philosophy and social criticism

Un tranviere metafisico

«Nella mia poesia c’è una partecipazione alle cose nel senso che devo essere grato alle cose per avermi dato l’occasione di pensare a realtà meno superficiali». Parlava così Luciano Erba, poeta della “linea lombarda”, classe 1922, già professore di letteratura francese in Cattolica, scomparso nella notte tra martedì 2 e mercoledì 3 agosto del 2011. Ironica e raffinata, dal linguaggio sottile e allusivo, la poesia di Erba evocava il mondo e gli umori di una borghesia milanese progressivamente confinata ai margini dallo sviluppo industriale prima e dall’irrompere del consumismo poi. Gran traduttore di Verlaine, Cendrars e Ronsard, l’ultimo lavoro di Erba risale al 2006: Remi in barca (Mondadori).

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Esiste quella che chiamo una “superficialità profonda”, diversa dalla “profondità superficiale” di altri autori che mettono in questione realtà più importanti, i massimi sistemi, realtà che – non per insufficienza dell’autore, ma per insufficienza della parola, dei mezzi espressivi, per la stessa complessità delle cose chiamate in causa – galleggiano, non sono approfondite ma, tratte dal profondo, sono costrette a una vita di superficie. Io invece dal di sopra vorrei andare al di sotto: ecco perché vi è questa preminenza di realtà minimali che hanno una loro ragion d’essere, se non altro perché danno modo di passare a realtà più importanti. (da La biblioteca delle voci. Interviste a 25 poeti italiani, Joker, Genova 2005).

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Abitano mondi intermedi / spazi di fisica pura /le cose senza prestigio /gli oggetti senza design /la cravatta per il mio compleanno /le Trabant dei paesi dell’est. /Tèrbano, ma che vorrà dire? /Forse meglio di altri /esprimono una loro tensione /un’aura, si diceva una volta/verso quanto ci circonda. (Un cosmo qualunque, da L’ipotesi circense, Garzanti, Milano 1995).

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Si credeva a Milano che a vedere / per primo un uomo sulla soglia di casa / andando a messa il primo di gennaio / fosse segno di prospero futuro. // Erano figure nere di pastrani /incerte nella nebbia del mattino /sciarpe bianche, cappelli, flosci e duri / rintocchi di bastone, passi lontani. //Or dove siete, uomini augurali? /L’onda lunga del vostro presagio / si frange ancora alla riva degli anni? /Dentro una nebbia tra noi sempre più fitta / mi sembra talvolta intravedere /un volo di profetici mantelli. (Capodanno a Milano, da Il tranviere metafisico, Edizioni del Leone, Venezia 2006).

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ISSN:2037-0857