philosophy and social criticism

Ivan Goll, prima che il ghiaccio bruci

Amico e traduttore di Joyce, di cui curò l'edizione tedesca dell'Ulisse partecipando nel 1931, assieme a Beckett e Soupault, all'ormai storico esercizio collettivo di traduzione dell'Ana Livia Plurabelle, ribelle a ogni forma di psicologismo, nonché figura ponte fra Dadaismo e Nuova oggettività, Goll cercò in ogni modo di «rendere ridicola la nostra epoca»

di Marco Dotti

Una città malata, pallida, lunare, battuta dal vento e dalla peste, livida «di cemento e di glaciale follia». Una città con troppe strade a senso unico, senza «un cane che espatri» e un grido qualsiasi che rompa il tenore lugubre del suo «silenzio ermetico». Così appariva Berlino agli occhi di Ivan Goll, ebreo alsaziano da sempre in bilico fra due lingue e un numero indefinito di culture che nel 1929, all’età di trentotto anni, pubblicò uno dei suoi romanzi più caustici e visionari, Sodoma e Berlino, ambientandolo nel clima del «mercantilismo sfrenato» e della «grande inflazione» che avrebbero ben presto condotto la Germania sul ciglio di una nuova catastrofe.

Tra profeti di culti neopagani, economisti intenti a «capitalizzare ideali e estasi che scuotono anche il più umile cittadino», «imprenditori che costruivano nell’immaginario e politici che codificavano miracoli», la Berlino di Goll, vista con gli occhi del protagonista Odemar Muller, diventa il focolaio di una pestilenza tardomoderna, «l’eurococco».

Questa ossessione per la diffusione e il contagio di nuove, aberranti, idee economiche e sociali tornerà anche in un’altra opera in prosa di Goll, Lucifero invecchia, romanzo dell’ «apocalisse europea» vista ancora attraverso un inferno urbano e monetario («i nuovi apprendisti stregoni lavorano alla Zecca di Stato») in cui non sono ancora del tutto sopiti gli echi delle rivolte e delle troppe occasioni perse dal proletariato tedesco. Proprio per questo, si legge in Sodoma e Berlino, nelle notti di paura la città è scossa da una ricorrente ossessione: «il viso bianco di Rosa Luxemburg che fiorisce, tragica ninfea, nei ghiacci del Landwehrkanal». Ma è solo un’illusione notturna, un altro fantasma intrappolato in quella gabbia che ha nome “Europa”, anche se a volte sembra «che quel ghiaccio bruci».

Dal 1914 Goll, pacifista senza patria che amava definirsi «ebreo per destino, nato per caso in Francia, dichiarato tedesco da una carta bollata», si era trasferito in Svizzera e, in seguito alla frequentazione di Jouve, Arp e Romain Rolland, aveva ripreso a scrivere nella sua lingua materna, il francese. Solo alla fine della Prima guerra mondiale, però, si sarebbe trasferito fisicamente a Parigi, dove partecipò intensamente alla «vita cubista» del circolo di Apollinaire che, dopo i trascorsi espressionisti, forse più di ogni altra cosa lo avrebbe artisticamente segnato negli anni a venire.

Scritto in francese, Sodome et Berlin seguiva di due anni un altro romanzo, Le Microbe de l’or, e ne riprendeva in qualche modo tematica e intenti critici. Un filo di critica sociale molto raffinato e sottile, d’altronde, poteva essere rintracciato anche nel titolo dato a uno dei suoi pochi altri lavori tradotti in italiano, Il denaro, apparso in una serie minore della Sacse nel 1936.

Serviranno altri quaranta anni per arrivare, finalmente, alla traduzione di Sodoma e Berlino, apparso nella versione di Ettore Capriolo per le milanesi Edizioni de Il Formichiere, nel 1975. Ne serviranno molti meno, purtroppo, per rendere questo pamphlet in forma di romanzo uno dei tanti fuori catalogo di cui l’editoria italiana sembra non curarsi.

Figura atipica capace di attraversare ogni avanguardia, nel 1924 Goll diede alle stampe “Surréalisme”, una rivista che nel titolo e nelle ambizioni anticipava la nascita ufficiale del movimento di Breton. Ma più che al mondo del sogno e della scrittura automatica, quantomeno nella prosa e nella sua produzione drammatica Goll puntava a una resa caricaturale e parossistica della realtà, affondando «il bisturi fino all’osso» del linguaggio.

Amico e traduttore di Joyce, di cui curò l’edizione tedesca dell’Ulisse partecipando nel 1931, assieme a Beckett e Soupault, all’ormai storico esercizio collettivo di traduzione dell’Ana Livia Plurabelle, ribelle a ogni forma di psicologismo, nonché figura ponte fra Dadaismo e Nuova oggettività, Goll cercò in ogni modo di «rendere ridicola la nostra epoca» definendone il profilo attraverso una scrittura che, mirando più a un «soprasensibile comune» (una «realtà diversa, ma di tutti») che all’ambiguo territorio dell’assurdo, aveva come scopo primario e dichiarato la diserzione da ciò che non si risparmiava dal definire la «più grande aberrazione di ogni letteratura», il realismo.