Nella malattia, la verità
di Dietrich Bonhoeffer
Bethel, 20 agosto, 1933
Cara nonna,
ecco che mi tocca ancora scriverti per il tuo compleanno mentre avevo sperato questa volta di poter venire da te per questo giorno. Il nostro lavoro però non è ancora finito e non sarà finito neppure prima di mercoledì. Spero poi di poter venire certamente da te per almeno due giorni a partire da giovedì. Domenica devo essere di nuovo a Berlino. Spero che festeggiate lunedì il tuo compleanno col bel tempo. Con i nipotini sarà certo un giorno di gioia. Spero che tu ti sia ripresa nelle ultime settimane, così che tu abbia potuto superare il disagio degli ultimi tempi e possa venire di nuovo presto a Berlino. Ci sarà poi per noi in ogni caso ancora un po’ di settembre da passare insieme a Berlino prima che io vada a Londra, ciò che io ho cercato di spostare al 15 ottobre. Almeno così penso senza essermi impegnato per un giorno preciso.
Il tempo qui a Bethel è per me diventato estremamente importante. Qui c’è semplicemente ancora un pezzo di Chiesa che sa che cosa sia una Chiesa e che cosa non lo sia. Torno adesso dal servizio divino. E’ un quadro molto particolare, i gruppi di epilettici e di malati che riempiono tutta la chiesa e tra di loro diaconi e diaconesse che devono aiutare quando qualcuno cade; poi ancora vecchi vagabondi che vengono dalle strade di periferia, gli studenti in teologia, i bambini della scuola di perfezionamento per i sani, malati e parroci con le loro famiglie; ma soprattutto però il quadro è dominato dai malati che ascoltano con grave partecipazione.
Deve essere uno strano sentimento vitale quello che abita in questi uomini che non possono essere per nulla padroni di se stessi, i quali ogni momento devono rassegnatamente afferrarlo perché possa essere vissuto. Questo mi è parso chiaro oggi in chiesa improvvisamente. E questa situazione dell’essere veramente inermi apre forse a questi uomini un’intuizione molto più chiara di certe verità dell’esistenza umana, che davvero in fondo è inerme, di quanto possa essere data a noi uomini sani. E proprio questo scambio improvviso fra essere sani e cadere è, relativamente a questa intuizione, ancora più ricco di promesse di quanto non possa esserlo una perenne malattia. In chiesa oggi ho dovuto sempre pensare al quadro di Rembrandt della dracma e ai passi evangelici che vi si riferiscono.
Tutto questo non ha nulla di sentimentale, piuttosto qualcosa di insopportabilmente reale, di originario. Cade qui proprio qualcosa delle barriere con cui noi siamo soliti chiuderci rispetto al mondo. Il mondo appartiene qui alla vita di ciascuno di noi come è in realtà.
Si dice che Buddha sia stato convertito da un incontro con un malato grave. E’ davvero un puro delirio se si crede oggi di poter o di dovere mettere da parte, mediante leggi, ciò che è malato. Già questo è una sorta di torre di Babele che dovrà vendicarsi. Ed è proprio il concetto stesso di malato e di sano ad essere ambiguo e ciò che qui viene riferito al “Malato” in realtà in molti punti della vita e dell’intuizione è molto più sano del Sano, mentre è certo che hanno bisogno l’uno dell’altro, e questo è una forma essenziale e un ordinamento chiaro di questa vita che non semplicemente e insensatamente può essere mutato.
Il nostro lavoro qui ci dà molta gioia e molta preoccupazione. Cerchiamo di far sì che i Cristiano tedeschi prendano atto di ciò che essi vogliono. Se riusciamo non è assolutamente certo, per me. Perché anche se adesso essi accettano ufficialmente di riconoscersi nelle formulazioni, tuttavia la pressione che sta dietro di loro è così forte che essa farà saltare prima o poi ogni promessa. Mi diventa sempre più chiaro che noi diverremo una grande Chiesa nazional popolare che non sopporta più il Cristianesimo nella sua essenza, e che noi dovremo incamminarci per vie del tutto nuove rassegnatamente.
La questione è veramente Germanesimo o Cristianesimo e prima il conflitto risulterà chiaro, meglio sarà. La cosa più pericolosa di tutte è l’offuscamento. Questa è diventata adesso una lettera molto lunga (…) Ti auguro un buon nuovo anno, cara nonna, e mi rallegro molto all’idea di rivederti. Molti saluti a Karl Friedrich e Grete. Ti saluta con tutto il cuore
il tuo riconoscente Dietrich
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tysm literary review
vol. 22, issue no. 22
april 2015
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