philosophy and social criticism

Un popolo

di Ignazio Buttitta

Un popolo
mettetelo in catene
spogliatelo
tappategli la bocca
è ancora libero.

Levategli il lavoro
il passaporto
la tavola dove mangia
il letto dove dorme,
è ancora ricco.

Un popolo
diventa povero e servo
quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri:
è perso per sempre.

Diventa povero e servo
quando le parole non figliano parole
e si mangiano tra di loro.
Me ne accorgo ora,
mentre accordo la chitarra del dialetto
che perde una corda al giorno.

Mentre rappezzo
la tela tarmata
che tesserono i nostri avi
con la lana di pecore siciliane.

E sono povero:
ho i danari
e non li posso spendere;
i gioielli
e non li posso regalare;
il canto
nella gabbia
con le ali tagliate

Un povero
che allatta dalle mammelle aride
della madre putativa,
che lo chiama figlio
per scherno.

Noialtri l’avevamo, la madre,
ce la rubarono;
aveva le mammelle a fontana di latte
e ci bevvero tutti,
ora ci sputano.

Ci restò la voce di lei,
la cadenza,
la nota bassa
del suono e del lamento:
queste non ce le possono rubare.

Non ce le possono rubare,
ma restiamo poveri
e orfani lo stesso.

 

 1970

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tysm literary review, Vol 4, No. 7– juin 2013

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