L’arabo felice. Louis Massignon
DI ALFONSO M. DI NOLA
Louis Massignon, Parola data, a cura di Claudia Maria Tresso, Adelphi, Milano 1995.
L’editore Adelphi pubblica per la prima volta in italiano un’opera antologica sul grande islamista francese Louis Massignon che era apparsa a Parigi ben 34 anni addietro (poi riedita nel 1983).
È un libro intricato e complesso, destinato unicamente ai competenti di islamologia e più precisamente agli specialisti dell’ardua mistica che venne a formarsi nei secoli intorno all’Islam e che ebbe le sue manifestazioni più importanti nel mondo sciita e nel Sufismo. Q
ueste difficoltà di lettura e di interpretazione sono già evidenti nell’introduzione del curatore del libro, Vincent-Mansour Monteil, che ha rinunziato a un discorso piano e facilmente accessibile e ha aggiunto le sue alle già complicate tematiche di Massignon, il quale, secondo quanto Monteil apertamente rivela, ha egli stesso in parte dettato, in parte corretto i testi dell’autore.
Il lettore italiano dovrà prima informarsi del personaggio Louis Massignon, nato a Nogent sur-Marne nel 1883 da una famiglia di origine bretone, e durante tutta la sua esistenza in continue peregrinazioni nei luoghi santi del mondo islamico, soprattutto in quelli che avevano una qualche relazione con il grande mistico al-Hallaj.
Il Massignon che, già sposato, fu terziario francescano e visse nell’impossibile sogno di una conciliazione del Cristianesimo con l’Islam, seguì numerosi corsi di lingua orientali e di storia della mistica islamica, coprendo spesso incarichi accademici e diplomatici e tentando di rintracciare le identità fondamentali fra Islamismo, Ebraismo e Cristianesimo secondo una tendenza che prevale negli ultimi tempi certamente nelle sfere alte delle tre religioni ma che resta inesorabilmente distante dai popoli che le seguono.
L’opera di Massignon nasce da una indiscussa conoscenza dei testi, ma è tarata da un’intenzione apologetica che riappare continuamente e che nasce dalla pretesa origine abramitica delle tre religioni. I lettori, disposti ad affrontare il discorrere mistico, sostanzialmente astorico, devono ben ricordare che tale pretesa genesi abramitica delle tre fedi nasce realmente da una dura polemica che si origina quando Maometto rompe i rapporti di convivenza e di buon vicinato con gli Ebrei della regione araba e, dopo l’Egira, sostiene di essere il proclamatore di una fede che fu propria dei hanif, cioè di coloro i quali avevano praticato il monoteismo prima della circoncisione di Abramo, su un piano assolutamente istante dal mosaismo.
La vera religione, che l’Islam polemicamente eredita, è proprio quella di Abramo e dei suoi seguaci: fu in questa occasione, destinata a capovolgere l’originario islamismo, che Maometto ordinò il mutamento della direzione della preghiera (qiblà) che fu praticata dirigendosi verso la Mecca e non più verso Gerusalemme.
I cristiani, nelle lettere attribuite a San Paolo, dichiarano la medesima posizione, quando assumono la loro origine in Abramo che accettò l’unico dio per vera fede e prima della circoncisione, distanziandosi così da un rito che sarebbe restato specificamente giudaico. Quando, perciò, si fa riferimento insistente alla comune origine abramitica delle tre religioni, non si può non pensare al pesante tema antisemitico presente nel Corano e nel primo Cristianesimo.
Per quanto attiene a Massignon si ricorda che nella sua turbolenta esistenza studiò a Parigi stringendo amicizia con Henri Maspero e subendo l’influenza di Huysmans. Seguì anche i corsi di sanscrito e poi iniziò la sua serie di viaggi portandosi prima in Italia poi ad Algeri e nel Marocco.
Venti anni dopo occupò la cattedra di Sociologia e sociografia dell’Islam al College de France. Ebbe relazione diretta con il padre Charles de Foucauld che aveva fondato una comunità religiosa nel deserto, a contatto permanente con i Musulmani. Durante un periodo in cui a Baghdad fu arrestato sotto l’accusa di spionaggio, si convertì al Cristianesimo, probabilmente in seguito ad una visione. Insegnò Storia delle dottrine filosofiche musulmane al Cairo. Morì a Parigi nel 1962.
