La maledizione degli Usher
Federico Ercole
Robert R. McCammon, La maledizione degli Usher, traduzione di Flora Staglianò, Gargoyle Books, Roma 2009.
Per intere generazioni la Casa degli Usher ha prosperato e si è arricchita grazie alla realizzazione a alla vendita di micidiali armi da guerra. Ma un’ entità malefica ha vissuto e si è sviluppata all’interno della Casa degli Usher, una remota eredità di depravazione e di sangue che imbratta i corridoi della tenuta di famiglia… Liberamente ispiratosi a La caduta della Casa degli Usher di Edgar Allan Poe, McCammon usa la sua sulfurea immaginazione per ricavarne un romanzo coinvolgente e terrificante: ne La Maledizione degli Usher l’autore s’insinua sapientemente nella trama originaria ponendo un dubbio…
E se la storia non fosse finita con la morte di Roderick e Madeline, più di cento anni fa? E se ci fosse stato un fratello a portare avanti il nome di famiglia, oltre che a ereditare il deplorevole patrimonio lordato di sangue? Ambientata ai giorni nostri nel Nord Carolina, la storia ha inizio con Rix, giovane erede degli Usher, prossimo a fare ritorno a casa dopo il servizio militare. Ad attenderlo, il padre sul letto di morte. Rix è un fervente pacifista, e non ha alcuna intenzione di subentrare nel giro d’affari di 10 miliardi di dollari al quale è predestinato.
Ma la Casa lo ha scelto, sarà lui a ereditarne le redini: non solo per quanto riguarda l’opulento patrimonio che si dice maledetto, ma anche per gli orripilanti e terribili segreti che abitano e governano la Casa degli Usher. Rix, in preda a un vortice d’incubi ancestrali, sarà costretto a scatenare tutti gli atroci e oscuri poteri degli Usher e ad affrontare una volta per tutte la più tetra delle realtà: non solo chi egli è… ma cosa è.
Nell’accumularsi continuo di rivelazioni e orrori di questo notevole omaggio a Poe e alla sua mitologia e poetica (ma anche romanzo pacifista contro l’industria delle armi), orchestrato da McCammon con la perizia di un musicista di cacofonie del terrore esaltanti e nauseabonde, si giunge al climax finale, davvero sorprendente, con la sensazione di precipitare in una dimensione di spavento che rimanda in molti suoi spunti a Roger Corman.
Una suggestione che l’autore crea tingendo la sua prosa dei rossi sanguigni, delle nebbie fumose, delle segrete stregate e nere che formano l’affresco inconfondibile del cinema del regista ispirato dal poeta del Corvo.
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