La fede che guarisce
Jean-Martin Charcot
La New Rewiew, prendendo spunto dal recente viaggio di un celebre letterato a un santuario religioso e dalle discussioni suscitate in quest’occasione, chiede la mia opinione sulla faith-healing. La questione non è di quelle che possono lasciarmi indifferente. Interessa d’altronde qualunque medico, dato che scopo essenziale della medicina è la guarigione dei malati, senza distinzioni nella procedura curativa da adottare.
In quest’ordine di idee, la faith-healing mi sembra l’ideale da raggiungere, poiché opera spesso quando tutti gli altri rimedi hanno fallito. Ecco perché da tempo, in presenza di determinati casi, ho cercato, dopo molti altri, di penetrare, per quanto si può, il meccanismo attraverso cui si produce, per utilizzare la sua potenza, ed è l’opinione che mi sono fatto in queste situazioni che mi accingo a esporre in poche parole.
Aggiungerò che in simili materie, come in qualunque altra, non bisogna mai allontanarsi dal rigore inerente alla discussione scientifica; le appassionate polemiche non servono a nulla, se non a imbrogliare tutto e a compromettere le cause migliori. Non è con affermazioni senza prove o negazioni senza fondamenti che si può sperare di risolvere la questione della faith-healing che, lo ripeto, appartiene interamente all’ordine scientifico in cui i fatti studiati a fondo e con sincerità, raggruppati in serie per trarne conclusioni, sono i soli argomenti ammissibili.
I
I fatti che, nella mia già lunga pratica specialistica, ho avuto occasione di osservare non sono isolati, tutt’altro, perché la faith-healing e il suo risultato, il miracolo – senza attribuire alla parola altro significato che quello di una guarigione operata al di fuori dei mezzi di cui di solito sembra disporre la medicina curativa -, rispondono a una categoria di atti che non sfuggono all’ordine naturale delle cose. Il miracolo terapeutico ha il suo determinismo, e le leggi che presiedono alla sua genesi e alla sua evoluzione cominciano a essere, su più di un punto, abbastanza note perché l’insieme degli eventi riferibili con quel termine si presenti con un’impronta tanto speciale da non poter più sfuggire alla nostra valutazione. D’altronde abbiamo ogni motivo di rallegrarcene, perché attraverso la comprensione più netta di queste determinazioni mettiamo sempre più a nostra disposizione le grandi risorse della faith-healing e perciò la malattia ci trova sempre meno inermi davanti a essa. Sono gli elementi stessi di questo determinismo quelli che ci accingiamo a studiare. La loro raccolta ci porterà a una conclusione che del resto posso dare immediatamente. La guarigione, di carattere speciale, prodotto diretto della faith-healing, che nella prassi terapeutica chiamano abitualmente con il nome di miracolo, nella maggioranza dei casi è, possiamo dimostrarlo, un fenomeno naturale che si è prodotto in ogni tempo, nell’ambito delle civiltà e delle religioni più varie, apparentemente più dissimili, così come attualmente lo si osserva a tutte le latitudini. I fatti cosiddetti miracolosi, e qui non ho la pretesa di affermare niente di nuovo, hanno una duplice caratteristica: sono generati da una speciale disposizione di spirito del malato, una fiducia, una disposizione a credere, una suggestionabilità, come oggi si dice, costitutive della faithhealing la cui messa in moto può essere variabile. D’altra parte, il campo della faith-healing è limitato; per produrre i suoi effetti deve rivolgersi a casi la cui guarigione richiede soltanto l’intervento del potere che lo spirito possiede sul corpo, di cui il dottor Hack Tuke ha dato, nel suo bel libro, un’analisi così degna di nota. Nessun intervento è suscettibile di farle superare i suoi limiti, perché non possiamo niente contro le leggi naturali. Per esempio, non abbiamo mai riscontrato, compulsando le raccolte dedicate alle guarigioni cosiddette miracolose,che la faith-healing abbia fatto ricrescere un arto amputato. Invece vi si trovano a centinaia le guarigioni da paralisi,ma credo che queste siano sempre state della natura di quelle che il professor Russell Reynolds2 ha definito col termine generale di paralisi dependent on idea.
