philosophy and social criticism

Per non essere letto

Francesco Paolella

L’editore modenese Artestampa si è impegnato con questo libro a strappare all’oblio e all’abbandono la vita d’artista di Gian Pio Torricelli (pure modenese), figura eccentrica e marginale della neoavanguardia italiana. Il suo nome rimanda, per i pochi che ancora se ne ricordano, a un breve periodo di attività di pittore, di poeta e, a suo modo, flâneur in cerca di fortuna (o, in un certo senso, di sfortuna) nel bel mondo della cultura italiana più ardita e delle sperimentazioni, fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta.

La biografia di Torricelli è, almeno a prima vista, una biografia sdoppiata, segnata, anzi tagliata a metà, dalla malattia mentale e dall’isolamento che ne è seguito e che dura tuttora.

Quando ci si accosta a una vita come questa di Torricelli, il rischio maggiore è, a nostro parere, quello di cadere negli stereotipi dell’eterno binomio “genio e follia”: ossia, di rileggere tutto ciò che ha creato, i libri che ha scritto, le letture e le performance che ha fatto, alla luce della sua “follia” incipiente o già esplosa. In questo caso, per fortuna, non tutto viene assorbito dalla malattia.

Di sicuro, ci troviamo di fronte, anche e soprattutto per i non-specialisti, a un artista la cui opera è allo stesso tempo effimera e totale. Le sue parole, la sua lotta per scappare tanto dalla prigione della vita di provincia quanto dalla prigione dell’arte ridotta a prodotto per speculazioni commerciali, tutto in Torricelli era mostrato senza filtri, appunto per la forza del suo dire e del suo disagio verso l’esistenza e la società.

La vocazione di Torricelli rimane misteriosa: la sua vita rimane un rebus; il suo sguardo, anche nelle fotografie attuali, rimane quello di una specie di fantasma, eppure vivissimo. Ciò che emerge dalla sue parole rilette oggi è l’immagine di un uomo che, pur fra le indubbie difficoltà, è rimasto unito a una generazione di artisti e poeti, che però lo ha abbandonato senza problemi.

La seconda parte della vita di Torricelli, iniziata e poi segnata da arresti, fughe, ricoveri in ospedali psichiatrici (anche giudiziari), e infine dall’interdizione, è stata vinta dall’isolamento: per molti anni, il nostro poeta-non-più-poeta è vissuto barricato in una stanza, nella sua stanza nella casa dei genitori, trascorrendo il tempo a fumare davanti al televisore. Semplicemente, un “ex”, sparito all’improvviso. Il suo scrivere furente, esagerato, dirompente si è come dissolto. Oggi possiamo sentire solo l’eco di quella forza: prendiamo il suo Coazione a contare (Lerici, 1968), punto limite di sfida per l’illeggibilità, perseguita fino al punto di scrivere in lettere, per settantacinque pagine non numerate, i numeri da uno a cinquemilacentrotrentadue.

In anni più o meno recenti, da Eco a Vassalli a Paolo Albani, si è iniziato a recuperare Torricelli con memorie, testimonianze, commenti critici. Oggi possiamo vedere un’altra faccia della vita di questo indefinibile autore. I rapporti con la famiglia – di amore e odio con i genitori, con le sorelle, con i nipoti – il progressivo, ma comunque rapido, allontanarsi da amici e colleghi: in questo libro vediamo in vivo il coté intimo del creare furibondo eppure effimero di un poeta.

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tysm review
philosophy and social criticism
vol. 23, issue no. 33, february 2016
issn: 2037-0857
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