Perché gli scrittori di sinistra diventano di destra?
Lu Xun
Secondo me, oggi gli scrittori «di sinistra» si trasformano molto facilmente in scrittori «di destra». Perché? Primo, se non si è in contatto con la lotta sociale reale, e ci si chiude dietro la finestra a scrivere e a studiare i problemi, per quanto si sia estremisti, «a sinistra», non si incontrano difficoltà; ma al primo urto con la realtà si sarà subito spezzati. Chiusi nella propria stanza, è facilissimo trattare ad alto livello di teorie estremiste, eppure è facilissimo «inclinare a destra». A questo si riferiscono gli occidentali quando dicono «socialisti da salotto». Il «salotto» è la sala di ricevimento: conversare del socialismo seduti in salotto è molto fine, è molto elegante, pur senza nessuna intenzione di metterlo in atto. Su socialisti di questo genere non c’è da fare affidamento. Inoltre oggi, scrittori o artisti che non abbiano un generico pensiero socialista, che cioè affermino che le masse operaie e contadine devono essere tenuto schiave, devono essere crudelmente uccise e sfruttate, quasi non ce n’è, se si eccettua Mussolini.
In secondo luogo, è facile diventare «di destra» se non si comprende che cos’è di fatto la rivoluzione. La rivoluzione è dolorosa, vi si mescolano di necessità sporcizia e sangue, non è affatto così interessante e così bella come immaginano i poeti; la rivoluzione è una cosa molto concreta, richiede ogni sorta di lavori umili e noiosi, non è così romantica come immaginano i poeti; la rivoluzione è distruzione, ma ancor più necessaria è la costruzione: distruggere è piacevole, ma costruire è noioso. Perciò per quanti nutrono fantasie romantiche sulla rivoluzione, una volta che questa si avvicini, si attui, è facile perdere la speranza. Ho sentito che il poeta russo Esenin da principio accolse con entusiasmo la rivoluzione d’ottobre: «Evviva, rivoluzione in cielo e in terra!» gridò, e: «Io sono un bolscevico». Eppure dopo la rivoluzione le condizioni reali furono del tutto differenti da ciò che egli aveva sognato, e finì disperato e decadente. Esenin in seguito si suicidò, e ho sentito che questa disperazione è stata fra le cause del suo suicidio. Anche al tempo della nostra rivoluzione del 1911 vi furono esempi simili: parecchi letterati, per esempio quelli della Nan she da principio erano piuttosto rivoluzionari, ma coltivavano un sogno, credevano che bastasse cacciare i manchu per restaurare « ‘autorità dei funzionari Han», perché gli uomini indossassero vestiti con larghe maniche, alti berretti e larghe cinture, e camminassero a gran passi per la strada. Ma cacciato l’imperatore Ch’ing manchu e fondata la repubblica, la situazione invece fu in tutto diversa, perciò essi persero la speranza, e alcuni arrivarono in seguito a opporsi ai nuovi movimenti. Ma se non comprendiamo che cos’è di fatto la rivoluzione, è facile che ci accada come a loro. Un’altra concezione scorretta è credere che i poeti o i letterati siano più in alto di tutti gli uomini, che il loro lavoro sia più nobile di tutti i lavori. Heine, per esempio, crede che i poeti siano i più nobili e Dio il più giusto, che i poeti morti siedano intorno a Dio e questi offra loro dei dolci.
Ora, che Dio offra dolci naturalmente nessuno lo crede; ma è ugualmente sbagliato credere che se i poeti o i letterati ora fanno la rivoluzione per le masse lavoratrici, dopo il successo della rivoluzione le classi lavoratrici li compenseranno riccamente, riserveranno loro un trattamento speciale, li faranno andare su speciali vetture e mangiare cibi speciali, o che i lavoratori offriranno loro pane e burro, dicendo: « Poeti nostri, prego servitevi! » Infatti nella realtà una cosa simile è impossibile. Probabilmente ci saranno ancora 1 più difficoltà di ora, non solo non ci sarà pane e burro, ma non è certo neppure che vi sia pane nero; ne è un esempio la Russia un anno o due dopo la rivoluzione. Se non si capisce questo, è facile diventare «di destra».