Pasolini, troppo forte
di Laura Betti
Ho passato anni interminabili a tentare di chiudere finestre, porte che si aprivano immancabilmente su altre porte o su buchi nel muro o crepe nel soffitto, e da quelle fessure, quei buchi o quelle crepe, finestre e ancora porte, entravano a folate voci di ogni genere: insidiose, corrotte, pure, brutali, fresche, dolci, invitanti… e poi tanta gente, tanti credi, molti credi e tutti con un Pier Paolo in mano o in cima ad una bandiera o nel paniere della biancheria sporca o seduto su un libro… e sempre più spesso, per allontanare quel fracasso veramente volgare, leggevo e rileggevo un poema il cui titolo già chiedeva silenzio tanto si intuiva che veniva da lui, che era lui… Una disperata vitalità…
Quindi ho cominciato a studiarlo perché avevo capito che là avrei trovato molte chiavi per aprire o chiudere le porte, per decifrare molti, troppi segreti. Avrei potuto ritrovare Pier Paolo nella sua integrità e anche il nostro modo di sapere, di riconoscere la vita. Poi ho pensato che il silenzio, in fondo, è un’emotività “calda” e che avrei forse potuto trasmetterla. «La morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi».
Cominciai a costruire lentamente uno spettacolo intorno a quel poema ed ero un po’ spaventata e in uno stato di ansia quasi vicina al panico. Ero certa che avrei potuto dare qualcosa di lui e di me insieme. Perché sono comunque un’attrice e ho una necessità fisica di perdermi nel profondo degli intricati corridoi dove si inciampa tra le bave depositate da alieni, tele di ragno luminose e mani, mani che li spingono verso i buchi neri screziati da lampi di colore, infiniti, dove sbattono qua e là le mie pulsioni forse dimenticate da sempre oppure taciute… per poi ritrovare l’odore della superficie e rituffarmi nel sole dei proiettori, nuova, altra. Un’elaborazione paziente.
Ma non avevo dubbi sul fatto che dovevo cominciare – con prudenza – dagli anni Sessanta… dalle canzoni di Pier Paolo e poi… poi, forte della certezza che quegli anni che passammo insieme furono splendidi – e nessuno me li potrà rubare -, trovare il coraggio di “scendere” di perdermi e proprio in questo, per questo, finalmente esistere.
Non è uno spettacolo facile. D’altra parte nulla è stato mai facile per me. I “corridoi” sono pieni di insidie, e non poche volte, svoltando l’angolo, ti puoi ritrovare in una notte mai accettata, all’Idroscalo di Fiumicino… Non è facile perché le parole, con la loro ambiguità mi invadono ogni sera nuove, inattese. Spesso, senza che me ne renda conto io non sono più Laura ma Pier Paolo. Ma anche questo, in un certo senso, è teatro.
TYSM
PHILOSOPHY AND SOCIAL CRITICISM
VOL. 24, ISSUE NO. 24
MAY 2015
ISSN: 2037-0857
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