La scienza dell’occulto. I fantasmi di William James
Francesco Paolella
Il massimo della scientificità e il massimo del misticismo: tenere assieme biologia, psicologia, filosofia e tutte le ataviche credenze nel sovrannaturale e nell’occulto. Fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento è esplosa, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, una vera e propria moda: quella dei medium, delle sedute spiritiche, degli esperimenti ipnotici e degli spettri finalmente riconosciuti. Tanti uomini di scienza, intellettuali scettici e rigorosi, altrimenti confidenti soltanto nei fatti positivi, hanno subito l’indubbio fascino dato dalla presunta possibilità di oltrepassare la soglia, di entrare in contatto con un mondo ultraterreno, fino a raggiungere persino che il regno dei morti. William James, padre della psicologia moderna ed esponente di spicco del pragmatismo americano, è stato fra questi. La sua è stata una vera e propria vocazione per lo studio del paranormale. Lungo decenni e decenni di ricerche sul campo, James ha partecipato, e da protagonista, al circuito di coloro che, attorno alla Società per la ricerca psichica, hanno creduto di poter cogliere qualcosa oltre le apparenze del visibile. E di farlo penetrando più profondamente nella realtà della coscienza umana. Alla base anche dello sguardo di James sui fenomeni più o meno inspiegabili, c’è una visione sostanzialmente evoluzionista: il progresso scientifico potrà finalmente spiegare l’origine della coscienza umana e fare luce sulle diverse forme del disagio mentale, sulle diverse manifestazioni psicopatologiche.
La moda dello spiritismo, che ha portato alla ribalta medium come l’italiana Eusapia Palladino, ha finito ovviamente per polarizzare le opinioni del mondo scientifico e James, pure fra tante cautele e non pochi ripensamenti, ha continuato sempre a tenere aperta la porta a possibili, eclatanti scoperte: non si è voluto chiudere nei pregiudizi che, a suo dire, caratterizzavano il mondo accademico con le sue ortodossie. Ciò che più lo interessava, era la possibilità di non rifiutarsi la possibilità di una via di fuga dalle strette della neurofisiologia verso l’irrazionalismo, senza dovere cadere, per questo, nella vecchia metafisica.
Certo, fa impressione oggi leggere di rigorose analisi scientifiche applicate al campo della telepatia, della telecinesi o della levitazione; oppure leggere pagine e pagine di puntuali trascrizioni di sedute spiritiche. Ma c’era, anche in uomini come James, una spinta verso l’ignoto, che si credeva prossimo ad essere illuminato. Questi scritti dello psicologo americano sembrano dirci, a noi uomini ancora più disincantati dei suoi contemporanei, di non accontentarsi del facile ruolo di benpensanti.
Le ricerche psichiche hanno provato, oggi diremmo con non poca ingenuità, a sondare l’occulto con i metodi della scienza positiva. Con esse si è voluto penetrare, nonostante il fatto che le evidenze fossero sempre insufficienti, il campo, per definizione insondabile, dell’io profondo, degli automatismi, dei prodigi della memoria.
Davanti a fenomeni “inspiegabili”, James non si è mai saputo rassegnare all’idea che si trattasse soltanto di assurdità e sciocchezze. Nel mondo degli spiriti ha voluto vedere, quasi con ostinazione, un campo inedito di studio della storia naturale. Sotto la naturale tendenza umana alla superstizione, egli ha visto qualcosa di radicale e profondo, e ha creduto di poter ottenere un rapporto con il misterioso “mondo della verità”.
È curioso, indubbiamente, vedere nella stessa mente scetticismo e credulità: James in questo non è stato che il tipico rappresentante di una generazione di scienziati che ha amato il paranormale, creando un mondo di fantasmi.
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philosophy and social criticism
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