II
So bene che oggi certi medici preposti alla constatazione dei miracoli, e la cui buona fede non è in discussione, sembrano portati a riconoscere che la guarigione immediata dalle paralisi o dalle convulsioni non ha niente che esuli dall’ambito delle scienze naturali. Si impegnano a dimostrare che invece certi tumori e certe ulcere tra i più ribelli sono moneta corrente nel campo della pratica terapeutica miracolosa. Non lo nego: come loro, penso che la faith-healing possa far sparire direttamente, in certi casi, ulcere e tumori, ma credo anche che le lesioni di questo gruppo siano, malgrado l’apparenza contraria, della stessa natura e della stessa essenza delle paralisi di cui parlavo in precedenza. La guarigione più o meno improvvisa dalle convulsioni e dalle paralisi era in passato considerata come un miracolo terapeutico della migliore qualità. Dato che la scienza ha dimostrato che questi fenomeni erano di origine isterica, cioè non organici, puramente dinamici, la guarigione miracolosa non esisterebbe più in tale materia. Perché questo? E se fosse dimostrato che quei tumori e quelle ulcere intorno ai quali si fa tanto clamore sono anch’essi di natura isterica, anch’essi soggetti alla giurisdizione di quella stessa faith-healing che agisce nelle convulsioni e nella paralisi, allora l’avremmo fatta finita col miracolo. Perché gettare tanti guanti di sfida alla scienza, che finisce comunque per avere l’ultima parola su tutto! È molto più semplice constatare che la pratica terapeutica miracolosa e la scienza hanno subito un’evoluzione parallela.
Dato che la faith-healing non può essere sdoppiata in religiosa e laica, è la stessa operazione cerebrale a produrre effetti identici. La scienza che evolve non ha la pretesa di spiegare tutto; così negherebbe la sua stessa evoluzione. Offre la sua interpretazione razionale mano a mano che procedono le sue scoperte, ecco tutto! In ogni caso, è nemica delle negazioni sistematiche che il suo domani fa svanire alla luce di nuove conquiste. Credo che la sua evoluzione non sia rimasta indietro rispetto a quella del miracolo; che in ogni tempo la faith-healing abbia fatto scomparire col suo solo potere tumori e ulcere di una determinata natura. In tale materia, l’ignoranza dipendeva dal fatto che non si era còlto il segreto del suo meccanismo. Benché ignoriamo ancora molte cose, constato che oggi siamo più avanzati sulla strada dell’interpretazione scientifica, e prevedo il giorno, che pure è ancora alquanto lontano, in cui la realtà evidente dei fatti non troverà più oppositori. Studiamo ora gli elementi del determinismo della faith-healing. È soprattutto nei santuari religiosi che la faith-healing ha trovato il modo di esercitarsi. In ogni tempo sono esistiti taumaturghi, da Simon Mago fino al principe di Hohenlohe all’inizio del secolo, passando per il diacono Pâris, che hanno avuto il dono di operare guarigioni definite miracolose, cioè di ispirare la faith-healing. Questi taumaturghi, essendo spesso essi stessi dei religiosi, hanno fondato santuari, e sulle loro tombe si sono riprodotti i miracoli compiuti quand’erano in vita. È in effetti da rilevare che nei santuari religiosi non è presso la divinità che si intercede, ma presso il suo profeta o i suoi discepoli. È quasi sempre un semplice mortale che, durante la vita, si è guadagnato da sé la propria beatificazione compiendo miracoli. Anzi è curioso constatare che taluni di questi taumaturghi erano colpiti dalla malattia di cui finiranno poi per guarire le manifestazioni: san Francesco d’Assisi e santa Teresa, i cui santuari vengono al primo posto tra quelli dove si verificano miracoli, erano loro stessi innegabilmente isterici. Poco importa il modo in cui si è formato il santuario; la cosa soprattutto interessante da studiare, dal punto di vista del determinismo del miracolo, è il santuario in sé. E questo determinismo diventa sorprendente quando si constata che i santuari si assomigliano tutti, sono tutti fusi nello stesso stampo. Sono rimasti gli stessi dai tempi più remoti della storia fino ai giorni nostri, copiandosi per così dire gli uni con gli altri. Questo significa già affermare che, attraverso le epoche, tra le civiltà più diverse, all’interno delle religioni in apparenza più dissimili, le condizioni del miracolo sono rimaste identiche, essendo immutabili le sue leggi di evoluzione. Prendiamo in esame per esempio l’Asclepieion ad Atene, erede diretto dei santuari dell’antico Egitto dato che, anche Asclepio, il dio guaritore, riveste spesso i tratti di Serapide, il taumaturgo dei Faraoni. In fondo al santuario, la statua miracolosa; tra i servitori del tempio, i sacerdoti-medici incaricati di constatare o di aiutare le guarigioni; è l’ufficio medico da cui gli odierni santuari non mancano di farsi affiancare, quando hanno una certa importanza.
