Bitcoin, la criptomoneta
di Christian Marazzi
Sembrerebbe che sempre più svizzeri si stiano lanciando sul mercato del bitcoin, quella moneta virtuale inventata quattro anni fa da un informatico giapponese e che negli ultimi tempi è stata oggetto di dibattiti senza fine (vedi Le Temps, Le bitcoin sort de l’ombre et pose ses jalons en Suisse, 16 aprile 2014). Ristoratori, banchieri, giuristi e commercianti, sperano di attirare una nuova clientela con un mezzo di pagamento “figo”, commerciare con una moneta che nessun Stato controlla, o semplicemente speculare. E dato che questa moneta ha subito recentemente una serie di scacchi pesanti, con fluttuazioni vertiginose del suo corso, le autorità di sorveglianza svizzere, come d’altronde quelle cinesi o russe, hanno lanciato l’allarme sui possibili pericoli di questa crittomoneta.
Bitcoin è certamente un passo avanti della scienza informatica, come sostiene l’inventore della rete, Marc Andreessen, che considera l’invenzione della moneta virtuale alla stessa stregua della rivoluzione del personal computer nel 1975 e di Internet nel 1993.
È, di fatto, una tecnologia, un algoritmo, che permette di risolvere un problema informatico di non poco conto (noto come “problema dei generali bizantini”), e cioè: “trovare un modo per creare fiducia tra parti slegate tra loro all’interno di una rete poco affidabile come internet”. E’ così che con bitcoin, per la prima volta, un utente della rete ha la possibilità di trasferire a un altro utente una proprietà digitale esclusiva con la garanzia della sicurezza e della certezza della transazione: ognuna delle parti sa che il trasferimento è avvenuto e nessuno può metterne in dubbio la legittimità. Tra gli effetti negativi di bitcoin vi è però proprio l’anonimato, che la rende adatta ad attività illecite, tanto che il maggior detentore al mondo di questa moneta virtuale è proprio l’FBI, a seguito della chiusura di Silk road, il mercato online di stupefacenti illeciti e carte di credito rubate nato nel 2011.
La crittomoneta bitcoin è uno tra i tanti esperimenti di esodo (se ne contano un centinaio) dalle pratiche monetarie ufficiali che mirano esplicitamente e attivamente a costituire spazi di economia comunitaria senza moneta. Si tratta di esperimenti di costituzione di economia parallele che hanno quale comun denominatore la volontà di sottrarsi all’impero del sistema monetario, all’autorità delle banche centrali e al loro diritto di signoraggio (attraverso i tassi d’interesse). In questi tentativi, certamente nobili, non si può non intravvedere una certa ispirazione neoclassica, la volontà cioè di “zittire” il denaro, di farlo funzionare come semplice velo degli scambi, semplice strumento tecnico (una sorta di moneta privata) per realizzare una più equa distribuzione della ricchezza. Senza però intaccare alla radice le disuguaglianze che si originano all’interno dei processi di produzione della ricchezza stessa.
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tysm literary review, Vol. 8, No. 14, April 2014
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ISSN:2037-0857