La diplomazia culturale di Zavattini
di Francesco Paolella
Zavattini oltre i confini. Un protagonista della cultura internazionale, a cura di Alberto Ferraboschi, Corsiero Editore, Reggio Emilia, 2019, 240 pagine, 25 euro
La città di Reggio Emilia ha dedicato una mostra ( perta fino al 1° marzo 2020), tutt’altro che banalmente celebrativa, a Cesare Zavattini, in occasione del trentennale dalla sua morte. Come hanno visto Zavattini all’estero? Quale è stata la sua fortuna internazionale? E cosa ne resta oggi? Ma non è stato soltanto questo l’obiettivo degli autori della mostra (e del volume, edito da Corsiero, che la accompagna): cosa c’è al di là dello Zavattini “icona globale del neorealismo”? Per cosa Zavattini si è impegnato davanti alle grandi vicende di politica internazionale? E con quali realtà culturali straniere ha voluto soprattutto interagire?
Zavattini non è stato soltanto il celebrato sceneggiatore del cinema neorealista, ma con tale etichetta, assolutamente riduttiva, egli è stato ricordato, soprattutto all’estero. Zavattini è stato anche un intellettuale militante, attivo su diversi fronti, non ultime su quello delle lotte anticoloniali. Zavattini, sfruttando anche la celebrità venuta nel dopoguerra dal suo lavoro nel cinema, ha intessuto una estesissima rete di rapporti internazionali con enti culturali, case di produzione, associazioni, scrittori, cineasti, ambasciate – rete di cui oggi vediamo le tracce nell’importante Archivio Zavattini, ospitato dalla biblioteca municipale reggiana, archivio dove sono conservate, fra l’altro, lettere a più di 12.000 corrispondenti, per oltre 100.000 documenti.
In estrema sintesi, possiamo dire che Zavattini è stato un instancabile “esportatore” della sua poetica e della sua concezione del cinema e dell’arte: un cinema anzitutto concreto, utile, attaccato al vissuto. Lo ha fatto tanto in occidente quanto in oriente, in Francia come in Africa o in America Latina. Senza dubbio, Zavattini si è trovato sempre più distante dal cinema industriale e, quindi, da Hollywood. A tal proposito, è essenziale – come nota giustamente il curatore Alberto Ferraboschi nella introduzione al catalogo – tenere presente il contesto politico e culturale in cui Zavattini si trovò a muoversi: il secondo dopoguerra e, in particolare, la guerra fredda. «Sarebbe riduttivo limitare l’impegno zavattiniano all’ambito strettamente artistico, trascurando la capacità dell’intellettuale italiano d’incidere sul piano dell’organizzazione politico-culturale nel contesto della fase storica segnata dall’antagonismo bipolare USA-Urss» (pagina 17). Zavattini non fu, senza dubbio, neutrale, né equidistante fra i due modelli contrapposti, quello liberale e quello socialista, essendo per tante ragioni più prossimo al secondo che al primo (fu, ad esempio, molto attivo nella cooperazione culturale italo-sovietica), ma cercò di essere comunque un mediatore. Ad ogni modo, avendo a che fare con la Cuba rivoluzionaria o con i paesi del Patto di Varsavia, ma anche con la Spagna franchista, egli cercò sempre di mantenersi il più possibile libero, nella sua missione per un cinema “etico”. In questo senso, la vita di Zavattini, tutte le sue relazioni ovunque nel mondo, rappresentano realmente l’occasione per riflettere sul ruolo che la cultura ha avuto anche nella vita politica globale del secondo Novecento.
In terzo luogo, questo lavoro di ricerca sullo Zavattini “cosmopolita”, ha fatto riemergere un altro genere di viaggi, compiuti dallo scrittore emiliano durante tutta la sua esistenza: quelli nel passato, ad esempio sulle tracce di Van Gogh, o nell’immaginazione, come possiamo leggere nel bel contributo dello scrittore Guido Conti In automobile verso la luna o, ancora, nei frequenti rapporti con la cultura ebraica. Zavattini, vero “artista totale”, il cui attributo forse più azzeccato potrebbe essere quello di “frenetico”, si è anche votato a favore della causa pacifista, come ci ha ricordato Valentina Fortichiari: «La Pace, “questa parola rotonda come una sfera”, unica ripetizione dalla quale, pur vistosa, Cesare Zavattini non si è mai sentito infastidito, è stata il tema ossessivo, costante, il gran tema dei temi che ha caratterizzato e condizionato la sua intera esistenza: quarant’anni di battaglie, di invocazioni, idee, progetti, interviste, di appelli all’umanità» (pagina 163). Ed è soprattutto in ciò che emerge lo slancio tutto spirituale, ancor più che umanitario, della poetica di Zavattini, nel suo sforzo incessante di arrivare a una conoscenza amorosa del mondo.
[cite]