philosophy and social criticism

Knut Hamsun Center

Clotilde Doni

zkzInaugurato il 4 agosto 2009, nella contea di Norland, il Knut Hamsun Center di Hamarøy risponde a un’attesa durata quindici anni. Dal 1994, infatti, disegni e modelli in scala facevano bella mostra di sé nelle riviste di architettura, anche per aver vinto, nel ’97, il Progressive Architecture Award. Dedicato allo scrittore norvegese, il Centro progettato da Steven Holl è un grande edificio nero che comprende, oltre a una biblioteca e all’auditorium, anche un ampio spazio espositivo e sorge oltre il Circolo Artico, nella zona di Presteid, luogo in cui Hamsun trascorse l’infanzia, in assoluta povertà, svolgendo i lavori più umili e formandosi una cultura da autodidatta sui libri di «cultura generale» e sui suoi amati autori russi. L’edificio con facciate esterne nero scuro, pareti interne in calcestruzzo attraversate da raggi di luce, trae ispirazione – ha dichiarato Holl – oltre che dai luoghi, proprio dalla scrittura di Hamsun, cercando di compenetrarli e, al tempo stesso, di farsene attraversare.

Il Centro ambisce quindi a presentarsi come un «doppio architettonico» della mente dello scrittore e l’idea attorno alla quale ruotano tanto la biblioteca, quanto il museo è sintetizzata da una frase dello stesso Hamsun: «Costruire un corpo: campo di battaglia di forze invisibili». Inizialmente contestato, attaccato duramente dalla stampa estera e, soprattutto, da quella norvegese il progetto è stato in parte integrato, nel corso degli ultimi dieci anni, con l’intervento di Alf zkkkkkkkEinar Øien e Aaslaug Vaa e la collaborazione dell’LY Arkitekter di Oslo.
Dichiarandolo inizialmente «troppo dispendioso» (142 milioni di corone, circa 16 milioni di euro al cambio attuale), la stampa locale ha in seguito aggiustato a suo modo il tiro e si è concentrata – con oltre trecento articoli «contra» – sulle non proprio invidiabili simpatie hamsumiane per il nazifascismo.

Un punto dolente, questo, mai del tutto affrontato e mai del tutto rimarginato nella cultura norvegese. Sostenitore del pangermanesimo, Hamsun negli anni della vecchiaia si votò, con una certa senile ingenuità (ma senza altre scusanti, va detto), alla causa hitleriana. Emblematica, a questo proposito, una scena del suo incontro con il Führer nel rifugio di Berghof, ampiamente ripresa dai cinegiornali dell’epoca e riproposta anche nel film Hamsun di Jan Troell, girato nel ’96 su sceneggiatura di Per Olov Enquist (Processo a Hamsun, Iperborea, 1996). Hamsun, ricorda Enquist, era un grande scrittore, un grande intellettuale, il problema è che volle giocare anche un ruolo politico e, soprattutto, giocarlo su un palcoscenico che non gli competeva e con attori molto più scaltri e cinici. Un uomo come lui, abituato a vivere in solitudine, figlio di un’epoca romantica, non poteva certo confrontarsi con problemi di geopolitica e strategia.

Fu indubbiamente un azzardo che non gli è stato ancora perdonato, lasciando aperte non poche ferite nelle generazioni «giovani» di una nazione altrettanto giovane invasa da Hitler nel ’40 e immediatamente tradita dal suo intellettuale di punta.

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ISSN:2037-0857