Troviamo anche sotto i portici dell’Asclepieion una classe di personaggi davvero singolari: sono gli intercessori, quelli che svolgono la professione, in diverse città, di recarsi presso il dio guaritore per implorarne la protezione al posto dei loro clienti. In tutto il Poitou, esiste una categoria di anziane donne la cui mansione consiste nell’andare così a intercedere presso la tomba miracolosa di santa Radegonda per coloro che, mossi dalla faith-healing, non possono o non vogliono spostarsi.
Lasciamo da parte gli intermediari per considerare solo i supplici venuti per se medesimi. Da tutti i demi della Grecia, coloro che la faith-healing muove si incamminano verso il santuario per ottenere la guarigione dei loro mali. Non appena giunti, per rendere favorevole il dio, depongono sull’altare ricchi doni e si tuffano nelle acque della fontana purificatrice che scorrono nel tempio di Esculapio.
«Per Zeus!» esclama la brava donna alla quale Carione, il valletto della commedia di Aristofane, racconta le avventure allegoriche di Plutos, «bella fortuna per un vecchio essere inzuppato nell’acqua fredda!» Sono passati secoli, ma la sorgente sacra continua a scorrere. Dopo questi preliminari, i supplici vengono ammessi a passare la notte sotto i portici del tempio. È il momento iniziale dell’incubazione, novena propiziatoria, durante la quale la faith-healing si esalta sempre più, per autosuggestione, per il contagio dovuto alla vicinanza, sorta di inconscia preparazione, e allora si produce il miracolo… Quando si verifica. Coloro che trovano la guarigione nell’Asclepieion ornano le pareti del tempio di inni votivi e soprattutto di braccia, di gambe, di colli, di seni in materiale più o meno prezioso, oggetti rappresentativi della parte del corpo che era stata guarita dall’intervento miracoloso. I santuari di oggi continuano a essere ornati da questi ex voto incisi nel marmo; e alla portamille mercanti, come un tempo ad Atene, vendono braccia, mani, neonati di cera che orneranno i luoghi circostanti la tomba del santo o le pareti della grotta. Il rosario della novena durante la quale la fede si esalta ricorda la corona del musulmano che si inginocchia davanti al sepolcro del marabutto venerato. Il realizzarsi della faith-healing quindi, in ogni tempo, a tutte le latitudini, tra i pagani e i cristiani come tra i musulmani, ha assunto lo stesso carattere. I santuari e le pratiche propiziatorie sono analoghi. Solo le statue del dio guaritore sono diverse, ma lo spirito umano, che è sempre lo stesso nelle sue grandi manifestazioni, le confonde in una stessa evocazione.
