philosophy and social criticism

Terrore e terrorismo

Francesco Paolella

Francesco Benigno, Terrore e terrorismo. Saggio storico sulla violenza politica, Einaudi, 2018, 366 pagine

Fa un po’ girare la testa questo libro sulla storia del terrore politico e dei terrorismi. Il lettore, specie quello poco “pratico” del tema, rischia di perdersi fra le sigle dei gruppi rivoluzionari o controrivoluzionari, fra i nomi dei governi e dei partiti al potere nei paesi di tutti il mondo. A prima vista, ciò che emerge è proprio la globalità del fenomeno terrorismo, diffusosi negli ultimi due secoli. Non c’è luogo dove gli attentati, gli omicidi politici, le stragi non siano divenuti un’arma politica, una terribile arma politica. In particolare, il Novecento, che è stato un secolo eversivo al massimo grado, ha mostrato in maniera lampante la consustanzialità fra terrorismo e processo rivoluzionario. Le bombe sono diventate stabilmente uno strumento idoneo per fare pressione nel campo politico tanto interno quanto internazionale e sono diventate, soprattutto, un formidabile strumento di pressione sulle opinioni pubbliche.

È soltanto negli ultimo trenta o quarant’anni che la politica (la lotta delle classi oppresse, dei popoli colonizzati…) ha lasciato il posto ad altri quadri ideologici: da allora, sono la religione e, più in generale, l’identità di una comunità (ideale o reale, dominante o dominata, ma che è comunque in pericolo e che va difesa) a essere divenute la fonte principale da cui nasce la violenza terroristica. Oggi il terrore rappresenta più che mai il “male assoluto”, ma il terrore è, in generale, un ingrediente purtroppo essenziale nella vita moderna, e ciò specialmente da quando la psicologia collettiva si è imposta come arma indispensabile nelle battaglie per il potere.

La parte più interessante di questo libro è senza dubbio quella iniziale, dedicata al terrore durante la Rivoluzione francese, vero evento fondatore anche proprio per la storia di cui si è occupato qui Benigno. Dagli ultimi anni del Settecento è emersa sempre più chiaramente l’arbitrarietà interessata nella definizione stessa di terrorismo un atto che da un lato della barricata è resistenza, dal lato opposto è terrorismo. Sotto traccia, allo stato latente, semmai solo nelle menti di pochi esaltati, una guerra civile è sempre presente dopo tutto nelle nostre società. Ed è facile passare dallo status di (autodefiniti) patrioti a quello di criminali e mostri assassini. Al fondo, ciò che resta è l’idea per la quale, per i gruppi terroristici, la pace non sia che una finzione. Nessuno è innocente, il nemico (di classe, di fede, di patria) è ovunque e chiunque può meritare la morte. Questo delirio di una guerra perenne trasforma facilmente un piccolo gruppo (o anche un “lupo solitario”) in un sedicente partigiano. E questo delirio diventa poi una risorsa utile a chi vuol difendere lo status quo, a chi, nell’incertezza e nella sfiducia, sa rafforzarsi. La storia dei movimenti terroristici è infatti, ovviamente, anche una storia del controterrorismo, inteso sia come dispositivo messo in campo dai governi per soffocare ogni spinta eversiva, sia come arma che spesso e volentieri è stata utilizzata (le varie “strategie della tensione”) per diffondere confusione, paura e bisogno d’autorità nelle opinioni pubbliche. Alla figura del terrorista (quanto mai versatile e non limitabile a un “tipo” ben definito) si è da sempre affiancata quella dell’agente provocatore, dell’infiltrato.

Il terrorismo torna e ritorna sempre; non appare più ormai come una patologia del vivere politico, né una sua disfunzione, ma come la semplice, oscena esplosione di forze che, in ogni momento, attraversano le comunità umane, spingendole all’autodistruzione. Il terrorismo è stato spesso il frutto di una perversione della virtù e dell’ansia di giustizia; ed è stato altrettanto spesso la miglior vittoria di governi ingiusti e per nulla virtuosi. Fin troppo spesso il terrore è stato utilizzato come sistema di governo: sembra davvero che senza paura non si possa essere governati, né vivere insieme.

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