philosophy and social criticism

Necromanzia

Luciano Parinetto

Come morti nei loculi, i miei libri,

autore per autore, in pace giacciono.

Da quell’ossario di scritture, a volte,

esumo di un ex-vivo qualche membro,

e per umanità quei morti parlano.

Ma il rito necromantico è possibile

solo a chi del suo sangue e dei suoi nervi

un poco a quei defunti ha fatto dono.

Non torna in vita, chi vita non beve

da chi del giorno ancora vede il lume.

Niccolò: non esiste un sopramondo

dove intatti quei grandi hanno dimora:

è dal precario e fragile andamento

del nostro vivere che essi dipendono.

È il poco o molto amore che gli diamo

che ancora umanamente li trasmuta,

da larve, come sono, in viva vita.

È il vivo, che dà vita e si trasmuta,

quanto più dentro ha vita e mente e cuore,

nel genio, che, se morto, è ossificato

nell’aldilà del mondo e resta muto,

se lo spirito vivo non lo rianima.

E così Dante o Schubert (ed ogni altro)

è la mia vita che li desta in vita.

Il loro genio è nulla, se una piccola

scintilla, che sia mia, non lo riaccende.

Questo è il mistero della comunione

fra vivi e morti: solo con l’amore

ciò che l’amore ha fatto dura in vita.

Se, per umanità, tu non li interroghi,

la loro umanità rimane muta.

Ser Niccolò: quel sopramondo esiste,

ma solo se, nel mondo di quaggiù,

qualcuno con amore ad esso intende.

E per amore, se sarà che io muoia,

viva qualcuno, che mi torni in vita!

10 novembre 1990

z11[Proveniente da un manoscritto recante la firma “Anonimo bresciano”, la poesia è stata pubblicata nella raccolta postuma – a firma Luciano Parinetto  – dal titolo Ende kasillabi 1992, Gam Editrice, Rudiano 2004]z21