philosophy and social criticism

“Like a bird”. Intervista a Jonathan Franzen

Vita Sgardello

Lo scorso marzo è sbarcato in Italia un cronista d’eccezione, ma sono stati in pochi, anzi pochissimi a riconoscerlo. Il suo viaggio in Italia a caccia di cacciatori e bracconieri è passato inosservato, fino a luglio quando  sul New Yorker è apparso un articolo di otto pagine intitolato Emptying the Skies – svuotando i cieli. Di uccellini, s’intende. Perché questo cronista, Jonathan Franzen, oltre ad  essere uno dei più grandi scrittori americani è anche un appassionato birdwatcher, uno che sa riconoscere, e ha visto almeno una volta, circa 600 delle 900 specie di volatili americani. Il suo giudizio sull’Italia? “La amo, ma non per il birdwatching, non sono mai riuscito a scovare molti uccelli, sembrano avere fretta di fuggire dal vostro paese …”.

Cosa l’affascina degli uccelli?

Molte cose. La loro bellezza, la loro incredibile sofisticazione, il fatto che sono il risultato di milioni di anni di evoluzione. Ho sempre amato la natura, ma è impersonale. Gli uccelli la rendono personale perché li trovi ovunque tu vada, persino nell’artico del nord, offrendoti l’opportunità di interagire con il mondo naturale.

Cosa pensa dell’Italia?

Me ne sono innamorato a 19 anni, quando l’ho visitata per la prima volta ma recentemente ho cominciato a sentire molto rancore verso l’Italia per quello che stava – o meglio non stava – facendo per proteggere l’ambiente. La rabbia verso qualcosa di molto grande, come un paese, mi invoglia fare giornalismo perché non odio le persone, le amo, e per scrivere degli articoli devi uscire di casa e parlare con la gente, e parlandoci riesci a lasciarti la rabbia alle spalle. Sapevo che anche i cacciatori e i bracconieri avevano la loro storia e, anche se non sono d’accordo con quello che fanno, è stato talmente divertente parlarci che sono finito per amare anche loro.

Perché ha scritto Emptying the Skies?

Circa otto anni fa feci amicizia con un birdwatcher tedesco che organizzava viaggi naturalistici nel Mediterraneo. Mi disse che poche persone si rendevano conto di quanti uccelli migratori venivano uccisi ogni anno in Italia, Malta e Cipro e gli promisi che non appena avessi finito di scrivere Freedom sarei tornato per scrivere un articolo per il New Yorker.

Pensava che il suo articolo potesse cambiare qualcosa?

Si, anche se mi risulta molto difficile scrivere del vero e proprio giornalismo impegnato, dove espongo un punto di vista preciso e cerco di convincere il lettore a pensarla come me. Come scrittore è nella mia natura voler ribaltare le situazioni e vederle da più punti di vista. Ma è stato difficile capire perché qualcuno avrebbe voglia di ammazzare degli esseri così piccoli e così belli.

Ed è riuscito a trovare delle ragioni?

In passato si pensava che fosse per machismo. Ma oggi ci sono studi sociologici che spiegano che sono pratiche culturali molto antiche provenienti dai tempi antecedenti alla agricoltura moderna quando le persone nei paesi mediterranei dipendevano sugli uccelli migratori come fonte di proteina. Allora si pensava che gli uccelli non sarebbero finiti mai. Oggi sappiamo che non è così e ci aspettiamo che delle abitudini antiche si adeguino in pochi anni.

Secondo lei cosa si può fare per salvare gli uccelli nel Mediterraneo?

Ho scoperto è che la maggior parte della persone nei paesi che ho visitato è contraria alla uccisione di uccelli. Ho scritto Emptying the Skies anche perché la volontà politica di cambiare le cose esiste solo se anche l’opinione pubblica lo è. Quando le cose succedono di nascosto, o quando le persone hanno paura – per esempio dei cacciatori, che girano per la campagna armati – è più difficile. Se il processo politico di un paese funziona a dovere, quando la maggioranza pensa che una determinata pratica dovrebbe essere abolita, dovrebbe essere abolita. E credo che il buon giornalismo possa fare molto.

Non si può parlare di uccellagione in Italia senza parlare di Anna Giordano, storica guardia WWF famosa sopratutto per la sua difesa dei rapaci contro i bracconieri sullo stretto di Messina. Nel suo articolo parla molto bene di lei …

Si, il suo impegno mi ha impressionato moltissimo. Quello che ha fatto in Sicilia è la prova di ciò che si ottiene con un po’ di buona volontà da parte della politica e l’appoggio della opinione pubblica.

Lei è ottimista sul futuro?

Sicuramente più di prima. Stare in casa a leggere le cattive notizie sull’ambiente ti deprime, ma appena esci e ti sporchi un po’ le mani ti rendi conto di quante ottime persone si stiano dedicando a risolvere i tanti problemi ambientali. Anna Giordano è un esempio, ma c’è ne sono molti altri, come le guardie volontarie del WWF che ho conosciuto a Salerno che si dedicano con grande passione. Quando cominci a interagire con la natura cominci ad amarla, e questo può cambiare le cose. Quindi si, la situazione globale è terribile e perderemo moltissime specie e si, credo che gli umani siano degli esseri orribili, egoisti e avari ma finché sono in grado di apprezzare la natura credo che qualche speranza ci sia.

[testo pubblicato su Panda/Ecomondo, febbraio 2011, p. 9]

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ISSN:2037-0857