Storie dei libri
Francesco Paolella
Gabriele Sabatini, Visto si stampi. Nove vicende editoriali, Italo Svevo, Trieste-Roma 2018
Si possono fare mille e mille considerazioni sulle ragioni della fortuna di un romanzo o, viceversa, del suo implacabile insuccesso: e non vanno trascurate ovviamente le ragioni politiche. Occorre che un libro, per imporsi e vendere, sia anche in accordo con l’ideologia dominante o che sappia anticipare quella, nuova, che sta per imporsi e che, soprattutto, riesca ad evitare di dispiacere troppo a chi governa. Sono tutte banalità, ma non prive di importanza. Specialmente nei periodi di crisi, per non parlare di quelli in cui un regime succede a un altro, questa questione dei rapporti fra politica e letteratura diventa poi una vera e propria emergenza.
L’Italia che passò dal fascismo all’antifascismo, quasi repentinamente e senz’altro superficialmente, è un caso emblematico in questo senso. Gabriele Sabatini, l’autore di questa raccolta di storie sui libri, ha riportato alla ribalta alcuni fra i protagonisti dell’Italia letteraria del secondo dopoguerra, dedicandosi alle vicende che hanno, più o meno faticosamente, portato alla pubblicazione di romanzi divenuti poi celebri: Brancati, Cassola, Flaiano, Rigoni Stern diventano in queste pagine protagonisti di vicissitudini legate appunto allo “spirito dei tempi”, ai cambi di governo e di ideologia dominante. In generale, tutti questi autori hanno sentito il bisogno di rivolgersi alla coscienza del popolo italiano, volendo far emergere sensi di colpa e frustrazioni che, in seguito, sarebbero comunque rimasti sepolti nella coscienza collettiva. Ogni tanto ci pensava la censura a soffocare formalmente la nascita di libri che, successivamente, si sarebbero comunque affermati. Ma, più in generale, era l’orientamento ideologico (in sintesi: pro o contro il comunismo) di critici, revisori e redattori a poter decidere delle sorti di un manoscritto.
Questo libro esalta senza dubbio la virtù della pazienza: racconta di opere rimase sospeseper anni, in attesa di qualcuno che ne capisse il valore e la “diffusibilità”. Critici, editori, altri scrittori già affermati: sono loro i protagonisti di queste vere e proprie avventure editoriali. L’Italia del dopoguerra, pur ingessata dalla contrapposizione ideologica e dall’eredità fascista, era un Paese ancora vivo, nel quale gli editori volevano e potevano osare. Riferiamoci soltanto al caso della Longanesi: quanti autori sono nati, nella concitazione di quegli anni e fra mille difficoltà, grazie a quella casa editrice! Il bisogno di raccontare la storia recente degli italiani riusciva a superare grandi ostacoli. Ciò che contava non era fare una semplice cronaca degli eventi: Il cielo è rosso(1946) di Giuseppe Berto racconta, ad esempio, il bombardamento della città di Treviso, ma è stato scritto da un uomo che viveva, all’epoca dei fatti, a migliaia di chilometri di distanza, prigioniero di guerra negli Stati Uniti. Potremmo dire che Gabriele Sabatini non faccia in queste pagine che ricordarci l’importanza del contestoper la letteratura; ma è altrettanto vero che il merito principale di questo libro sta nel ricordarci il valore dell’ostinazione del vero scrittore, e una imprescindibile vocazione alla verità (che deve essere nel mondo, ma anche essere contro il mondo) che è il più essenziale requisito per poter essere un autore degno di questo nome.
Concludiamo ricordano volentieri un altro libro di guerra: La rivolta dei santi maledettidi Malaparte. Anche in questo caso, l’autore non fu un testimone diretto di Caporetto, ma ha saputo ugualmente farne “respirare l’aria”, andando anche contro l’immagine dominante di una disfatta dell’esercito italiano. Quel libro di Malaparte ha dovuto lottare nel primo dopoguerra e, poi, col fascismo al potere, per imporsi e, anzi, per resistere a boicottaggi e sequestri , senza lasciarsi peraltro trasformare in qualcos’altro, in una visione edulcorata o edificante di quel dramma nazionale.
[cite]
tysm review
philosophy and social criticism
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