philosophy and social criticism

Budgetismo

di Christian Marazzi

Dove prendere i soldi per ridurre i disavanzi accumulati dalle grandi assicurazioni sociali, come ad esempio l’AI? Lo scrittore e attore comico Ettore Petrolini avrebbe risposto: bisogna prenderli presso i poveri che, certo, singolarmente hanno poco, ma sono in tanti. Sembra questa la tendenza in atto in Svizzera da qualche anno a questa parte, se solo si pensa alle diverse revisioni della Legge contro la disoccupazione e a quelle, appunto, dell’AI, revisioni che hanno quale obiettivo quello di ridurre le prestazioni sociali per ridurre i debiti accumulati nel corso degli anni, soprattutto degli anni Novanta, che videro la Svizzera confrontata per la prima volta con una disoccupazione di massa, alla quale si cercò di rispondere ricorrendo spesso e volentieri all’Assicurazione invalidità, quasi che chi veniva licenziato a seguito delle ristrutturazioni aziendali andasse considerato portatore di handicap.

Allora si trattò di una vera e propria medicalizzazione di un problema economico e sociale sorto dall’incapacità dello Stato sociale di far fronte a problemi generati dalle trasformazioni economiche, non certo dall’aumento improvviso del numero di handicappati. Così, oggi, per ristabilire l’equilibrio finanziario si giustificano i tagli alle prestazioni sociali, come le rendite AI, nel nome di una astratta “etica del lavoro”, del dovere cioè di reinserirsi nel mercato del lavoro a qualunque costo, pur di alleggerire i disavanzi finanziari. Se poi il mercato del lavoro non crea un numero sufficiente di posti di lavoro, o se offre salari da fame, vabbé, l’importante è “darsi una mossa”, no? Non c’è dubbio, è questo lo spirito del tempo che pervade, a tutti livelli, dai debiti sovrani ai debiti sociali, il modo di ragionare dei politici che ci governano. Qualcuno ha coniato l’espressione “budgetismo”, ossia l’ossessione di riportare qualsiasi problema alla sua dimensione contabile, tecnico-aritmetica, di breve termine, senza più alcuna considerazione per i rischi a medio-lungo termine impliciti in questa filosofia tecnocratica.

Bene quindi hanno fatto le associazioni e le istituzioni sociali che si occupano delle persone con handicap (INSOS) a prendere posizione contro l’ultima delle misure restrittive prese dall’AI (circolare AI Nr. 299, maggio 2011) che penalizza fortemente i giovani con handicap alle prese con la formazione professionale. Questa misura, se da una parte non pone ostacoli all’accesso e al finanziamento del primo anno di formazione, dall’altra sospende il finanziamento ai giovani con handicap se entro la fine del primo anno di formazione professionale l’integrazione nel mercato del lavoro non è prevedibile e assicurata.

Roba da non crederci! Proprio coloro che hanno più bisogno di tempo per integrarsi in un mercato del lavoro sempre più difficile e esigente, si vedono privati di un aiuto sociale nella fase più difficile, quella della transizione dalla formazione all’integrazione professionale. Gli effetti di questa misura lungimirante non si sono fatti aspettare: rispetto al 2011 si contano oggi 190 contratti d’apprendistato in meno. E come faranno questi giovani? Si faranno aiutare dalla famiglia, quel provvidenziale ammortizzatore sociale che sta prendendo il posto dello Stato sociale. 

Nel nome del padre e della madre, e così sia.

 

[Ascolta l’audio dell’intervento di Christina Marazzi → QUI]

tysm literary review, Vol 2, No. 4 – april 2013

 

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