III
In termini generali la faith-healing non si sviluppa spontaneamente in tutta la sua intensità curatrice. Un malato sente dire che in un certo santuario si producono guarigioni miracolose: è molto raro che vi si rechi immediatamente. Mille difficoltà materiali oppongono un ostacolo almeno temporaneo al suo spostamento: non è comodo per un paralitico o un cieco, qualunque patrimonio possieda, intraprendere un lungo viaggio. Rivolge domande alle persone che lo circondano, chiede informazioni circostanziate sulle meravigliose guarigioni di cui gli è giunta voce. Sente solo parole incoraggianti provenienti non solo dall’ambiente in cui vive ma spesso anche dal suo medico. Questi non vuole togliere al malato un’ultima speranza, soprattutto se ritiene che la malattia del suo cliente sia soggetta alla giurisdizione della faith-healing che lui stesso non ha saputo ispirare. L’opposizione, in questa circostanza, non avrebbe del resto altro effetto che quello di esaltare la credenza nella possibilità di una guarigione miracolosa. La faith-healing comincia a nascere, si sviluppa sempre più, l’incubazione la prepara, il pellegrinaggio da compiere diventa un’idea fissa. Gli sventurati privi di risorse si mortificano sollecitando elemosine che permetteranno loro di raggiungere il luogo santo; i ricchi diventano generosi nei confronti dei poveri per propiziarsi la divinità: tutti pregano con fervore e implorano la loro guarigione. In simili condizioni, lo stato mentale non tarda ad avere il sopravvento sullo stato fisico. I malati, le ossa rotte da un faticoso cammino, arrivano al santuario con lo spirito estremamente suggestionato. «La malata immancabilmente guarirà», ha detto Barwell, «essendo il suo spirito dominato dalla ferma convinzione di dover guarire». Un ultimo sforzo: un’abluzione nella piscina, un’ultima preghiera più fervida, sostenuta dalle pratiche esteriori del culto, e la faith-healing produce l’effetto desiderato; la guarigione miracolosa diventa una realtà.
IV
Quali sono gli effetti diretti della faith-healing? Quali sono le malattie nelle quali produce effetti curativi incontestabili? Per rispondere interroghiamo i documenti che troviamo nei santuari stessi. Poco sopra ho parlato degli ex voto simbolici che i malati guariti appendevano alle mura dell’Asclepieion, e che oggi ritroviamo, sempre uguali, nei santuari più venerati. Quelle braccia, quelle gambe di marmo o di cera sono rappresentazioni imperfette della realtà, perché un braccio può essere colpito da venti diverse malattie, ed è sempre lo stesso arto, la stessa forma tradizionale che scopriamo negli scavi o contempliamo negli odierni santuari. Quanto più istruttiva sarebbe stata la raffigurazione diretta, reale, della malattia! Una volta sola ho incontrato la rappresentazione di una malattia che era stata oggetto di un miracolo terapeutico. Ero in visita a un venerato santuario del Midi della Francia, in Camargue, la chiesa delle Saintes Maries. Tra gli ex voto distinsi il calco in gesso dell’arto inferiore di una ragazzina di circa dodici anni affetta da piede torto. Il calco riproduceva esattamente la ben nota figura della contrattura isterica dell’arto inferiore. La guarigione si era prodotta rapidamente, e di fianco al calco si trovava la fotografia della ragazzina, dritta sulla sua gamba, ormai liberata della sua contrattura. A parte quest’esempio particolare, l’arte del modellatore a uso dei santuari non ci insegna niente di preciso sulle malattie che vi si guariscono sotto l’influsso della faith-healing. Ma vi sono altri documenti illustrati che ci saranno di grande aiuto. I lavori di Paul Girard, ex allievo della scuola di Atene, ci hanno insegnato che le mura dell’Asclepieion erano ricoperte di pitture votive che rappresentavano, almeno in parte, le guarigioni miracolose operatesi nel luogo santo. Tali pitture non hanno resistito, come gli ex voto di metallo o di marmo, all’azione del tempo, ma le ritroviamo a ornare i santuari più moderni o a illustrare le opere che ne raccontano la storia. Possiamo quindi ragionare per analogia. Si possono trovare numerose riproduzioni di queste opere del Medioevo e del Rinascimento nel libro che ho pubblicato in collaborazione con Paul Richer sul Demoniaco nell’arte. Le riproduzioni di una guarigione miracolosa si somigliano tutte, pur con le varianti impresse loro dal genio particolare dell’artista: quasi sempre, se non sempre, si tratta della guarigione di malati affetti da convulsioni. La rappresentazione è identica nell’Evangeliario della biblioteca di Ravenna, che risale al