Palantir e il capitalismo della sorveglianza
di Marco Dotti
Palantir — in Quenya, l’antico elfico, una delle lingue inventate da J. R. Tolkien — letteralmente: «coloro che sorvegliano da lontano». Pietre veggenti attraverso cui leggere eventi futuri, passati, presenti.
I nomi, si sa, non vengono a caso a chi ha testa per pensare e mezzi per agire. Peter Andreas Thiel, per esempio. L’allievo di René Girard, già consulente di Credit Swisse, co-fondatore di piattaforme (PayPal), angelic investor del primo Facebook e LinkedIn ha vista lunga, intuito fino, capacità d’azione e di visione. E buon gusto per i nomi.
Come chiamare, allora, una società di intelligence avanzata e analisi sui big data, fondata quando di big data ancora non si parlava, fornitrice di governi e agenzie di mezzo mondo?
Palantir Inc., preveggenza. Per capirci: la start-up Cambridge Analytica, di cui si è scritto e parlato, era solo una minuscola punta dell’iceberg Palantir. Un iceberg che si configura (anche) come meta-start-up: incubatore di incubatori.
Veniamo all’oggi e alla grande partita dei dati sanitari e di sicurezza. Oggi è il Regno Unito (ma non solo, nel novero rientra anche la Germania) a essere sotto i riflettori per i contratti con Palantir, segnalati come “poco trasparenti”. In sostanza, il Governo inglese conferma l’esistenza di contratti con Palantir, ma non risponde alle richieste di accesso agli atti.
Chi solleva la questione lo fa segnalando che Palantir, attraverso forniture di infrastrutture e servizi tech, sta ramificando la propria sfera di influenza all’interno di vari enti pubblici.
Negli USA, Palantir ha legami da sempre con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DOD), l’Immigration and Customs Enforcement (ICE) e, ovviamente, la Central Intelligence Agency (CIA). Vi è inoltre chi ritiene che Palantir sia solo un’estensione di quest’ultima. I rapporti politici di Palantir sono oggetto di una vasta e, tutto sommato, inutile narrativa.
Meno sondati, anche se altrettanto noti, quelli tra data mining e operatività di Palantir.
Tra i co-fondatori, oltre a Thiel, figura anche Joe Lonsdale, attuale presidente di OpenGov, che si occupa di software cloud-based per i governi. Recentissima la dichiarazione di possesso quote da parte di George Soros (l’1% di quote acquistate nel 2012): il 17 novembre il Soros Fund Management (SFM) ha dichiarato di non approvare l’operato della società che, tramite i suoi software di sorveglianza appaltati in mezzo mondo, viene descritta come the company that “knows everything about you”.
Utile leggere la dichiarazione del SFM: «SFM non approva le pratiche commerciali di Palantir. SFM ha effettuato questo investimento in un momento in cui le conseguenze sociali negative dei Big Data non erano ancora comprese. Oggi SFM non farebbe un investimento nella Palantir».
Singolare ma non troppo, perché pochi giorni dopo il presidente eletto Joe Biden ha nominato Avril Haines director of National Intelligence Agency. Haines coordinerà le agenzie intelligence, dopo essere stata tante cose (i giornali si concentrano sul suo ex lavoro come libraia e sulla sua passione per lo judo, ma la sua biografia comprende ruoli di primo piano nella sicurezza e nei servizi).
Con un problema, per l’adviser di Biden: il suo rapporto di consulenza con Palantir. Un dato che, anche secancellato dalle biografie più recenti, non è passato inosservato.
Se il cerchio dell’ultimo anello si sia chiuso o si sia aperto è ancora presto per dirlo.
D’altronde — ma qui è Tolkien a dirlo, non altri: soprattutto, non noi— «colui che non ha visto il calar della notte, non giuri di inoltrarsi nelle tenebre».