philosophy and social criticism

Afascismo militante: Berto e Delfini

Francesco Paolella

Alessandro Gnocchi, Giuseppe Berto – Antonio Delfini: scrittori controcorrente, Giubilei Regnani, Roma-Cesena 2017, 144 pagine, 15 euro

 

Questo è un libro dedicato a due moralisti, categoria ormai antiquata e persino incomprensibile nel contesto attuale: Antonio Delfini e Giuseppe Berto, due scrittori, due individualisti, due nemici dell’ideologia, conservatori e liberi. Hanno combattutto, ognuno a modo suo, le mitologie e le agiografie che hanno dominato e dominano la storia politica e culturale del nostro Paese, dall’epoca del regime fascista trionfante fino alla “rivoluzione” del ’68.

In particolare, sono interessanti le pagine dedicate a Berto, un intellettuale a lungo e tuttora marginalizzato appunto perché non ha voluto sottostare alle regole eterne dell’industria culturale e dei “salotti d’avorio” che, da sempre, decidono del destino intellettuali e artisti. Berto – di cui tutti ricordando soltanto Il male oscuro  –  non è stato soltanto uno scrittore “da psicoanalisi”, ma anche uno scrittore politico: ha infatti tenuto per molti anni, fra il 1962 e il 1971, una rubrica su “Il Resto del Carlino”. Come elzevirista, ha usato quello spazio per far emergere un punto di vista dissonante e inconciliabile rispetto a quello dominante: ecco pagine per demolire il “mito” della Resistenza e per sottolineare i limiti della Costituzione repubblicana; ecco, soprattutto, pagine per fare una critica della contestazione e del movimento studentesco: nei giovani “impegnati” in politica, Berto ha colto in sostanza l’affermazione di una ideologia pericolosa e, in ultima analisi, l’affermazione di un movimento molto simile, nei modi, al fascismo rivoluzionario.

«La credenza “che dal caos nascerà l’uomo nuovo, e si capisce migliore, e che perciò il compito primo dei nuovi rivoluzionari sia di provocare il caos ad ogni costo, sovvertendo, e subito dopo distruggendo, qualsivoglia istituzione al momento esista”. Motore della contestazione sono i giovani borghesi intellettuali, studenti dunque. Solo i leader sono davvero politicizzati, la massa è spinta dall’aggressività naturale verso i padri e da un intento forse inconsapevole, comunque apolitico: soddisfare la propria volontà di potenza» (pp. 51-52).

Il Sessantotto, movimento contrassegnato dalla nevrosi, avrebbe rappresentato dunque l’inizio di un periodo che avrebbe condotto a una deprimente degenerazione nelle vita civile e culturale italiana. Di chi la colpa? Non si salvava nessuno: la borghesia, il grande capitale, i partiti, i rivoluzionari, gli accademici, gli editori. Tutti avevano (e hanno ancora, del resto) in comune una terribile malattia cronica: la retorica. Berto, come giustamente nota l’autore Alessandro Gnocchi, è stato per certi versi un anticipatore del corsaro Pasolini, e specialmente nel prendere le distanze dall’antifascismo militante. Berto, che era stato, da giovane, vicino al fascismo (come quasi tutti quelli della sua generazione) si rifiutava di abbracciare l’antifascismo, riconoscendo la pericolosa continuità fra il regime di Mussolini e quello democratico. «E non ero antifascista per le stesse ragioni per le quali non ero fascista, perché psicologicamente sia il fascismo che l’antifascismo si basano sulla volontà di potenza, l’aggressività, la violenza, l’intolleranza» (p. 67). Nel 1971, Berto pubblicò un saggio, Modesta proposta per prevenire [una rivoluzione o un colpo di stato], in cui questo suo modo di vedere giunse a una vera e proposta “populista”: guerra alle tasse e alla partitocrazia, difesa dei beni comuni, democrazia diretta…

Alessandro Gnocchi ha trovato nel moralista Antonio Delfini, un riferimento centrale per questo Berto politico. Entrambi isolati, entrambi anticonformisti, entrambi ostili verso la “repubblica delle lettere”; ed entrambi fustigatori dei mille esempi di opportunismo e furberia che contraddistinguono la società italiana e specialmente il ceto intellettuale, da sempre spontaneamente organizzato in scuole e parrocchie, più o meno tutte rivoluzionarie.

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