L’ala sinistra di Mircea Cărtărescu
Marco Dotti
Mircea Cărtărescu, Abbacinante. L’ala sinistra, a cura e traduzione di Bruno Mazzoni, Voland, Roma 2007.
Mentre vede sorgere davanti alla propria casa le fondamenta di un nuovo palazzo che, una volta portato a termine, sarà destinato a precludergli ogni sguardo sul panorama di Bucarest, l’anonimo narratore-protagonista di Abbacinante. L’ala sinistra, ultimo lavoro in ordine di traduzione del romeno Mircea Cărtărescu (libro curato con grande perizia da Bruno Mazzoni), si accorge che qualcosa di più intimo e profondo si sta staccando definitivamente da lui. Per quindici anni, notte dopo notte il suo sguardo si era lasciato travolgere dall’incalzare della «sequenza realtà-sogno-allucinazione» che, calato il buio, squarciava lo «spazio giallo» della sua stanza in via Ştefan cel Mare, lasciandolo in balia di una Bucarest fantastica, capace di infinite e violente rifrazioni, come nei vetri di un caleidoscopio infranto. Luci gialle, verdi, bianche e nere, bagliori e intermittenze di neon improbabili: non mancano, in tutta la prima parte del libro, continui riferimenti a quei molteplici «bagliori nell’oscurità» che dalla città, transitando per la finestra della sua stanza, passano oltre gli occhi semichiusi e abbacinati del protagonista, aprendosi varchi in quella che egli stesso chiama la «zona vietata», posta forse a cavallo fra i due emisferi, del suo cervello, provocandogli quelle improvvise e brusche congestioni che sono alla base dei suoi continui salti di livello fra digressioni sull’origine e il destino della specie umana, ricordi d’infanzia, deliri religiosi e clamori urbani. «Mi sentivo me stesso soltanto a luce spenta», dichiarava avvertendo al tempo stesso che la città – nervosa, mobile, incostante – non si lasciava soltanto osservare, ma «si riversava nella mia stanza, mi spiava, mi sognava» e, infine, come un gigantesco organismo scaturito dall’«impasto di carne, pietra, di acciai speciali e orina» e dotato di una propria «carnalità spettrale», lo compenetrava «profondamente nel corpo e nel cervello». Ora quel mondo non solo sognato e non solo immaginato, ma continuamente dischiuso in un margine di indecisione tra realtà e irrealtà, si apprestava a infrangersi contro il muro del palazzo di fronte, travolgendo il protagonista – in cui non è difficile scorgere l’alter ego dello scrittore – in una allucinata e «trascinante cavalcata da Bildungsroman di fine regime» che lo condurrà a quella vera e propria metamorfosi cui allude anche il sottotitolo del romanzo, L’ala sinistra. Dai grandi canali di scavo che ricordavano «solchi tracciati dalla peste», agli innocui fili elettrici abbandonati dagli stessi operai che li hanno srotolati da enormi bobine di legno, dalle impalcature di ferro, fino allo scheletro di cemento che a poco a poco cresceva minaccioso, tutto sembrava parte di un’immensa cospirazione pronta a cancellare «una fetta di Bucarest dopo l’altra», tagliando in due la vita del protagonista, separandolo da tutti gli anni passati a giocare con la memoria e «col fuoco» e da quel corpo dentro il corpo corrispondente alla città, con le sue strade, i suoi tram e una mappa sempre più simile a una cartografia mentale. Forse, si chiede l’inquietante figura cui Cărtărescu dà voce, oltre la superficie di quella Bucarest «fantastica e notturna», segnata da distese di pali elettrici simili a croci, dalle torri di vetro della Cassa di Risparmio e dai campanili dell’Arcidiocesi metropolitana «che parevano di mercurio», si stende un’altra città impastata di sogno, più simile a un sotterraneo o a una ferita attraverso la quale il protagonista insegue la parte in ombra del proprio sé e la sua ambigua e intricata rêverie. Ossessionato dalla «parte sinistra» del proprio volto fortemente asimmetrico, dalle letture notturne che gli procurano movimenti irregolari delle palpebre e dalle poesie che legge e scrive e infine considera «macchine per produrre illuminazione», il protagonista di Abbacinante soffre di un eccesso di visioni che non esita a riversare in un libro, a suo dire, «davvero illeggibile». «Sono tre mesi che scrivo su questo quaderno con la copertina marrone» – confessa – e «in tutto questo tempo non ho quasi mai messo piede fuori dalla mia mansarda. Quando sono uscito per le mie passeggiate notturne sono sempre tornato con l’impressione che stava succedendo chissà cosa. Nemmeno il mondo è più sano di mente». È come, prosegue, se quel quaderno fosse «un pezzo di matita copiativa in un bicchier d’acqua: poco a poco se ne staccano veli d’irrealtà, color malva o indaco, che il vento fresco dì questo pallido aprile disperde come fumo di sigaretta». Romanzo di inconsueta potenza visionaria, condotto su continui e complessi giochi intertestuali splendidamente resi dalla traduzione di Bruno Mazzoni, Abbacinante. L’ala sinistra è senz’altro il lavoro di maggior ambizione di Mircea Cărtărescu. Primo episodio di una trilogia ancora non ultimata, apparso originariamente nel 1996, in Romania (dove nel 2002 è uscita la seconda parte, titolata Il corpo ed è attesa la terza, L’ala destra) L’ala sinistra ha avuto ottimi riscontri di critica e di pubblico, inducendo un editore come Surkhamp ad opzionarne i diritti, segno di una rinnovata attenzione per la letteratura dell’ “altra Europa”. In Italia, oltre che per un libro di poesie Quando hai bisogno d’amore (Pagine, 2003), Cărtărescu è noto già da alcuni anni, soprattutto per i romanzi Travesti e Nostagia, editi tra il 2000 e il 2003 da Voland. Proprio alla poetica dell’ultimo episodio di Nostalgia, significativamente titolato REM, si ricollegano le vicende narrate in Abbacinante. L’ala sinistra. Scrittore e poeta fra i più rappresentativi della cosiddetta “generazione 80”, Cărtărescu è anche autore di saggi critici di notevole livello, alcuni dei quali esplicitamente dedicati a tematiche contigue a quelle della sua produzione narrativa. Una consapevolezza teorica, quella di Cărtărescu, che non pesa affatto sul romanzo dove la complessità del suo intreccio, la «simultaneità» dei fatti narrati, dei libri citati, il sovrapporsi continuo di eventi quotidiani e di articolate riflessioni di taglio antropologico e scientifico hanno la forza e la consapevolezza di un dialogo ininterrotto con l’eco che arriva dall’«altra parte di sé». Eco a cui la scrittura di Mircea Cărtărescu, felicemente, risponde.
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