philosophy and social criticism

COP 21: il miracolo

"Cop 21"

Michael Löwy

Che grande successo! La COP 21 è un vero evento storico! Meglio, un vero miracolo! Per la prima volta nella storia 195 capi di Stato si sono incontrati per discutere di una risoluzione comune. Grazie alla paziente diplomazia di Laurent Fabius e François Hollande, la Conferenza di Parigi ha permesso l’adozione, all’unanimità, di un documento che ha riconosciuto la necessità di prendere misure capaci di evitare che il riscaldamento globale superi i due gradi.

 Laurent Fabius ha perfino riconosciuto che, nel tempo, bisognerà restare al di sotto di 1,5 gradi. Tutti i governi del pianeta hanno accettato di proporre la riduzione volontaria delle loro emissioni di CO2. Di fronte a una simile massiccia dimostrazione di buona volontà, a una così meravigliosa unanimità planetaria, a una così grandiosa convergenza mondiale di tutti i paesi, grandi e piccoli, ricchi e poveri, come non gioire? Per quelli che possono permetterselo, è tempo di stappare una bottiglia di champagne e di celebrare questo straordinario successo della governance climatica internazionale.

C’è solo un piccolo dettaglio che rischia di guastare un pochino la festa. Un piccolo dettaglio, ma in fin dei conti non insignificante. Di che cosa si tratta? Se tutti i governi mantenessero le loro promesse, i loro impegni volontari – ciò che, ahimè, è poco probabile, vista e considerata l’assenza di ogni accordo vincolante, di ogni sanzione e di ogni controllo – dunque, se tutti riducessero effettivamente le loro emissioni mantenendo le loro stesse dichiarazioni di intenti, in questo idilliaco caso di scuola, ahimè, ahimè, estremamente improbabile, che cosa succederebbe?

Ebbene in questo caso, secondo calcoli scientifici, il riscaldamento globale raggiungerebbe nondimeno i tre o, forse, i quattro gradi.

Questo significa il superamento del punto di non ritorno e lo sviluppo di un processo irreversibile di mutamento climatico che condurrà, entro termini imprevedibili – ma senza dubbio, lo riconoscono gli scienziati, ben più brevi di quanto dicano le attuali previsioni – a una serie di catastrofi senza precedenti nella storia dell’umanità: l’immersione sotto il livello del mare delle principali città della civiltà umana (da Londra ad Amsterdam, da Rio a Hong Kong), desertificazione su immensa scala, riduzione drammatica dell’acqua potabile, incendio delle ultime foreste esistenti, etc. A quale temperatura la vita umana diventerà essa stessa insostenibile su questo pianeta?

La Montagna COP 21 ha partorito un topolino. Se si vuole evitare la catastrofe bisogna andare oltre queste parole vuote per aggredire le vere radici del problema: l’oligarchia fossile e, in ultima analisi, l’attuale sistema economico e sociale, il capitalismo. “Cambiamo il sistema e non il clima!”: questa parola d’ordine fatta propria da decine di migliaia di manifestanti del Campo di Marte è la sola parola ricca di futuro pronunciata a Parigi il 12 dicembre 2015.

traduzione di Alessandro Simoncini

 

tysm review
philosophy and social criticism
vol. 28, issue no. 31 december 2015
issn: 2037-0857
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