Impurità
di Christian Marazzi
“In economia, la maggioranza ha sempre torto”. A scriverlo è stato John Kenneth Galbraith, un brillante economista statunitense, autore di importanti studi sul capitalismo americano (American Capitalism, 1952) e sulla tendenza al gigantismo disfunzionale delle corporations multinazionali (The New Industrial State, 1967).
Alla attualità del suo pensiero, pochi giorni fa Rana Foroohar ha dedicato un articolo sul Financial Times (“Old economists can teach us new tricks”, 3 giugno 2019) che merita di essere ripreso. Il nucleo centrale del pensiero di Galbraith è che i mercati privati, diversamente da quanto insegnato nelle facoltà di economia e professato dalla maggioranza dei politici, non sanno allocare in modo efficiente le risorse. Pertanto, l’intervento pubblico è necessario, specie laddove, come nella sanità, nelle infrastrutture, nel settore scolastico, nell’ambiente, nelle disuguaglianze sociali, il settore privato non interviene per mancanza di incentivi finanziari.
All’idea, sempre della maggioranza, che “privato è bene, pubblico è male”, Galbraith fece osservare che l’inefficienza organizzativa delle grandi imprese, al pari se non più dell’apparato pubblico, ha effetti negativi sull’innovazione e sullo zelo imprenditoriale. È il caso di dire che in economia è meglio scoprire vecchie verità che inventare nuove stupidaggini. In un mondo, quello attuale, in cui anche un minimo aumento dei tassi di interesse fa precipitare l’economia globale, in cui il taglio delle tasse viene utilizzato non per fare investimenti, ma per speculare sui mercati finanziari col riacquisto delle azioni per arricchire gli azionisti e i manager (azioni, peraltro, già gonfiate dai bassi tassi di interesse e dall’indebitamento), in un mondo in cui la creazione di nuovi posti di lavoro è sinonimo di crescenti disuguaglianze e non di aumento della domanda effettiva, in cui coloro che criticano lo Stato per le sue “lungaggini burocratiche” sono i primi ad arruolare schiere di contabili strapagati per non versare un centesimo all’ente pubblico, in un mondo del genere il minimo, ma proprio il minimo, che si possa auspicare è un rafforzamento del ruolo del pubblico nella regolazione dell’economia.
Questo, si badi, non è socialismo, è solo miglior capitalismo. È, come avrebbe detto Galbraith, pragmatismo, quell’atteggiamento disincantato che è per il mercato quando questo dimostra di funzionare, ma è anche per il governo quando esso è necessario per contrastare le esternalità sociali negative generate dall’economia privata. Che fra il privato e il pubblico ci sia contraddizione è un fatto, ma se non si passa da qui si genera solo ingiustizia e infelicità.
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