La moneta vivente
M. D.
Pierre Klossowski, La moneta vivente, a cura di Aldo Marroni, Mimesis, Milano 2008.
Fra tutti gli scritti di Pierre Klossowski, La moneta vivente è forse quello più enigmatico e inquietante. Difficile, infatti, coglierne senso pieno e dettagli senza addentrarsi nelle dinamiche perverse di un pensiero che, già negli anni Trenta, appariva segnato da un continuo, tormentato e per certi versi estenuante doppio confronto. Se da un lato, infatti, Klossowski conduceva un aspro corpo a corpo con l’idea di Sade di una società atea e clandestina volta alla sovversione dell’ordinamento statale «dall’interno», dall’altro non gli era estranea quella problematica teologica che, da assiduo frequentatore di concetti e circonvoluzioni della patristica, non esitava a definire «economia della salvezza». Pubblicato nel 1970, nel periodo in cui maturava la sua decisione di rinunciare definitivamente alla scrittura in favore del disegno, il volume apparve per le edizioni di Eric Losfeld, in una plaquette senza numerazione di pagine accompagnata da sessantacinque fotografie di Pierre Zucca. Un libro segreto, imprevisto, attraverso il quale Pierre Klossowski regolava vecchie questioni, partendo da alcuni di quei presupposti che nel 1933, sulle pagine della “Critique sociale” diretta da Boris Souvarine, avevano ispirato a Georges Bataille le riflessioni sulla Notion de dépense. Per Bataille infatti, già nel ’33, si trattava di operare in seno e attraverso la sfera economica un «rovesciamento copernicano del pensiero e della morale», passando da una «economia ristretta» a una generale capace di inscrivere entro i propri confini anche quella «parte maledetta» composta da impulsi ed emozioni a cui da sempre il «principio classico di utilità» negava diritto di cittadinanza.
Sulla scoperta di quel’ «atto economico anomalo» che è il dispendio (inteso come perdita portata all’eccesso nel gioco, nello sperpero, nelle guerre, nelle arti e nel lusso), Georges Bataille impronterà tutto il proprio percorso di ricerca verso una dimensione interiore dell’esperienza. Inverso anche se affine il cammino che, come ricorda Aldo Marroni nella premessa alla sua nuova traduzione della Moneta vivente, conduce Pierre Klossowski dalla «esperienza interiore» religiosa alla scoperta delle leggi e degli impulsi che presiedono alla dimensione materiale dell’esistenza. Già a partire dalla fine degli anni Sessanta, con la pubblicazione della ricerca sulle Origini culturali e mitiche di un certo comportamento delle dame romane e, soprattutto, con Sade e Fourier, temi e problemi di ordine economico avevano attratto Klossowski diventando oggetti espliciti della sua indagine sul sistema della perversione e dello scambio.
Il fascino oscuro esercitato da quei temi e da quei problemi, però, aveva radici lontane. Risalgono infatti al periodo più tormentato nella vita dell’artista franco-polacco, quando si ritirò dal mondo per prepararsi al noviziato dominicano, le sue prime incursioni nel campo di quella che Marroni definisce come una vera e propria «œconomia sexualis» o «trans-economia». Come Bataille, Michel Leiris e Roger Caillois, nella Parigi degli anni Trenta Klossowski aveva contribuito al rilancio dell’interesse per l’opera di Nietzsche e Sade, partecipando assieme ai membri del Collège de sociologie a dispute sul sacro, l’erotismo, la comunità. Il punto di svolta, nella vita e nel lavoro di Klossowski, sembra rappresentato dal suo incontro proprio a ridosso di quegli anni con l’opera di un altro «marginale», l’oscuro Johann Georg Hamann, il «mago del nord» che, critico nei confronti di Kant e Herder, in pieno Illuminismo aveva lanciato la sua sfida a ogni concezione razionalistica del mondo.
Il lavoro sull’opera di Hamann, segnata da duri e profondi tormenti teologici, si farà per Klossowski sempre più serrato, tra studio e traduzioni, improntando gran parte delle sue future riflessioni sui temi del linguaggio, sulle «leggi dell’ospitalità», sul rapporto tra sfera umana e divina dell’economia e, soprattutto, sulla possibile comunicazione tra queste due sfere. Al momento della pubblicazione della Moneta vivente, l’autore aveva comunque maturato il proposito di abbandonare la parola scritta, per dedicarsi alla pratica del disegno. Prima, però, certi conti dovevano essere chiusi e alcune questioni illusoriamente regolate andavano riaperte, prima fra tutte quelle sull’origine e i principi del comportamento economico e sulla loro possibile trasgressione. Per farlo, Klossowski ricorre anche nella Moneta vivente alla lettura incrociata di Sade e Fourier, valendosi delle riflessioni di Freud sull’economia pulsionale (in particolare lo studio del ’24 sul Problema economico del masochismo) e, soprattutto, dell’analisi sviluppata da Raymond Aron sul carattere “comunque” economico dei bisogni inessenziali alla sopravvivenza dell’uomo nella società industriale. Attraverso la sua rilettura dell’utopia sociale di Fourier e dell’antiutopia racchiusa negli statuti della «Société des amis du crime» dell’Histoire de Juliette di Sade, Klossowski cerca di comprendere quali siano i rapporti concreti, ma non ascrivibili alla sola sfera della materialità, che corrono tra società industriale e vita affettiva, tra collettività e individualità.
Per quanto drammatico o paradossale possa apparire, le leggi di mercato – si chiede Klossowski – sono forse uno strumento di liberazione degli stati emozionali? L’economia è un avversario da contrastare tout court o l’alleato inconsapevole da pervertire astutamente, in base un progetto di sovversione clandestina delle sue istituzioni? Che cosa succede quando un segno perde ogni sua referenza al reale, semplicemente perché – commentava Jean Baudrillard nello Scambio impossibile (Asterios, 2000), chiosando La moneta vivente – «non c’è più il reale di cui sia segno»? Il denaro, in queste condizioni, funziona come un «segno disincarnato», come un oggetto-feticcio, diversamentente – concludeva Baudrillard – dalla moneta vivente che è «il segno puro, il segno trasfigurato dello scambio impossibile». È appunto per dare fondo a queste ricerche che Klossowski si rivolge a un concetto a un tempo ambiguo ed estremo come quello di «moneta vivente», attribuendole una sorta di anima impulsionale, legata quindi alla dimensione erotica dell’esistenza. Una dimensione dove nulla, ma proprio nulla, appare però gratuito. Rifiutare questa logica, negando la natura di “bisogno” a certi impulsi o semplicemente opponendo la gratuità di altri impulsi (primo fra tutti quello riproduttivo), può indurre a pagare un prezzo più alto e condurre a un vero e proprio collasso. Un collasso prodotto dall’«ipertrofia» dei “buoni” bisogni generati artificiosamente dalla società industriale che, in un modo o nell’altro, presenta sempre il proprio conto.
[da il manifesto, 13 novembre 2008]
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