VI secolo della nostra era, sulla porta di bronzo di San Zeno a Verona (XI secolo), o nei quadri di Rubens o di Jordaens, che adornano i santuari religiosi o i musei privati o pubblici, che generalmente li hanno prelevati da quei santuari. L’unanimità dei documenti è degna di nota. San Nilo, san Domenico, sant’Ignazio, san Martino hanno esercitato con sorprendente accordo il loro potere miracoloso per far cessare convulsioni la cui origine isterica è indubbia. Ma l’influenza della faith-healing si esercita solo sullemconvulsioni isteriche? Certamente no. Le altre manifestazioni, tanto numerose, della nevrosi le sono a loro volta riconducibili, e ne abbiamo la prova sia nei documenti illustrati, sia nei documenti scritti. Nel XIII secolo, nella basilica di Saint-Denis, la tomba di san Luigi divenne un luogo di pellegrinaggio frequentatissimo; al suo contatto si produssero numerosi miracoli. Littré ce li ha fatti conoscere e ne ha fornito l’interpretazione nella Filosofia positiva.5 In quei casi si trattava, con ogni probabilità, di contratture isteriche. In un’epoca più recente, nel XVIII secolo, il documento figurato si è associato al documento scritto, e l’opera di Carré de Montgeron, le cui tavole incise dal vero rappresentano una quantità di guarigioni miracolose, è una miniera sempre preziosa da consultare. Vi troviamo la storia illustrata della guarigione miracolosa della signorina Fourcroy e di Marie-Anne Couronneau, affette da paralisi e da contrattura isteriche. Prendo a caso questi due fatti tra i numerosi casi di cui Carré de Montgeron ci ha lasciato la relazione: si somigliano tutti. A chi mi rimproverasse di parlare sempre di isteria, prima di diffondermi sulla questione con maggiore ampiezza, risponderò con le parole di Molière: «Dico la stessa cosa perché è sempre la stessa cosa». Constato, tutto qui. Ma, mi si risponderà, i medici che oggi – come un tempo nell’Asclepieion – hanno l’incarico di constatare i miracoli operati nei santuari, pretendono che la guarigione dalle convulsioni, dalle contratture e dalle paralisi di origine isterica sia di ordine troppo naturale per giustificare un intervento miracoloso.
Anche loro conoscono l’influenza dello spirito sul corpo, e per la scomparsa spontanea delle paralisi isteriche non vale la pena che si faccia appello a una forza soprannaturale. È per tumori e piaghe che adesso trova impiego l’acqua della piscina; guarisce immediatamente le ulcere più ribelli; si dirà ancora che erano nate per influsso della nevrosi? L’evoluzione dei nostri dati scientifici mi permette di condividere, sulla questione specifica, completamente il parere dei medici dei santuari: certi tumori o certe ulcere sono soggette alla giurisdizione della faith-healing, che ha la sua fonte nelle acque della piscina sacra. Crediamo forse che questi siano fatti nuovi? In ogni tempo la faith-healing ha guarito tumori e ulcere, e aggiungo che, come oggi, la guarigione si è compiuta in condizioni perfettamente determinate di cui attualmente ci è possibile fornire il più delle volte un’analisi esatta. Mi sia consentito citarne un esempio. Si faccia riferimento alla guarigione miracolosa operatasi sulla signorina Coirin, di cui Carré de Montgeron ci ha dato la descrizione e la rappresentazione illustrata. Nel settembre del 1716, la signorina Coirin, allora trentunenne, fece una dopo l’altra due cadute da cavallo: la seconda volta cadde «sul lato sinistro dello stomaco finendo dritta su un mucchio di pietre, cosa che le causa un dolore così forte da svenirne». In capo a quaranta giorni, accusa nausea e vomita sangue durante crisi che si ripetono con frequenza e sono accompagnate da «debilità». In uno dei suoi attacchi di debilità, che le capitò tre mesi dopo la caduta, mentre le mettevano dei panni sullo stomaco, si accorsero che aveva il seno del lato sinistro estremamente duro, gonfio e tutto viola. Il chirurgo del paese, che si chiamava Antoine Paisante, essendo stato chiamato a consulto e avendo esaminato il suo seno, scoprì che aveva una grossa ghiandola che si estendeva all’indietro fin sotto l’ascella del braccio e una specie di grossa corda, larga tre dita, che giungeva fino alla punta del seno. Il chirurgo le diede dei cataplasmi, che le facevano distillare una notevole quantità di sangue dalla punta del seno senza guarirla e neppure darle sollievo, il seno le dava sempre dolore ed era sempre più duro… Si accorsero che aveva un cancro al seno dal lato sinistro, la mammella da questo lato essendo diventata grossa come la testa, eccessivamente dura e tutta infiammata.
