philosophy and social criticism

Il popolo in massa

di Francesco Paolella

Eric Weil, Masse e individui storici [1957], a cura di Livio Sichirollo, Feltrinelli, Milano, 1980

Nell’ubriacatura attuale di popolo – per la quale il popolo (come il cliente) ha sempre ragione o, al contrario, il popolo non dovrebbe neanche votare – può essere utile tornare a libri che ragionano con più criterio di che peso possano avere le masse nella vita politica delle società moderne. È appunto il caso di un piccolo volume del filosofo Eric Weil – Masse e individui storici – uscito nel 1957, cioè nel cuore del Novecento totalitario, e che Feltrinelli ha poi tradotto nel 1980.

Il discorso di Weil riprende alcuni temi classici della sociologia, quale la massificazione intesa come conseguenza diretta della modernità (industrializzazione e urbanizzazione) o l’idea che la società moderna possa reggersi soltanto continuando a investire nella “crescita”, nel proprio progresso economico e sociale. Le masse moderne tendono a comprendere tutti gli individui, non ponendo limiti che escludano alcun strato sociale inferiore, ma soltanto cercando di individuare dei “nemici” verso l’esterno e, soprattutto, verso l’alto (come le classi dirigenti attualmente al potere). La massa vive nell’uniformità e richiede che una parte importante della vita personale (i “valori”, le credenze tradizionali ecc.) si riducano sempre più a un fatto privato. Ciò che conta è il progresso, inteso essenzialmente come aumento del benessere materiale (allungamento della vita media, aumento del reddito disponibile e dei consumi, miglioramento delle condizioni di vita) e, di conseguenza, è la calcolabilità il criterio fondamentale da seguire per riconoscerlo. Tutto ciò comporta un perdita secca in tutto ciò che concerne la “sicurezza morale” degli uomini: nessun valore, nessun potere sono più “naturali”; i legami gerarchici e di solidarietà si spezzano.

Weil si è dedicato a una disamina puntale dei diversi tipi di massa, presenti nelle società avanzate o in quelle emergenti. Ciò che conta sono, ovviamente, soprattutto i momenti di crisi (economica e sociale in primo luogo). Allora rabbia e frustrazione, assieme a un nocivo senso di esclusione, possono “riattivare” masse prima dormienti, diffondendo rapidamente crisi morali e il conseguente bisogno di una nuova guida, che si mostri più forte e più giusta. Insomma, incertezza e disorientamento sono sempre in agguato, anche in società ricche e (relativamente) sicure come la nostra. Il bisogno di un leader che sappia difendere i delusi da un sistema corrotto e iniquo, è l’esito inevitabile di queste crisi morali. Ciò espone la vita politica ai rischi ben noti, affidando il potere a capi che sanno offrire rimedi sicuritari a folle disorientate – e sono rimedi che possono essere di segno molto diverso, tanto in senso conservatore quanto in senso rivoluzionario. Il popolo si identifica a un proprio “portavoce”, la cui prima missione è quella di risolvere un conflitto non più tollerabile fra massa e Stato.

Weil ci vuole insomma ricordare che, finché tutto va bene (la ricchezza è diffusa e disponibile, il welfare tende a includere ecc.), è più difficile che emergano crisi morali potenzialmente pericolose. Per il filosofo francese la soluzione, in sostanza, è affidarsi alla crescita, spingere perché essa, non rallentando, sappia tenere assieme i bisogni e gli interessi dei più, evitando un senso diffuso di disadattamento e di frustrazione.

Non c’è niente di peggio che sentirsi privati della possibilità di ottenere ciò che ci era stato in qualche modo promesso: se è vero che, oggi più che mai, solo il successo conta (con le sue ricadute consumabili e da ostentare), è anche vero che solo la diffusione di una certa quota di successo fra il maggior numero di individui sa preservare la pace sociale. Solo transitoriamente o solo per pochi la soluzione sarà quella di rifugiarsi nel bel tempo andato, nella nostalgia dei vecchi valori (la sobrietà della vita contadina, la povertà intrisa di dignità e spiritualità…).

Viceversa, «una nuova sicurezza (morale) nascerà soltanto là dove l’aumento della ricchezza di quella particolare società (produzione globale e produttività per individuo) permette di offrire a ciascun individuo la sicurezza materiale e valori alla sua portata e nello stesso tempo per lui desiderabili (comodità, istruzione, partecipazione ai beni della civiltà cittadina)» (pagina 68).

[cite]

TYSM REVIEW
PHILOSOPHY AND SOCIAL CRITICISM
ISSN: 2037-0857
CREATIVE COMMONS LICENSE THIS OPERA BY T YSM IS LICENSED UNDER A CREATIVE COMMONS ATTRIBUZIONE-NON OPERE DERIVATE 3.0