philosophy and social criticism

Debito senza colpa

di Christian Marazzi

Spesso, negli anni della crisi iniziata nel 2008, il filosofo Friedrich Nietzsche è stato citato per render conto delle politiche di austerità perseguite dalla troika, il terzetto composto dalla BCE, dalla Commissione europea e dal Fmi. Politiche, quelle della troika, molto severe volte a costringere i paesi indebitati, come la Grecia, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e, non da ultimo, l’Italia, a ridurre o a contenere il debito pubblico con pesanti tagli alla spesa pubblica, in particolare a quella sociale. In alcuni casi, e si pensi alla Grecia, le politiche austeritarie hanno avuto effetti umanamente devastanti. In altri, si pensi all’Italia, hanno bloccato la crescita.

Nella Genealogia della morale, laddove Nietzsche spiega l’origine della colpa, utilizza la parola tedesca schuld per dimostrare il nesso molto stretto tra colpa e debito, un rapporto così intimo da autorizzare i forti, cioè i creditori, a infliggere le peggiori pene ai deboli, ossia i debitori. Il riferimento a Nietzsche, bisogna riconoscerlo, è stato pertinente.

In questi anni di stagnazione (secolare), causata ovunque dalla compressione della domanda interna, ossia dalla riduzione dei salari e dalla precarizzazione del lavoro, si è fatto un uso spregiudicato di politiche monetarie espansive per promuovere la crescita economica. I risultati, sia in termini economici che sociali, per non parlare di quelli politici, sono stati però talmente deludenti da rilegittimare le politiche di spesa pubblica, le politiche di investimenti infrastrutturali e redistributive tanto denigrate in questi anni nel nome dell’austerità e della disciplina finanziaria. Sembra che negli Stati Uniti, ma anche in Europa o in Giappone, le politiche monetarie a tassi prossimi allo zero, l’assenza di pressione inflazionistica malgrado l’iniezione di grandi quantità di liquidità, una crescita lenta non inclusiva e politiche di allentamento quantitativo (quantitative easing) che hanno favorito essenzialmente i più ricchi, autorizzino i politici a non più temere politiche pubbliche deficitarie. In un epoca di bassa inflazione e, quindi, di bassi tassi di interesse, i deficit e i debiti pubblici non fanno più paura. E questo, si badi, lo si incomincia a credere sia a sinistra che a destra. Certo, come sempre a destra si tagliano di preferenza le tasse ai super-ricchi, mentre a sinistra si mira a redistribuire o ad investire in opere infrastrutturali, ma il punto è che in entrambi i casi il timore di un aumento del debito pubblico sembra destinato a scomparire.

Si è sempre detto che indebitarsi oggi è un torto fatto ai nostri nipoti. Se questa fase di bassa inflazione e bassi tassi d’interesse è, come sembra, di natura strutturale, allora lo Stato può indebitarsi senza in seguito aumentare le tasse o tagliare la spesa pubblica. Certo, dovrebbe indebitarsi per una giusta causa, cioè investire e perseguire politiche redistributive che davvero contribuiscano a promuovere una crescita socialmente equilibrata e sostenibile per l’ambiente. In questo caso, allora, il debito che lasceremo alle generazioni future sarà senza colpa.

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TYSM REVIEW
PHILOSOPHY AND SOCIAL CRITICISM
ISSN: 2037-0857
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