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Dario Borso
Louis F. Destouches (n. 1894 alla periferia di Parigi) si laureò in medicina il primo maggio 1924 con una tesi di storia medica, stampata a sue spese sei mesi dopo in un numero limitatissimo di copie. Una sintesi de La vie et l’œuvre de Philippe Ignace Semmelweis 1818-1865 (così si chiamava la tesi) era nel frattempo apparsa col titolo Les derniers jours de Semmelweis in “La Presse médicale” del 25 giugno. Nel numero successivo della rivista Tiberius de Györy, editore delle Opere Complete del medico ungherese,[1] segnala diversi errori (tra cui quello madornale sul tasso d’infezione puerperale, del 31%, e non del 96%), ma Destouches non riterrà opportuno correggerli manco nella copia inviata (senza successo) alle edizioni della “NRF” nel luglio 1928. La vie et l’œuvre de Semmelweis uscirà finalmente a cavallo tra il 1936 e il 1937 per i tipi parigini di Denoël & Steele, a nome Louis-Ferdinand Céline e in appendice a Mea culpa – con due modifiche: una prefazione, che va a sostituire quella paludata della tes,i e un esergo da Fernand Widal, che va a sostituire quello primitivo da Romain Rolland.[2]
L’operetta è un pistolotto/polpettone/panegirico giocato sulle coppie antinomiche genio/volgo, ragione/follia ecc. e orchestrato dal destino con la D (che compare a ogni piè sospinto a maggior gloria di una piccola borghesia già da tempo adusa ai miti di Rimbaud e Van Gogh, oltre che al tiro della cinghia). Fece colpo sulla commissione (notorio il debole umanistico dei medici-professori – in più tra loro c’era il suocero di Louis) e soprattutto sul laureato stesso, che coi panni di Semmelweis si presenterà anni dopo sulla scena letteraria: genio incompreso, medico-che-scrive etcetera. Ci voleva però il movente, che giunge appunto nel 1936, per la scarsa accoglienza di Mort à crédit dopo il successone di Voyage au bout de la nuit. Salvati cielo! Con Mea culpa (primo dei quattro pamphlets antisemiti, unico a risultare inserito nelle Oeuvres) si scaglia contro i comunisti, e con La vie et l’oeuvre de Semmelweis “mostra il pericolo di voler troppo bene agli uomini”.
Erich F. Podach (n. 1894 alla periferia di Budapest), si laureò in medicina il 25 aprile 1921 con una tesi psichiatrica, filone che proseguì editando il collettaneo Körper, Temperament und Charakter (Ullstein, Berlin1927). Nel frattempo gli era nata la passione per Nietzsche, o contro Nietzsche, o contro almeno la sorella. Il risultato furono quattro libri [3]: Nietzsches Zusammenbruch (ed. “Jenaer Kranken-Journal”, 1930), Gestalten um Nietzsche (Liechtenstein, Weimar 1932), Der kranke Nietzsche (Bermann, Wien 1937) e Friedrich Nietzsche und Lou Salomé (Niehans, Zürich 1938). Tutt’e quattro hanno un solo obiettivo: smontare il mito di Nietzsche alimentato dal Nietzsche-Archiv oltreché dal fior fiore dell’intellighenzia tedesca (da George a Mann). E su cosa si basava il mito? Sulle coppie genio/volgo, ragione/follia usw.
Dopo la guerra, nel 1947 Podach pubblicherà Ignaz Philipp Semmelweis, per la collana biografica “Leben und Schaffen” della Volk & Wissen di Lipsia. Due i punti sottolineati: 1. la scoperta di Semmelweis non è un colpo di genio, ma il frutto di una ricerca laboriosa; 2. la ricezione della sua scoperta non si spiega con una “teoria” del complotto, ma si frastaglia in una serie di reazioni che vanno dall’accoglienza al rifiuto e che vengono da realtà assai concrete. Alla faccia dell’esaltazione e/o della paranoia.
Note
[1] Semmelweis’ Gesammelte Werke, a cura di T. von Györy, 8 voll., Fischer, Jena 1905.
[2] Il quale suonava: “La nuit du monde est illuminée de lumières divines”. L’esergo nuovo è da F. Widal, Étude sur l’infection puerpérale, la phlegmatia alba dolens et l’érysipèle, Steinheil, Paris 1889, p. 69.
[3] I primi due entusiasticamente recensiti da W. Benjamin su “Die literarische Welt” del settembre 1932.
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ISSN:2037-0857