Questo accadeva nel 1716. «Intanto il carattere aspro e corrosivo del cancro faceva sempre funesti progressi, che infine si manifestarono nel modo più spaventoso verso la fine del 1719». Una testimone oculare, Anne Giroux, ci informa «che le venne una piccola apertura purulenta sotto la mammella sinistra; che tale apertura crebbe sempre più, conquistando tutta la parte circostante la punta del seno, e che la circondò in pochi giorni, cosicché la punta del seno cadde in un pezzo». Aggiunge che ha visto «la punta del seno staccata dalla mammella, che venne conservata tre giorni su di una salvietta per mostrarla ai chirurghi che avevano in cura la signorina, e che aveva o che c’era al posto della punta un buco un po’ più largo di una moneta da dodici soldi, che sembrava abbastanza profondo, e da cui usciva in continuazione un’acqua che puteva come una carogna».
Nel 1720, due chirurghi proposero l’amputazione del seno, ma la madre della signorina Coirin rifiutò di acconsentire all’operazione, non dovendo questa essere altro che palliativa, poiché la malattia cancerosa era dichiarata incurabile. «Dato che sua figlia non era certa di guarire con l’operazione, lei era incline a risparmiargliela e, morire per morire, bisognava in ogni modo che non soffrisse». Aggiungiamo che dal 1718 la malata era stata colpita all’improvviso durante la notte da una paralisi di tutto il lato sinistro. Le prese un intorpidimento nel braccio sinistro che durante la notte degenerò in paralisi che le tolse completamente l’uso di tutto il lato sinistro; da quel momento le è stato impossibile fare alcun movimento con il braccio e con la mano sinistra, che restarono per sempre freddi come il ghiaccio, e poteva spostarli solo prendendoli col braccio destro, spingendo la gamba sinistra con la destra, e le cose restarono così fino alla notte tra l’11 e il 12 agosto 1731. Che anche la sua coscia e la sua gamba si ritirarono così che aveva una cavità sotto l’anca abbastanza profonda da poterci mettere il pugno, e che, siccome i nervi della gamba si erano ritirati, la gamba sembrava considerevolmente più corta dell’altra… La gamba sinistra era tutta ritirata all’indietro e come accartocciata, ed era pallida, tutta secca, fredda come il ghiaccio, anche al culmine della calura estiva. Il 9 agosto 1731 si rivolge a una virtuosa donna di Nanterre, la incarica di dire per lei una novena sulla tomba del beato François de Pâris, di appoggiarvi una camicia e di portarle della terra prelevata dal sepolcro. L’indomani, 10 agosto, la pia donna si reca a San Medardo… La sera dell’indomani 11 agosto, appena la moribonda si è fatta mettere la camicia che aveva toccato la preziosa tomba, prova all’istante la virtù benefica che essa vi aveva attinto. Costretta dalla paralisi a stare costantemente sulla schiena, si rigira da sola nel suo letto. L’indomani 12, si affretta ad applicare da sola sul proprio “cancro” la preziosa terra, e «subito nota con ammirazione che il profondo buco del seno, da cui usciva continuamente da dodici anni un pus corrotto e infetto, si era seccato all’istante e cominciava a richiudersi e a guarire». La notte seguente, nuovo prodigio. Gli arti paralitici, che da tanti anni rappresentavano gli arti di un corpo morto con la loro freddezza raggelante, i loro segni spaventosi e il loro orribile accorciamento, si rianimano di colpo; già il braccio ha ripreso vita, calore e movimento; la gamba ritirata e rinsecchita si piega e si allunga; già la cavità dell’anca si riempie e scompare; lei prova se potrà fin dal primo giorno servirsi degli arti nuovamente ritornati alla vita, ma la cui magrezza porta ancora la livrea della morte; si alza da sola, si regge sulla punta del piede della gamba che da così lungo tempo era molto più corta dell’altra; usa facilmente il braccio sinistro, si veste e si acconcia con le proprie mani. Il miracolo era compiuto: tuttavia, bisogna aggiungere che la piaga del seno era completamente cicatrizzata solo alla fine del mese; che solo il 24 settembre poté uscire e il 30 settembre salire in carrozza. Confesso che solo dieci anni fa l’interpretazione di tutti gli elementi di questo curioso caso osservato avrebbe offerto molte difficoltà; la natura isterica delle nausee con vomito di sangue e della paralisi non avrebbe destato dubbi, ma alla paralisi si accompagnava l’atrofia. Ebbene, è oggi dimostrato in modo indubbio che l’atrofia muscolare accompagna tanto spesso la paralisi o la contrattura isterica da essere già stati pubblicati più di venti casi analoghi a quello della signorina Coirin. Ma, si dirà, il cancro al seno, quel cancro ulceroso, era anch’esso una manifestazione isterica? Assolutamente sì, purché si sia disposti ad ammettere che il termine “cancro” qui non va preso alla lettera e nella sua accezione istologica moderna. Le ulcerazioni persistenti della pelle non sono rare nella nevrosi, lo provano le piaghe di san Francesco d’Assisi e le stigmate di Louise Lateau.
