Kaspar Hauser. È la ragione che genera mostri
DI ALFONSO M. DI NOLA
Il giurista tedesco Anselm von Feuerbach, celebre, fra l’altro, per avere affrontato una sua decisa battaglia contro la tortura, padre del filosofo Ludwig, ricostruisce nel suo Kaspar Hauser (traduzione di Rossana Sarchielli, Rosella Carpinella Guarneri, Adelphi, Milano 1996) la strana storia di un giovane tedesco, Kaspar Hauser appunto, il quale, con la sua apparente anormalità, irrompe nella vita di Norimberga nel 1828 fino alla morte per assassinio nel 1833.
Si tratta di un personaggio misterioso – a cui Werner Herzog ha dedicato il suo film più bello – che viene trovato alle porte della città in piena adolescenza.
Il “ragazzo selvaggio” porta addosso tutti i segni traumatici di un forte isolamento e di abbandono, non parla, limitandosi a pronunziare poche parole dalle quali sembra trapelare una distante familiarità con il polacco e l’ungherese, ha gli occhi completamente disabituati alla luce solare che gli procura dolore, ha una complessione non forte e, soprattutto, si muove e cammina con piedi che dimostrano essere stato costretto seduto a terra in uno spazio breve, non conosce altro cibo se non il pane e l’acqua, e soprattutto è attraversato da una profonda paura nei riguardi di un mondo che gli è estraneo e che ogni volta costituisce un trauma per la sua conoscenza.
È opera complessa e delicata che viene compiuta con estrema attenzione, tentando di volta in volta di superare le difficoltà di una situazione profondamente oscura, nella quale è vano ogni tentativo di individuare gli avvenimenti di origine che hanno portato a Norimberga il ragazzo; e soprattutto resta sostanzialmente ignota la storia che è alle spalle di lui. Medici, insegnanti e psicologi non possono non tenere presente il discorso di Rousseau, ma i loro sforzi li vedono smentiti.
Eppure in una situazione di questo genere, apparentemente ineluttabile e tragica, chi in vario modo cura il ragazzo, nonostante tutto, riesce lentamente a portarlo alla lettura, al complesso rapporto con gli altri e alla possibilità di civile convivenza.
Siamo nell’epoca in cui operano ancora tendenze vivacemente illuministiche e perciò dai metodi educativi sono escluse tutte le motivazioni di carattere religioso e il trasferimento dei gravi problemi in una logica del soprannaturale.
Questa vita così profondamente triste, e pure incantata da fenomeni naturali come il cielo stellato, una vera e propria sconvolgente scoperta per il giovane, si riduce in effetti a episodi minuti che l’autore narra attentamente e che ricostruiscono lentamente lo spazio vuoto fra lui e il mondo.
Quando, al termine delle varie osservazioni mediche, linguistiche e pedagogiche, il lettore, coinvolto negli avvenimenti registrati, si chiederà infine chi è stato storicamente Kaspar Hauser, vi sovviene un chiaro e finale intervento di Walter Benjamin, il quale testimonia uno degli ultimi episodi della spietatezza delle casate illustri e potenti. In effetti sembrerebbe, da indizi storici sufficientemente fondati, che gli avvenimenti narrati sono un tragico episodio della lotta degli inglesi contro gli ultimi Napoleoni di destinati ad essere completamente cancellati dal consorzio delle nazioni europee.
Infatti secondo un’informazione che fu ampiamente divulgata dalla stampa dell’epoca sembrerebbe che il Lord inglese Stanhope, fingendo di assumerlo sotto la sua tutela, riuscì ad attrarlo nella sua orbita e a fare sopprimere il futuro erede del Granducato del Baden, la cui madre era una nipote di Napoleone.
La biografia tracciata da Feuerbach interessa principalmente per le varie notazioni che registrano l’apparente storia di incivilimento dell’uomo.
La figura che si estranea o che viene estraniata diviene disturbante e problematica, abbassata come è a una presunta condizione ferina o anche sollevata, in alcuni casi, al limite del potere soprannaturale o occulto, secondo le forme di una santità che manca agli altri.
ÈSe si trascorre rapidamente la storia della vita religiosa, ci si imbatte in molteplici personaggi che, come Kaspar Hauser, si distaccano nettamente dalla vita comune, in una situazione che può avere contrastanti caratteri.
Da un lato sembra trovarsi in presenza di una forma di follia e di rifiuto di rapporto con il reale, da un altro lato si ha l’impressione che a base del comportamento anomalo vi sia una scelta di carattere volontario e che il disturbato sia adagiato e soddisfatto in essa.
Nel caso specifico opera alle spalle dell’infelice l’esercizio segreto e violento del potere, in un’epoca in cui non raramente la vita politica riusciva a trovare le sue soluzione in operazioni nascoste la cui memoria è largamente presente in tutti i diari delle antiche corti.
L’inchiesta, pur essendo condotta sui ritmi di una pura informazione scientifica o esteriore, o proprio per questo, prende vivacemente il lettore, il quale si avverte partecipe della dura sorte toccata al ragazzo, e vede nei suoi occhi un desiderio di conoscenza e convivenza che purtroppo la durezza dei fatti a monte dell’avvenimento e gli interessi esorbitanti nascosti nella loro origine non consentono, aprendo la via a un destino atroce di assassinio e morte.
[da il manifesto, 19 dicembre 1996]
[cite]
tysm review
vol. 22, issue no. 22
april 2015
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