. Negli Stati Uniti quando si realizza un film si sta pensando al mercato interno, che è uno dei più importanti del mondo; in Corea, Cina, Russia avviene lo stesso. Qui in America Latina dobbiamo pensare ad un cinema che ci dia identità e questa è una sfida che devono assumersi anche le scuole di cinema e di formazione professionale. Quando otteniamo un premio ad un festival o una menzione nella critica di qualche giornale europeo, crediamo di essere come Messi, professionisti riconosciuti in tutto il mondo, e non è proprio così. Se analizziamo la presenza del complesso dei film degli oltre 20 paesi latinoamericani e degli oltre 20 paesi dell’unione europea degli ultimi 10 anni, ci rendiamo conto che i primi non hanno mai rappresentato più del 2% del mercato del continente. Non voglio dire che se non c’è pubblico significa che non facciamo buon cinema.
Un’industria culturale deve prendere in considerazione i due aspetti (quello industriale e quello culturale, n.d.r). Dal mio punto di vinta quello principale è rappresentato dai contenuti, dal tema identitario, dalla creatività e dalla diversità. D’altra parte non possiamo dimenticare che ci troviamo in un momento difficile, con cambiamenti nelle nuove tecnologie audiovisive che andranno ad incidere profondamente ed in misura esponenziale nel futuro del cinema. Gli Stati Uniti ebbero tanto potere sugli schermi di tutto il mondo. Ora competere con loro presuppone pensare non solo all’Argentina in maniera isolata ma anche all’Unasur, al Mercosur, all’Alba.
Altrimenti la nostra regione non potrà competere né con gli Usa né con l’Europa, che a sua volta è schiacciata dalla produzione nordamericana.
APU: Il problema continua ad essere la distribuzione, le case distributrici americane.
OG: No, l’ 80 % di ciò che viene offerto nel nostro paese e nel mondo viene dagli Stati Uniti. Quali sono i paesi che possiedono autosufficienza? India, Corea, Cina; gli altri, compresi i paesi europei – forse la Francia un po’ meno – non ce l’hanno e questo ti dà la cifra di un dominio che è totale. Non solo nella produzione; se ci attestiamo alle pellicole proiettate nelle sale, insisto col ribadire che la maggior parte della gente non va mai al cinema. La televisione a suo tempo ha sostituito il cinema, successivamente è arrivato il video che ha comprato la televisione ed oggi la gente sta già pensando a strumenti più innovativi. In pochi anni ciò che oggi sembra moderno diventerà obsoleto. Ciò obbliga al ricorso ad un polo di sviluppo audiovisivo che chiami in causa i nostri scienziati, tecnici e artisti; non si tratta, infatti, di un’azione meramente statale o di una decisione del governo, bensì di una convocazione aperta ai soggetti e alle entità più rappresentativi del settore cinematografico a partire dal presupposto che se non forgiamo le nostre immagini nessuno le costruirà per noi.
Note
[1] Octavio Getino (1935-2012) è stato un punto di riferimento del cinema e, più in generale, della cultura argentina, dagli anni del peronismo in poi. Ha sempre accompagnato l’attività di cineasta a quella di teorico e studioso dei mezzi di comunicazione. Fondatore insieme a Pino Solanas e Gerardo Vallejo del Grupo Cine Liberación, fu anche teorico di riferimento del movimento del Tercer Cine, che proponeva un uso dell’arte cinematografica come strumento politico e di militanza, contro l’imperialismo culturale, non solo nordamericano.
[2] Il “Polo de Desarrollo de la industria Audiovisual”, la cui creazione è stata voluta dalla Presidente della Nazione Cristina Fernández de Kirchner e resa pubblica il 29 agosto 2012, consiste in due decreti che prevedono l’aumento di sussidi destinati all’attività cinematografica considerata alla stregua delle altre attività produttive industriali Nello specifico, il primo decreto eleva il tetto massimo della quota di sovvenzioni alla produzione di film nazionali (si passa da 3,5 a 5,5 milioni di pesos) con l’obiettivo di ampliare la competizione dei film argentini sul mercato interno e su quello internazionale. Il secondo decreto conferisce alle industrie di produzione audiovisiva, digitale e cinematografica – di capitale pubblico, privato o misto – il rango di industrie culturali, permettendo ad esse di accedere ai benefici di cui godono le altre attività industriali nazionali. Il progetto consiste inoltre nel recupero dei terreni delle Isla Demarchi, uno spazio pubblico privo di attività situato all’estremo sud di Puerto Madero (Buenos Aires), individuato come sito d’istallazione di tale polo di creazione audiovisiva.
[3] Canal Encuentro è il primo canale televisivo del Ministero dell’Educazione argentino in funzione dal 5 marzo 2007, creato dallo stato con l’obiettivo di sviluppare una nuova televisione educativa e culturale che contribuisca, in ultima istanza, alla costruzione di una cittadinanza democratica e di un pubblico critico e riflessivo. A tal fine Canal Encuentro intende garantire equità di accesso alla conoscenza a tutti gli argentini, indipendentemente dalla loro condizione sociale, e fornire strumenti innovativi, televisivi e multimediali, nell’ambito dell’educazione. Uno dei concetti cardine della sua missione riposa nella rappresentazione delle differenze di cui è costituita la società argentina, sulla culla di interessi comuni e del principio di uguaglianza. Il palinsesto, rigorosamente privo di spazi pubblicitari, spazia dalla fiction all’informazione, dai documentari ai programmi didattici, dai programmi di approfondimento all’intrattenimento. Vedi sito web: http://www.encuentro.gov.ar
INCAA TV è un’esperienza più recente, che vede la luce all’inizio del 2011 nel digitale terrestre, all’interno della piattaforma RTA (Radio y Televisión Argentina). Canale televisivo dell’ Instituto Nacional de Cine y Artes Visuales, INCAA TV ha come obbiettivo primario la diffusione della cinematografia nazionale e latinoamericana, per forgiare una tv che sia specchio della società, informata dai principi di pluralismo, impegno e responsabilità civica. Vedi sito web: www.incaatv.gov.ar
Intervista tratta da: http://agenciapacourondo.com.ar (2/09/2012)
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tysm literary review, Vol 7, No. 11, January 2014
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ISSN:2037-0857