philosophy and social criticism

Io, un altro di Imre Kertész

Imre Kertész Io, un altro, a cura di Giorgio Pressburger, Bompiani, Milano 2012.

Dell’autore ungherese, vincitore nel 2002 del Premio Nobel della letteratura, Bompiani pubblica quasi in contemporanea due libri. Si tratta della ristampa del volume di saggi Il secolo infelice (pp. 243, euro 11) e della meditazione autobiografica Io, un altro, incentrata sui cambiamenti intervenuti dopo il crollo del Muro di Berlino nel mondo oramai ex-comunista e nel nostro che, modellato su una logica antagonista, in assenza di nemici certi non è tuttora capace di nominarsi. Ma senza nominare le cose, si chiede Kertész, è davvero possibile comprenderle? Perché accumulare rovine su rovine? Perché abbattere tutte le nostre certezze? «Non si può vivere la libertà nello stesso posto in cui abbiamo vissuto la nostra carcerazione. Bisognerebbe andare lontan da qualche parte, molto lontano da qui». Ma Imre Kertész rinuncia ad andaresene. Dove, poi? Nelle sfumature meno scontate di questa domanda sta tutto il senso del sottotitolo del libro: «cronaca di una metamorfosi». Solo dopo aver compreso a fondo la domanda, rinunciando al vuoto potere della logica, si troverà forse una risposta capace di riempirla di senso e ci si ritroverà cambiati, come nei versi di Arthur Rimbaud che danno il titolo al libro. L’io è sempre altrove, perché «io è un altro».