philosophy and social criticism

Alla ricerca della sala e del cinema

Giulia Zoppi

Emilia DesantisNicola Curtoni,  Alla ricerca della sala. Il giro (d’Italia) dei cinema Edizioni del Mosaico, 2018, 109 pagine, 9,90 euro

“Il Giro Dei Cinema”, ovvero il viaggio che Nicola Curtoni ed Emilia Desantis hanno realizzato in 45 giorni intorno intorno a 48 sale, tra le più interessanti o particolari del panorama italiano, da nord a sud, è terminato da un po’ ma non finisce di stupire e affascinare i cinephilés, ignari da tanta varietà e altrettante novità che stanno muovendosi nel nostro territorio.

Chi si immagina che le attività legate alla programmazione di sala siano una routine consolidata, con questo agile libello si imbatterà in uno scenario che, al contrario, mostra una situazione imprevedibile ed inaspettata, in cui piccole sale di paese o di grandi città, offrono la possibilità di godere tanto del cinema, quanto di altre attività collaterali di tipo culturale se non ludico.

Nicola, nel vostro bel libro Alla ricerca della sala raccontate che dal 15 settembre al 30 ottobre del 2017 siete partiti per un viaggio che dalle Alpi alla Sicilia vi ha portato a conoscere un ampio numero di gestori di sale cinematografiche. So che ad ispirarvi è stata una ragazza francese AgnèsSalson che, insieme a Mikael Arnal, ha realizzato il tour d’Europa dei cinema.Come hai coinvolto Emilia e quale era il vostro scopo principale?
Emilia l’ho conosciuta nella sua università. Stavo presentando il mio progetto e alla fine ho chiesto: “Chi vuol venire con me per un mese e mezzo a zonzo per l’Italia?”. Nessun temerario sul momento ma dopo un paio di giorni ricevetti una sua email… Lo scopo era avere uno spaccato di come si gestisce una sala indipendente oggi in Italia. Non censire le migliori e neanche fare una mappatura, ma semplicemente capire come si fa questo lavoro. Non esistevano testi (oggi il nostro è l’unico in Italia!) e quindi l’unica alternativa era andare ad incontrare di persona gli esercenti e visitare i loro “bébé”: alcuni hanno un legame molto intimo con la sala.

PER LE STORIE DELLE SALE VEDI IL LINK: GIRODEICINEMA

Sei rientrato in Italia dopo un’esperienza triennale in Francia dove sei stato responsabile della programmazione e dell’animazione di una multisala indipendente francese. Da questa avventura è nato un blog uncinemainfrancia.com. Puoi evidenziare le differenze che hai trovato oltralpe rispetto alla gestione e alla programmazione italiana?
Quante ore hai a disposizione?? Basta sfogliare il mio vecchio sito internet per capire delle differenze enormi che ci sono: programmazione, logistica, pubblico, ruolo sociale di una sala cinematografica.

Sulla programmazione in Francia puoi fare una multiprogrammazione: cioè il distributore impone per una “copia film” (eh, sì, non ci sono più le pellicole ma si parla sempre di copie!) un determinato numero di spettacoli. Per esempio 12 spettacoli in una settimana, che si possono dividere su tre o più cinema cinema. Ogni cinema farà 4 proiezioni del film in uscita e poi ha la libertà di fare quello che vuole nel resto della programmazione! Questo lavoro di intermediario è fatto dai programmatori locali, che in Italia sono sostituiti dalle agenzie, senza avere però questa flessibilità. Tutto questo porta ad una grande incertezza. I piccoli cinema raramente sanno quello che faranno la settimana dopo. Mi capita nel cinema dove lavoro di non poter rispondere agli spettatori, e questo va a vantaggio dei multiplex dove il film esce subito.

Il vostro viaggio dimostra e mostra una vasta popolazione di utenti e un gruppo di gestori armati di entusiasmo, buona volontà e passione. Siete stati incoraggiati dalla FICE e MEDIA SALLES vi ha dato una mano per orientarvi verso le realtà più interessanti. Che idea vi siete fatti della situazione attuale? A quanto ne so, solo Torino ha resistito alla sistematica chiusura delle sale da cinema (in favore dei multiplex periferici)…
Probabilmente Torino vince la Palma d’oro per i cinema in centro città, grazie anche a delle leggi comunali che le hanno tutelate. Inoltre queste sale si sono alleate tra loro, proponendo degli abbonamenti validi in 7 cinema del centro, con un grande successo di pubblico e contrastando la programmazione ampia dei multiplex.