L’antologia presenta la grande ricchezza dei motivi religiosi che interessarono costantemente l’autore. Il luogo privilegiato è dato al mistico islamico al-Husain ibn Mansur detto al-Hallaj, cioè “il Cardatore”, soprannome con il quale egli fu universalmente riconosciuto. Nato intorno all’858 d.C. presso al-Baida’, in Persia, vissuto prevalentemente in Mesopotamia e giustiziato a Baghdad nel 922, dopo otto anni di prigione ed un processo durato sette mesi, come autore di scritti che, in un linguaggio misterioso, proclamavano principalmente la capacità umana di raggiungere un’unione mistica con Allah, simile all’unione in Cristo secondo i cristiani nestoriani.
Lo spirito di Dio discenderebbe nel cuore dell’uomo purificato senza tuttavia fondersi con esso. Il mistico fu variamente valutato nella storia che a lui seguì, ora considerato al culmine di una massima esperienza, ora condannato come eretico e distante dal vero Islam. Entrava in estasi mistica pronunziando termini che, interpretati dai suoi seguaci, segnalavano la sua fusione con il piano divino. Massignon dà ampio spazio a uno degli scritti di al-Hallaj e prosegue l’analisi di un personaggio, Salman Pak, presunto compagno di Maometto, alla cui storia al-Hallaj ridà evidenza documentaria.
Gli interessi di Massignon da tale epicentro di storia mistica passano rapidamente ad altre argomentazioni, che insistono sul parallelo morte e passione di al-Hallaj e morte del Cristo. Ma egli va ben oltre e dedica pagine di credente al dimenticato miracolo de La Salette, esaltando il culto mariano in presenza di una Madonna che, come quelle attuali, piangeva lacrime di sangue. Corre sotto questo studio una presunta analogia fra la Madonna e Fatima, la figlia di Maometto che sposò Alì, dando origine al movimento sciita. Ricorrono inoltre nelle sue pagine distanti argomenti, nei quali intende confermare l’importanza della compassione e della sofferenza: si rievoca così la presenza di Giovanna d’Arco e di Maria Antonietta in un quadro fortemente incline al Cattolicesimo.
Nell’insieme la mistica cui è interessato Massignon e che, perl’Islam, trova la sua espressione più alta nelle opere di al-Hallaj, ha tutti i pregi e i difetti di una lettura sovrapposta alla storia del dato religioso e diretta soltanto al ristretto numero dei fedeli che riesce a penetrare il mistero e il linguaggio spesso ermetico. Il fenomeno di tale lettura riservata si presenta, del resto, in tutte le altre religioni dal Buddhismo all’Induismo e allo Zoroastrismo.
Per un lato essa, respingendo le evidenze dei testi e trasformandole in rimandi a significati e a valori criptici, spoglia le religioni dalle concretezze storiche cui sono rigorosamente legate e le unifica in tematiche che usano un linguaggio comune e universale, così che le stesse esperienze vengono a manifestarsi, senza mutamenti, nelle storie singolari dei movimenti religiosi.
Non a caso, per esempio, si ritiene che santa Teresa d’Avila, autrice di una mistica decisamente cristiana, ne abbia ereditato molti elementi da quella islamica e da quella ebraica. In secondo luogo questo appiattimento dei referenti storici in un discorso comune che trova il suo centro vitale nelle esperienze personali del cuore e dell’anima, consente di progettare una presuntiva unità di significati di tutte le religioni in una unica visione mistica.
Si racconta che il mahatma Gandhi leggesse quotidianamente testi induistici e buddhistici accanto all’Evangelo e al Corano. Ci troviamo così prossimi a quella vaga aspirazione espressa negli ultimi decenni all’interno del Cristianesimo, nel quale i segnali teologici propri delle altre religioni dovrebbero rifluire, secondo una malcelata pretesa di una teoria del Cristianesimo che porta in sé i germi nascosti di tutte le altre religioni: aspirazione spesso frustrata dai cattolici nei riguardi delle altre chiese cristiane con l’affermazione non discutibile della supremazia del pontefice romano o con la riaffermazione costante della funzione della Vergine Maria all’interno della teologia della salvezza.
Ad al-Hallaj e ai molti altri mistici di tutte le altre religioni, che nascondono in seno queste devianze dalla storia reale, bisogna perciò guardare con molta cautela, riconoscendo che il loro pensiero, pur nella sua eccezionale altezza, resta sigillato nelle speculazioni individuali, e non trova concrete rispondenze nella vita quotidiana delle culture.
[cite]
[da il manifesto, 22 febbraio 1996]
TYSM REVIEW
VOL. 22, ISSUE NO. 22
APRIL 2015
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