Il corpo incerto
Francisco Ortega
Rimodellato, rifatto, scomposto e ricomposto, tatuato o ornato di piercing, ma soprattutto “scrutrato”: il corpo, oggi più che mai, è il luogo di un ambiguo ma «forte investimento simbolico», al limite dell’ossessione collettiva. Nel suo Il corpo incerto (a cura e traduzione di Gabriella Erba, Antigone edizioni, Torino 2009) Francisco Ortega, storico e filosofo brasiliano dell’Istituto di Medicina sociale dell’Università di Rio de Janeiro, ripercorre le tappe che hanno reso il nostro corpo… trasparente. L’esigenza di vedere che cosa vi sia all’interno della sua struttura, secondo una linea che risale alle prime esperienze di dissezione anatomica, grazie alle innovazioni tecnologiche è diventa sempre più invasiva, con pratiche di analisi che hanno reso il corpo stesso come qualcosa di disincarnato e impersonale: un ammasso di fibbre, un fascio di nervi, un connubio di codici genetici da decriptare. Il corpo è diventato in questo modo virtualizzato e asettico. Contro questa trasparenza del corpo, in forme talvolta discutibili ma pur sempre indicative, l’arte tenta nuove vie di accesso alla carne…
Assistiamo oggi a una molteplicità di tentativi di mutare il corpo, di personalizzarlo, dal culturismo alla chirurgia plastica, dalla body art sino alle forme più radicali di modificazione corporea che comportano amputazioni volontarie. Il corpo si è trasformato in uno spazio di creazione e di utopia, un continente di vertigine da conquistare. Poche persone sono realmente soddisfatte del proprio corpo e d’altronde, se possiamo migliorarlo e disponiamo delle tecnologie e delle risorse sufficienti, perché non farlo? La sopravvalutazione e l’enorme investimento simbolico che gravano sul corpo lo hanno reso oggetto di diffidenza, timore, angoscia, insicurezza, malessere. Facciamo fatica ad accettare un corpo in trasformazione, in costante mutamento. La diffidenza verso il corpo diventa “paura della carne”, sospetto verso la materialità corporea e desiderio di superarla. (…) Il corpo diventa un corpo da “vedere”. La vista è il meno corporeo dei sensi. Nonostante il paradigma visivo dominante e le tecniche di visualizzazione trattino le immagini come oggetti, le facciano passare per cose, dotandole di una materialità che non posseggono, esse non hanno realtà, non possono essere toccate né esperite. In questo panorama, le modificazioni corporee rappresentano una forma di rifiuto del dominio della visione, una rivendicazione a non essere trattati come immagine, recuperando a tal fine esperienze tattili e sensoriali, modi di toccare la carne, nuove vie di accesso al corpo vissuto.
This opera by t ysm is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 3.0 Unported License. Based on a work at www.tysm.org.