$1.43bn
Christian Marazzi
A volte una sola cifra è in grado di riassumere in sé un insieme complesso di questioni economiche, politiche e sociali. È il caso del servizio sul debito americano, gli interessi che il governo statunitense paga ai detentori dei Buoni del Tesoro: $1.43 miliardi al giorno (sì, al giorno). Si noti che il servizio sul debito americano è 10 volte superiore a quello di ogni paese membro del G7 (con l’Italia lontana seconda). Alla fine del 2018, il totale dei pagamenti di interessi netti sul debito statunitense dovrebbe aggirarsi attorno ai $318 miliardi. Si tratta di una somma enorme ma che per il momento, a detta degli analisti, sembra gestibile. Il problema è che, se gli Stati Uniti continuano lungo questa traiettoria, entro il 2028 il costo del debito triplicherà.
È a partire dal 2008 che il debito americano sta crescendo ad una velocità decisamente superiore alla crescita del Pil, ma non c’è dubbio che gli sgravi fiscali di Donald Trump abbiano dato una bella accelerazione a questa tendenza all’aumento. Ai mercati finanziari non è dispiaciuto affatto il riequilibrio, benché parziale, dei rapporti di forza tra Repubblicani e Democratici. Con un Congresso in mano ai Democratici si spera di poter contenere l’aumento del debito quale conseguenza delle politiche decisamente procicliche di Trump. Ma non c’è da farsi troppe illusioni: forse i parlamentari democratici riusciranno a bloccare ulteriori sgravi fiscali, ma sarà molto difficile porre un freno ai programmi di investimenti pubblici infrastrutturali, specialmente in vista delle sempre più prossime elezioni presidenziali. Infatti, nessuno vuole assumersi la responsabilità di un rallentamento dell’economia, così vi sarà molto probabilmente un consenso bi-partisan attorno all’aumento delle spese per investimenti pubblici.
Il debito pubblico statunitense è destinato a crescere anche a causa dell’aumento dei tassi d’interesse voluti dalla Federal Reserve per rallentare la crescita dell’economia. A maggior ragione se, come previsto, la Banca centrale europea e le altre banche centrali si ritireranno dalle politiche di denaro facile che hanno contrassegnato gli ultimi anni di crisi. Con meno liquidità iniettata dalle banche centrali, sarà una bella gara ad accaparrarsi i dollari in circolazione per finanziare i rispettivi debiti pubblici. Con conseguenze del tutto prevedibili: a farne le spese sarà lo Stato sociale, quell’insieme di prestazioni sociali grazie alle quali lo Stato cerca di colmare le povertà generate dal libero mercato.
[cite]
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philosophy and social criticism
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