Rebecca West. Ritratto della fine di un’epoca
Giulia Zoppi
Rebecca West, Proprio stanotte, a cura di Francesca Frigerio, Mattioli 1885, Milano 2009.
Pubblicata postuma e incompleta nel 1984, la seconda parte della trilogia dedicata alla famiglia Aubrey, This Real Night, è la realistica quanto rocambolesca autobiografia della scrittrice inglese (di padre irlandese e madre scozzese) Rebecca West, nome d’arte di Cicily Isabel Farfield. Il libro appare ora anche in Italia per Mattioli 1885, nella traduzione e per la cura di Francesca Frigerio, con un titolo leggermente variato rispetto all’originale: Proprio stanotte.
Dopo il drammatico abbandono di Piers Aubrey – padre delle gemelle musiciste Rose e Mary, della bella Cordelia e del geniale Richard Quin – scappato nottetempo per debiti di gioco, la vita della famiglia riprende a fatica tra le ambizioni artistiche delle due musiciste e croniche ristrettezze economiche. Avviata sulla strada della musica, senza peraltro possedere il talento straordinario della madre Claire e nemmeno la freschezza interpretativa della gemella Mary, Rose è ancora una volta la voce narrante della storia, prima testimone di un mondo che, per quanto minacciato da vicende pubbliche e private non sempre di facile soluzione, resta in piedi grazie all’unione familiare e alla straordinaria apertura alle novità che contraddistinguono il vivace interno femminile descritto dalla West. Messo da parte il tono incantato della fanciullezza con il quale la West aveva esordito nella prima parte (La famiglia Aubrey edito sempre da Mattioli 1885), finita la stagione dell’ingenuità, Proprio stanotte non tradisce i caratteri dei suoi protagonisti, i cui vezzi restano gli stessi dei precedenti capitoli della saga, come le antipatie, ma ha il pregio di mostrarceli tutti e armoniosamente, insieme alla maturità dei personaggi che stanno entrando, non senza incertezze, nell’età adulta.
Nella prima parte del romanzo ancora si respira un’aria scanzonata soprattutto quando la West tratteggia i primi approcci nel mondo della musica professionistica delle gemelle, l’abbandono definitivo alla musica della primogenita Cordelia, rassegnatasi ad accettare la mancanza di ogni talento (cui fa da cornice comunque un’avvenenza che le procurerà un bel marito sufficientemente ricco) l’avvio alla carriera universitaria di Richard, nonché il coronamento dei sogni della cugina Rosamund, perfetta infermiera. Nella seconda parte, invece, l’equilibrio si spezza per dare forma a un epilogo che si annuncia fosco, drammatico e per la prima volta, senza vie di scampo.
Il declino di un’epoca, con l’annuncio dello scoppio della prima guerra mondiale, passa attraverso casa Aubrey. Per una significativa coincidenza, le mura della casa iniziano a sgretolarsi proprio il giorno della partenza di Richard Quin per il fronte, e contemporaneamente l’arrivo di una vecchiaia precoce per mamma Claire, il matrimonio di Cordelia, la notizia della morte del padre fuggitivo ma ancora rimpianto e idealizzato.
Nulla sembra però ancora preludere al peggio, fino alla notizia improvvisa della morte di Richard caduto in guerra, la cui partenza era stata salutata da un vago sapore di requiem, come se la famiglia allargata delle Aubrey, in assenza di quella esile e delicata presenza maschile, presagisse il disastro.Puntuale, nella notte, la malattia di Claire, caduta precipitosamente in uno stato delirante per la morte del figlio a cui, «miracolosamente» dopo gli anni di silenzio e di decorosa condotta, si aggiunge il ricordo angosciante e terribile di un marito, Piers, scomparso nel nulla e mai più ritornato.La scrittura si contrae nelle pieghe del lutto: con la fine di Claire, letteralmente accartocciatasi nel proprio lamento e sulla scia della morte di Richard e del padre lontano, per Rose e le altre arriva il momento della consapevolezza del vivere, ma anche del morire. Proprio stanotte.
[da il manifesto, 3 luglio 2009]
tysm, n. 1, dicembre 2010
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