philosophy and social criticism

La nostalgia del diavolo

Francesco Paolella

Il film Liberami, realizzato l’anno scorso da Federica Di Giacomo, ci fa tornare indietro nel tempo, ma solo apparentemente. I protagonisti, uomini e donne, anche molto giovani, frequentano “messe di liberazione” e vengono poi anche sottoposti a veri e propri esorcismi. Sono persone che vivono una condizione di fragilità, di vulnerabilità, di malattia: non si sono accontentate delle risposte proposte dalla medicina e dalla psicologia e sembrano davvero indisponibili a restare abbandonati in quella stessa fragilità. Per riuscire a sopravvivere, a convivere quotidianamente con il proprio disagio, eccoli andare alla ricerca del loro demone, eccoli fare chilometri e chilometri per incontrare, magari anche una volta alla settimana, il loro guaritore preferito, un esorcista che possa riconoscerli “ufficialmente” come vittime del diavolo; un prete che possa allo stesso tempo consegnarli a un potere troppo forte e liberarli da esso.

Questo delle possessioni demoniache è solo all’apparenza un fenomeno residuale e “arcaico”. In realtà, non fa che ricordarci quanto il pensiero magico, in questo caso sotto la forma di esorcismi, possessioni e malefici, sia ancora vivo. Il pensiero magico è davvero molto forte.

Pensiamo soltanto alla nostra “cultura spam”, a tutte le promesse di potere e di liberazione che ogni giorno ci vengono proposte e a cui vorremmo spesso poter cedere: guadagnare milioni “comodamente da casa”, diete miracolose che non comportino fatica; ma anche tutte le cure “alternative” (dall’omeopatia in giù) per le malattie più tremende.

Entrando nel mondo delle possessioni, si ha come l’impressione che i diversi protagonisti (esorcizzati ed esorcizzatori) rincorrano un vecchio ideale – quello appunto del Maligno da riconoscere e combattere – e che, pur vedendolo ormai scolorito e marginale, si ostinino a consegnargli il senso del proprio soffrire e del proprio agire.

Un cappuccino romagnolo, un esorcista ufficiale, ufficiale perché opera “con licenza del Vescovo”, padre Paolo Carlin, ha appena pubblicato un volume, De cura obsessis (edizioni San Paolo, 16 euro) che vuole essere una specie di manuale per fare “discernimento” e riconoscere i segni di una possibile possessione demoniaca.

Si tratta di una lettura impegnativa, perché orientata a mostrare, e anzitutto ai cattolici più scettici, la realtà di Satana e la necessità degli esorcismi. Padre Carlin parte appunto dalla constatazione di quanto sia forte il pensiero magico nella nostra vita, ovviamente però contrapponendolo a quello cristiano. La superstizione e l’occultismo di massa, propagati tanto da maghi più o meno improvvisati quanto dalle filosofie New Age, non sono per lui che l’ultima forma di una eterna “cultura satanica”. Al di là dei giudizi specifici del nostro esorcista (tutti facilmente intuibili, sulla vita sociale, sui generi musicali o sul “gender”) è interessante seguirne: il diavolo non è un mito, egli agisce, ha una storia (seppur eterna) e ha un ruolo nella vita di tutti gli uomini. Per sostenere la propria visione, che vuole rigorosamente fedele ai testi sacri e al magistero della Chiesa, eccolo citare anche l’ultimo concilio e l’attuale papa. Dice Francesco:

«A questa generazione e a tante altre hanno fatto credere che il Diavolo fosse un mito, una figura, un’idea, l’idea del male. Il diavolo esiste e noi dobbiamo lottare contro di lui. Una presenza reale che agisce nascosto anche se si è scettici o si è poco convinti» (p. 45).

Se dunque la società attuale è così diabolica, che cosa si può fare? La “terapia”, valida per tutti, è quella tradizionale: pregare, frequentare la Chiesa, evitare maghi, lezioni di yoga e gruppi esoterici… Ma può non bastare:

«È in crescente aumento il fenomeno di persone, sia fedeli, sia atee, che vivono sofferenze a cui i medici non trovano precise cause e cure cliniche; che affermano di aver ricevuto malefici o fatture; che parlano di fenomeni strani in casa o sulla loro persona» (pp. 66-67).

La magia, i sortilegi, l’occultismo non sono tutto un imbroglio: tutto ciò non deve semplicemente essere negato, ma piuttosto temuto. Poteri enormi possono investirci e travolgerci. Bisogna stare attenti, e anzitutto agli oggetti con cui entriamo in contatto (anche con i souvenir che ci portano dall’estero e che potrebbero essere portatori di malefici!). A tratti, il nostro esorcista sembra davvero temere più di tutto la concorrenza (peraltro tradizionale) di maghi e guaritori; ed egli rivendica per sé, per il proprio ruolo, una specie di esclusiva, anche all’interno della Chiesa.

Le indicazioni “pratiche” del nostro autore, utili tanto ai sacerdoti quanto ai laici, per aiutare a capire se possa esserci (in un luogo o in una persona) un intervento straordinario del diavolo, non possono essere ovviamente molto precise: d’altra parte, la stessa possibile “competizione” (per quanto più volte negata) con gli psichiatri, viene risolta affermando che possono esserci casi in cui una persona con disturbi mentali possa avere nello stesso tempo anche “disturbi spirituali”.

Come si fa a discernere, allora? Anzitutto vedendo gli effetti della preghiera: come reagisce il soggetto a orazioni e benedizioni recitate solo mentalmente davanti a lui?

«Se le reazioni o sensazioni da parte del fedele sono state: giramenti di testa, l’avvertire la mano del sacerdote imposta sulla testa come un peso insopportabile, eruttazioni e tossi continue, vomito, calore, bruciore o brividi di freddo, sensazioni come di scosse elettriche nel corpo, dolori acuti, sussulti dallo stomaco, nausea, senso di soffocamento, desiderio di interrompere la preghiera e di fuggire, senso di svenimento o di prostrazioni ecc., sarà opportuno verificare se questi fenomeni si ripetono in benedizioni successive e quindi indirizzare all’esorcista» (p. 129).

I “segni” a volte apparirebbero inequivocabili. Nessuno, nemmeno il diavolo, è più forte di un esorcista accorto; ma niente è più forte del bisogno, che alcuni hanno, di “usare” quello stesso suo potere, per trovare un senso al proprio male.

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