La signorina Coirin presentava al livello del seno i fenomeni di edema isterico menzionati per la prima volta dall’illustre Sydenham, edema duro, edema blu o violaceo, come l’ho chiamato, e oggi sappiamo, dopo i lavori del professor Renaut di Lione, che l’edema, quando raggiunge un certo grado di intensità, può comportare cancrene cutanee le cui èscare8 lasciano come conseguenza ulcerazioni analoghe a quella che aveva distrutto il capezzolo nel caso citato sopra.
Leggevo recentemente una memoria molto interessante del dottor Fowler. Vi si troverà la relazione di otto casi nei quali esistevano nel seno tumori unici o multipli che superavano a volte il volume di un uovo di gallina. Molte malate consultarono chirurghi celebri; questi in maggioranza considerarono, a quanto pare, l’affezione del seno di natura organica e proposero l’ablazione dell’organo. Ma il dottor Fowler, più avveduto, sottomise le sue pazienti, che erano tutte isteriche, a un trattamento nel quale l’elemento psichico sostenne, per così dire, tutte le spese, e i tumori che erano stati considerati soggetti alla giurisdizione dello strumento tagliente scomparvero senza tardare troppo. Se quelle donne, munite dei referti delle visite che optavano per una neoplasia, forse per un cancro, si fossero recate a un santuario, come dubitare che sarebbero state guarite da una malattia giudicata incurabile? Il dottor Fowler conosceva bene nelle sue malate l’influenza della faith-healing, dato che ci dice a chiare lettere parlando di una di loro (e probabilmente lo stesso valeva per le altre): «Like all women of similar temperament, she had a fetish-like-faith in her regular medical attendant». Questi casi, e anche tutti gli altri, mostrano bene che la guarigione, che sia detta soprannaturale o no, sopraggiunta sotto l’influsso della faith-healing obbedisce a leggi naturali, e queste sono ancor più evidenti quando si penetra più a fondo nell’analisi dei fatti. Così, per esempio, in tutti i casi il carattere immediato della guarigione è molto più apparente che reale.
Prendiamo per esempio la contrattura isterica. Sotto l’influsso della faith-healing o di qualunque altra causa più o meno ritenuta miracolosa, la rigidità cessa, i muscoli sono di nuovo in grado di entrare in azione. In questo momento e nei giorni seguenti, un esame attento mostra che, nell’arto che ha subìto la contrattura, persistono disturbi della sensibilità, esagerati riflessi tendinei, consueti compagni della contrattura. È una legge fisiologica che questi fenomeni non scompaiano immediatamente, e che fino a quando persistono, come ho molto spesso mostrato nella mia Clinica, si può sempre temere un ritorno offensivo della paralisi o della contrattura. Questi fenomeni non si pensa a cercarli nei santuari, ma io li ho notati spesso nei malati guariti in un luogo santo come in quelli la cui guarigione si era ottenuta alla Salpêtrière: le differenze non stanno nei fatti in sé, ma nell’interpretazione che se ne fornisce. A maggior ragione il determinismo è ancor più evidente quando alla paralisi si accompagna l’atrofia, quando l’edema produce cancrena cutanea, tutti fenomeni la cui evoluzione è apprezzabile anche per gli osservatori meno sperimentati.