Se parliamo dell’Italia la situazione è molto varia. A livello nazionale il numero delle monosale è aumentato fortemente negli ultimi tre anni. Non possiamo essere disfattisti perché i biglietti venduti in Italia sono stabili da 25 anni (dati SIAE). In più la grande maggioranza parte delle sale da noi visitate erano in crescita o in pareggio rispetto all’anno precedente. Per questo ci piaceva condividere una 60ina di idee nell’ultimo capitolo del nostro libro, per condividere nuove idee.

Il festival di Cannes ha bandito i film prodotti da Netflix e da Amazon, ovvero distributori cinematografici via internet, all’interno della kermesse. Venezia invece ha fatto la scelta opposta e già fioccano dubbi e polemiche sull’andamento dei film proiettati al festival perché probabilmente, non saranno mai distribuiti al cinema. Le tue statistiche però, se non ho capito male, affermano che i biglietti venduti non hanno subìto grossi cali. Come te lo spieghi e qual è la tua opinione in merito?
I biglietti totali non sono in calo come dicevamo. Bisognerebbe vedere la percentuale dei film d’essai. In Italia, rispetto alla Francia, un distributore d’Essai ha dei costi in più (es. il doppiaggio) e non ha il sostegno nazionale alla circolazione delle copie (chiamato ADRC,oltralpe).
Al di là dei discorsi economici penso che dobbiamo chiederci una cosa: che mondo vorremmo tra 10-15 anni? Delle città dove si esce nelle strade per andare in sala oppure dove non ci si alza più dal divano? Venezia sostiene questo seconda visione che è veramente triste e preoccupante per me.       

Una delle parti più affascinanti del vostro libro è dedicato alle “buone pratiche” ovvero a quegli esercenti coraggiosi (seguiti dal “loro” pubblico di affezionati) che stanno inventandosi un nuovo modo di fruire il cinema. Tu quale tra gli esempi che avete illustrato, pensi sia il più efficace per mantenere vivo l’interesse verso il cinema di sala? Ci puoi parlare nel dettaglio delle realtà più interessanti e riuscite, tra quelle che hai visionato?
Non esiste una ricetta unica! Ognuno deve trovare la propria strada e, anche noi, nei cinema dove lavoriamo a volte facciamo fatica. Penso che però ci siano degli approcci più vincenti di altri. Per esempio l’umiltà e l’apertura ai vari pubblici (si pensi al grande successo dei documentari sull’arte o dell’Opera al Cinema negli ultimi anni). Essere in ascolto dei propri spettatori e coinvolgerli nelle proprie scelte è importante.
Prima di creare un cinema bisogna creare una comunità di spettatori, che abbia interesse a frequentare e sostenere (come i pilastri che sostengono una casa) la sala. In questo ambito un esempio forte è il Postmodernissimo (Perugia) che ha riaperto recentemente in una zona dove la “visione tradizionale” (vedere gli spettatori solo come clienti) avrebbe probabilmente perso. Dopo quattro anni, questa cooperativa dove i soci sono anche gli spettatori, partita tramite un crowdfunding, ha pagato tutti i mutui e gli stipendi.

Se dovessi fare un bilancio della realtà italiana, cosa diresti? Pensi che ci sia ancora molto da fare? Pensi che sia opportuno incentivare una politica di sostegno economico statale per mantenere le sale d’essai e non destinarle alla chiusura?
Certo che c’è molto da fare. Basterebbe copiare la Francia perché la strada oltralpe per i cinema indipendente è praticamente in discesa oggigiorno (i biglietti venduti continuano ad aumentare dal 1990, portandoli sopra i livelli degli anni ’60). Quando vado ai convegni nazionali sento però poca umiltà o peggio ancora ipocrisia, nei tavoli istituzionali.

Le sale prendono già molti soldi in Italia; i contributi d’Essai sono paragonabili a quelli francesi. Sì, abbiamo bisogno che si sostengano le sale d’essai ma con meccanismi più efficienti. Anche lì basterebbe copiare oltralpe…

 Se fossi un esercente come ti comporteresti? Avresti il coraggio di uscire dalle programmazioni standard (non rischiose) per imbarcarti in pratiche più coraggiose, come alcuni impavidi esercenti stanno cominciando a fare?
Il primo obiettivo di un sano esercente è quello di pagarsi lo stipendio. Nel mio piccolo curo la programmazione e le animazioni di una monosala di provincia; paradossalmente a volte trovo un maggior riscontro di pubblico su una programmazione “fuori dagli schemi” che sui blockbuster!

Coraggiosi sì, ma con un occhio ai risultati!

 

 

 

 

 

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