Grottesco
Aldo Braibanti
Il diavolo zoppicando fra i tirasegni-sciacalli guardava il circo gigante
Accampato sul lido deserto là in mezzo alle vecchie baracche di legno
– Verso l’alto stringeva una lunga e stretta balaustra di ferro
E non poteva salire. Stridevano quattro cartelli di giallo e di verde vestiti.
Numero uno. Comincia l’azione. Camminare piano. Il diavolo
[ zoppicando
Lancia nell’acqua un pesce morto dai grandi occhi stupiti.
Il suo cervello si perde in un furioso cozzare di numeri l’uno contro
[ l’altro
– Il suo cuore maledetto si appresta a sedare gli urli della carne non sua. Avanza un solo passante e volta la testa. Affretta il passo. Non ode
[ nessuno
Quel sanguinante grido che in canto si distende ai limiti del mare.
Numero due. È un primo piano. Al travaglio dei colori diffusi offre il
[ silenzio.
Affonda nella sabbia l’affanno di una brama. La sera è di velluto. La notte è un vaporoso indizio di vigilie. Come fredda e ambigua
La stele nella nicchia illude di carezze il monaco fanciullo
E il pazzo si prepara all’infernale prodigio di un’aurora di zolfo.
(L’avevano legato perché andava sempre in riva al mare
E guidava la bianca spuma con l’ampio gesto di un maestro d’orchestra
– E ora sta sempre seduto povero povero uomo senza rancore
E balbetta col labbro cascante: il mare lasciatemi il mare a voi non costa
[ nulla.)
Numero tre. Quando dice: io credo nella vita. E ancora: ho cominciato
[ nell’infanzia
Un balletto del diavolo dove un’ombra di ferro e di carne fugge la
[ placida riva
Fugge verso le vette di neve – verso il vicino confine dei cieli
– Dove la stagione è solo una corsa dentro l’avaro scrigno di un treno
E dai vuoti occhi di legno ti appare la squallida luna: smeraldi accende
[ nei prati.
La luna d’argento dice: danzate danzate poveri solitari senza sorriso
E tu non sai se danzare danzare o cogliere dal treno in fuga il mobile
[ invito della neve lontana.)
Numero quattro. Quando volta le spalle alla morte. La corsa di nuovo
[ rasenta il mare. E un incantesimo amaro.
Lo scaltro orecchiante si tende nel nulla. Il suo destino è scritto
[ nell’ultima foglia ingiallita.
Tesse foglie ingiallite una vespa di nervose insistenze
Sul tendone del circo: già scoppia nell’infinito lo stridulo acuto della
[ fanfara
E il diavolo zoppicando – è più triste e solo che ingrato e cattivo.
Fiorenzuola, 1953
[Da Aldo Braibanti, Frammento frammenti: 1941-2003, Roma, Empiria, 2003].