Torniamo a questo proposito alla signorina Coirin. Sotto l’influsso psichico determinato dall’applicazione della camicia che è stata a contatto con la tomba del diacono Pâris, l’edema, disturbo vasomotorio, è scomparso quasi immediatamente, il seno ha assunto di nuovo il suo volume normale. In questo fatto non c’è niente che possa sorprenderci, poiché sappiamo con quanta rapidità possano apparire e scomparire i disturbi circolatori. Quando l’edema non esiste più, le condizioni locali del nutrimento dei tessuti sono felicemente modificate, la piaga del seno potrà presto cicatrizzarsi in virtù di leggi fisiologiche altrettanto ben note di quelle che in precedenza erano state responsabili della comparsa della cancrena. Ma la cicatrizzazione completa richiede un tempo normale, sufficiente per compiersi, e in effetti solo quindici giorni dopo la pelle dell’organo è diventata liscia, indenne da ogni ulcerazione in via di cicatrizzazione. L’elemento contrattura o paralisi può apparire o scomparire all’improvviso. È un fatto ben noto che una violenta emozione ci inchioda al suolo senza che possiamo muovere gli arti. Una volta che l’impulso motorio, partito dal cervello, si è ristabilito, siamo in grado di camminare di nuovo. Ma se durante la paralisi i muscoli si sono atrofizzati, l’arto riprenderà la sua forza e il suo volume solo quando i fasci muscolari si saranno rigenerati, e la rigenerazione, alla quale pure presiedono leggi fisiche, richiede un tempo sufficiente per compiersi. Questo è ancora una volta il caso della signorina Coirin, che poté servirsi della gamba atrofizzata per salire in carrozza solo venti giorni dopo una guarigione considerata improvvisa. È anche il caso di Philippe Sergent riferito da Carré de Montgeron. Il 10 luglio 1730, terzo giorno della sua novena sulla tomba del diacono Pâris, viene guarito di una contrattura degli arti sul lato destro, con atrofia. «Ma – dice esplicitamente il narratore -, la mano, la coscia e la gamba destre non ripresero il loro volume sul momento, bensì solo il color carne», dato che, come per la signorina Coirin, erano colpite dall’edema blu isterico. L’atrofia non ha potuto sottrarsi alla legge fisiologica della rigenerazione muscolare. Di tutto ciò non parlo certo senza poter invocare un’esperienza un po’ particolare. Ho visto ritornare da santuari in voga malati che vi erano stati mandati col mio consenso, non avendo saputo io stesso ispirare loro la faith-healing. Ho esaminato i loro arti colpiti qualche giorno prima da paralisi o da contrattura e ho assistito alla graduale scomparsa delle stigmate sensitive locali che persistono quasi sempre ancora qualche tempo dopo la guarigione dell’elemento paralisi o contrattura.
V
Per riassumere, credo che, perché trovi modo di esercitarsi, alla faith-healing occorrano soggetti speciali e malattie speciali, quelle che rientrano nell’ambito dell’influsso che lo spirito possiede sul corpo. Gli isterici presentano uno stato mentale eminentemente favorevole allo sviluppo della faithhealing, poiché sono i primi a essere suggestionabili, sia che la suggestione si eserciti per influenze esterne, sia soprattutto che traggano da se stessi gli elementi così potenti dell’autosuggestione. In questi individui, uomini o donne, l’influsso dello spirito sul corpo è tanto efficace da produrre la guarigione di malattie che l’ignoranza – in cui si era ancora non molto tempo fa -, della loro vera natura faceva considerare incurabili. È questo il caso di quei disturbi trofici di origine isterica che oggi cominciamo a conoscere bene: atrofia muscolare, edema, tumori con ulcerazioni. D’ora in poi quando si sentirà parlare dell’improvvisa guarigione, in un santuario, di un cancro ulcerato al seno, si richiami alla memoria il caso della signorina Coirin e ci si ricordi dei fatti recentissimamente osservati dal dottor Fowler. Dobbiamo forse dire che fin d’ora conosciamo tutto in quell’ambito del soprannaturale tributario in primo luogo della faith-healing e che vede ogni giorno restringersi le sue frontiere per l’influsso delle acquisizioni scientifiche? Certamente no. Pur continuando a cercare sempre, bisogna saper aspettare. Sono il primo a riconoscere che oggi:
There are more things in heaven and earth
Than are dreamt of in your philosophy.