Michel Serres: «Crisi significa: guarire o perire»
di Marco Dotti
Riproponiamo un’intervista con Michel Serres, il filosofo ed epistemologo scomparso sabato 1 giugno 2019. L’intervista venne pubblicata nel 2011 sul mensile Communitas, in uno speciale dedicato alla crisi del 2008-2009.
Per colpire l’attenzione della gente, diceva Aristotele, sono due e solo due la passioni da agitare: la pietà e il terrore. Forse per questo giornali, radio, televisioni e tutto ciò che costituisce il “cirque politico-médiatique” si sono trasformati, sul palcoscenico globalizzato della crisi, in “manipolatori di passioni” e venditori all’ingrosso di angoscia, pietà e terrore. Incapaci come sono di cogliere quello scarto che, nell’attuale tempo di crisi, separa la miseria di uno spettacolo mediatico-politico da un nuova condizione umana, i media di fatto coprono quella che, a detta di Michel Serres, è la vera crisi: a fronte dei radicali stravolgimenti avvenuti negli ultimi decenni, le istituzioni globali non sono cambiate.
Crisi, decisione… Che senso dare, oggi, a questi termini?
La parola crisi deriva dal greco krino, che significa “giudicare”. Un termine che lascia intuire la sua origine giuridica che lo imparenta all’ambito della decisione, come ci ricorda un altro ter- mine, il latino de-caedere. Parlando in termini medici, si ha crisi quando un organismo arrivato al limite è costretto a passare a un nuovo stato, a decidere se cambiare o perire. Da questa necessità critica egli ne uscirà diventando necessariamente altro. Non si torna mai indietro, non si ripristina mai la condizione precedente.
Guarigione è un passaggio, verso un nuovo stato…
Per questo non può esserci alcuna “riforma” nella crisi, ma solo uscita. Questo il senso generale di una crisi. Se vogliamo però attenerci alla crisi finanziaria in corso, dobbiamo dire che è solo uno dei tanti segnali di una crisi più generale. Non il solo. La scuola è in crisi, non solo la finanza. L’intero pianeta è nel corso di una profonda crisi ecologica. La salute, l’assistenza pubblica, il concetto di comunità, la politica. Sono solo alcuni ambiti in cui la crisi si dispiega. E da qualsiasi parte la si osservi, la comunità umana è sottoposta a una crisi senza precedenti. Una crisi da cui non si potrà uscire solo a colpi di etica e di morale, perché l’avidità degli speculatori è come un pozzo senza fondo. Serve un cambiamento di pensiero, un cambiamento profondo.
Crisi, decisione… Che senso dare, oggi, a questi termini?
La parola crisi deriva dal greco krino, che significa “giudicare”. Un termine che lascia intuire la sua origine giuridica che lo imparenta all’ambito della decisione, come ci ricorda un altro ter- mine, il latino de-caedere. Parlando in termini medici, si ha crisi quando un organismo arrivato al limite è costretto a passare a un nuovo stato, a decidere se cambiare o perire. Da questa necessità critica egli ne uscirà diventando necessariamente altro. Non si torna mai indietro, non si ripristina mai la condizione precedente.
Guarigione è un passaggio, verso un nuovo stato…
Per questo non può esserci alcuna “riforma” nella crisi, ma solo uscita. Questo il senso generale di una crisi. Se vogliamo però attenerci alla crisi finanziaria in corso, dobbiamo dire che è solo uno dei tanti segnali di una crisi più generale. Non il solo. La scuola è in crisi, non solo la finanza. L’intero pianeta è nel corso di una profonda crisi ecologica. La salute, l’assistenza pubblica, il concetto di comunità, la politica. Sono solo alcuni ambiti in cui la crisi si dispiega. E da qualsiasi parte la si osservi, la comunità umana è sottoposta a una crisi senza precedenti. Una crisi da cui non si potrà uscire solo a colpi di etica e di morale, perché l’avidità degli speculatori è come un pozzo senza fondo. Serve un cambiamento di pensiero, un cambiamento profondo.
Una decrescita?
Anche lei segue questa strada?
A questa domanda risponderei richiamando la scomparsa dei dinosauri, che solitamente suscita curiosità a tutti i livelli. Sa perché si sono estinti i dinosauri? Perché sono cresciuti troppo. La vita non può eccedere una certa dimensione. La vita non supera una certa dimensione.
Too big to fail non è però la retorica di questa crisi?
Si muore di crescita. Montesquieu si chiedeva quali fossero le cause della decadenza dei Romani. Semplice: furono le vittime della loro grandezza. La grandezza dell’Impero Romano fu tale che non poteva non crollare. Non so se nell’ambito dell’economia sia la stessa cosa, ma nella vita non si può crescere senza fine. È la legge della vita.
Forse la finanza si è sottratta definitivamente alla legge della vita e segue altre leggi…
Forse. Ma a quel punto dovremmo capire quali.
Lei ricorre all’immagine della faglia. Una faglia gigante a livello degli strati bassi, nascosta e al contempo rivelata da segni e cedimenti. È in certi abissi tettonici che «giace la causa profonda»?
Un terremoto è una lesione di superficiale del suolo. Ma per spiegare e capire un terremoto, bisogna scendere in profondità di molti chilometri, sondando la causa. Allo stesso modo, quando i mezzi di comunicazione ci parlano di crisi economica, finanziaria o politica dovremmo tentare di scendere in profondità, per capire se ci sono cause decisive che scuotono la superficie delle cose. La crisi finanziaria che ci preoccupa e ci tocca in superficie nasconde e rivela quindi rotture profonde, nel tempo, nella storia, nello spazio. La crisi ha provocato uno spaventoso cortocircuito tra il denaro e la realtà materiale, tra la finanza e l’economia in senso stretto. È un’ideologia di fondo che regge il nostro sguardo e impedisce di cogliere al fondo la crisi. Al fondo di questa crisi c’è un profondo mutamento, avvenuto in pochi decenni, del nostro habitat, della mobilità umana, dei commerci, della speranza di vita, del legame, del sapere… Crisi dell’agricoltura, del nostro rapporto con la Terra… Il XX secolo è un chiusura d’epoca: è la fine del Neolitico.
Non siamo ancora giunti alla fine del mondo, però…
Ma siamo giunti alla fine di un’era. È un lungo periodo che va a chiudersi. L’umanità deve fare i conti con questo. Guarire, lo ripeto, significa scegliere, decidere. Siamo giunti a un punto oltre il quale o si muore o si guarisce. La questione è dunque capire che cosa significhi “guarire”. Guarire, come abbiamo detto, significa oltrepassare, andare oltre, superare, inventarsi una nuova condizione, un nuovo stato. La crisi è un’occasione, in fondo. Un’occasione per reinventarsi una forma di vita. O abbandonarla per sempre.
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