Nota
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Industriale, mecenate, intellettuale a tutto tondo, Adriano Olivetti fu anche anche leader, per un certo un breve periodo, del Movimento di Comunità da lui fondato nel 1947. Nel 1958, quando il movimento decise di presentare le proprie liste alle elezioni, Olivetti fu l’unico ad essere eletto deputato, con 173 mila voti. Nove anni prima, aveva dato alle stampe Fini e fine della politica, allo scopo di chiarire i principi che ispiravano la sua visione alta, ma mai lontana dalla realtà quotidiana, di imprenditoria culturale. La funzione del Movimento Comunità era quella di tracciare un solco e, osservava Olivetti, indicare come fosse possibile “fare politica” e promuovere l’organizzazione di una democrazia senza partiti. «Il compito dei partiti politici», scriveva allora Olivetti, «sarà esaurito e la politica avrà un fine quando sarà annullata la distanza fra i mezzi e i fini, quando cioè la struttura dello Stato e della società giungeranno ad un’integrazione, a un equilibrio per cui sarà la società e non i partiti a creare lo Stato».
Il testo che presentiamo è tratto dalla relazione introduttiva di Adriano Olivetti ai lavori della prima riunione del Comitato Centrale delle Comunità del Movimento Comunità, svoltasi a Milano il 10 luglio 1949. Il documento integrale, di cui qui si pubblicano qui solo le prime righe, è raccolto nella riedizione di Fini e fine della politica (Rubbettino, Soveria Mannelli 2010), curata da Davide Cadeddu per Rubbettino editore, in occasione dell’anniversario per i sessant’anni dalla morte di Olivetti.
tysm, n. 1, dicembre 2010
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