B con C o Baudrillard & Calvino
di Marco Dotti
Con la modernità, scriveva Jean Baudrillard, non smettiamo di accumulare, di aggiungere, di rilanciare. Ma con questa modernità abbiamo al tempo stesso “disimparato che è la sottrazione a dare la forza, che dall’assenza nasce la potenza”.
La proliferazione delle immagini, il prevalere del battere sul levare, la fine della realtà sostituita e infine consumata da un reale di secondo grado, “più vero del vero” e, pertanto, assolutamente privo di ogni referenza sono stati alcuni dei nodi critici sviluppati dal sociologo francese in più di mezzo secolo di attività.
Il testo che qui presentiamo in traduzione è una prima elaborazione di quello apparso col titolo “Le romans d’Italo Calvino”, sul numero 192 della rivista di Jean-Paul Sartre, “Les Temps Modernes”.
Era il maggio del 1962, 6 anni prima di un altro, ben più famoso maggio, che portò Baudrillard agli onori delle cronache essendo lui docente in quell’università di Vincennes da cui tutto ebbe origine.
Il tema dell’assenza, del levare, del sottrarre, del tentare di lavorare sul reale in una forma che in qualche modo ne anticipi e tenti di scongiurarne la totale sparizione è particolarmente evidente nella nota su Calvino.
Qui è anticipata una chiave, quella della “leggerezza”, della lotta non col demone, ma con l’angelo della felicità (ma “bonheur” sta pure per “fortuna”) che trova nella scrittura il suo slancio e il suo confine. Nella mancanza di rapacità e voracità del testo di Calvino, si sente molto il levare, suggerisce Baudrillard. Si sente a tal punto che avanza la nostalgia del battere. L’assenza è vuoto, ma non è vuota di domande.
tysm literary review
vol. 16, issue 21
january 2015
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