L’orologio della storia
Dario Borso
Chi era Adami? Perugino del 1921, a quindici anni cerca invano di partire volontario per la guerra di Spagna. Scartata nel 1939 come volontario per un difetto alla vista, finalmente viene chiamato alle armi nel settembre 1940: allievo ufficiale a Bassano e poi subito in Croazia, a stanare partigiani. Il 9 settembre 1943 si arruola in divisione corazzata tedesca attiva in Campania, mesi dopo è allo stato maggiore dell’esercito repubblichino; ma impaziente di agire, nel giugno 1944 raggiunge la div. Monterosa in Germania. In autunno è aggregato al btg. Vestone, e una volta che questo diserta, passa al Bassano.
Dopo la fucilazione di Adami e dei suoi, in una Saluzzo straripante di prigionieri repubblichini giungono più comunicati contraddittori: uno del comando 11° div. Garibaldi, intima di bloccare entro le h. 24 del 2 maggio stesso processi ed esecuzioni; un altro del comando unificato fissa alle h. 0 del 4 maggio il passaggio dei poteri ai civili. In realtà si va avanti nel caos, e l’ultima esecuzione avvenne il 5 maggio, dopo una raccolta di testimonianze tra la popolazione. Comandato dallo stesso partigiano Remo del 2 maggio il plotone d’esecuzione; presenti due preti a confessare i morituri; stretta di mano fra partigiani e repubblichini, prima della raffica il tenente Momo dichiara: “Noi sognavamo l’Italia grande, adesso vediamo cosa sarete capaci di fare voi”, mentre altri intonano la preghiera del legionario (“Oh Signore! Fa della tua Croce l’insegna che precede il labaro della mia legione. E salva l’Italia, del Duce, nel Duce sempre e nell’ora di nostra bella morte. Così sia”). Dei dodici fucilati nove erano del Bassano., e quattro della compagnia di Momo (oltre lui, due sottotenenti e un sergente).
I primi alleati arrivano quattro giorni dopo (il tenente Capece, unico italiano a sapere l’inglese, fa da interprete tra americani e partigiani); il 10 maggio sostituiscono i partigiani nella custodia dei prigionieri; il 12 c’è la consegna delle armi partigiane; il 13 gli ufficiali repubblichini vennero portati al campo di concentramento di Coltano.
Il diario di guerra del Bassano, stilato dal maggiore Molinari, s’era chiuso così: “Ravvedersi tutti bisogna! Pensare solo alla nostra Italia e non alle nostre beghe ed interessi personali. Lasciamo da parte ogni idea di partito. Sentiamoci Italiani e soltanto Italiani, solo quando avremo raggiunto questo accordo potremo riprendere la via della rinascita”.
Verrà accolto il testimone da Buscaroli e Cacciari? Di strada invero ne ha fatta più il secondo del primo, ma sono così tanti i punti che li accomunano, a partire da quell’aria eternavanguardista di famiglia, fatta d’arroganza e altera convinzione d’esser più, che non stupirei a vederli conciliati, magari in tv e senza più orologio del contendere.
(fine?)
La ricostruzione è stata condotta sul solo studio di Bertolotti, reticente almeno riguardo alle torture (di cui si hanno testimonianze certe: “pugno di ferro”, oltraggio su donne, sevizie su padri di presunti partigiani…). Su Momo da vedere il diario del parroco di Sampeyre (parzialmente sfruttato in L. Peirano, Il male assoluto, Mondovì, Ed. Ra.Ra., 2006) e documenti presso la famiglia.
Leggi le prime due parti:
L’orologio di Cacciari, qui
L’orologio di Momo, qui
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ISSN:2037-0857